LA REGOLA DEI GIOCHI @NEST: spunti di riflessione che non si possono lasciar cadere.

Nella tournée di marzo 2023 due dei cinque spettacoli che compongono LA REGOLA DEI GIOCHI prodotto da Il Gruppo della Creta sono stati anche al NEST: “UCRONIA, o va tutto bene” e “Soldato”. Si tratta di spettacoli che lanciano molti spunti di riflessione che devi cogliere per forza, o ti colpiranno in piena faccia dolorosamente.

LA REGOLA DEI GIOCHI

LA REGOLA DEI GIOCHI in tournèe al NEST.

Il Gruppo della Creta dal 2015 realizza spettacoli teatrali e progetti culturali collaborando con artisti emergenti dotati di linguaggi scenici innovativi, e dal 2019 si è assunto la coraggiosa responsabilità di riqualificare il Teatro Basilica di Roma. Decisamente non si può dire che sprechi la fiducia che gli viene attribuita, dal momento che produce spettacoli di indubbia originalità e sforzo sulla scena contemporanea, tra i quali si inserisce quello che abbiamo visto al NEST.

Si tratta in realtà di due dei cinque atti unici, scritti da Anton Giulio Calenda, che compongono il progetto completo originale, e che vanno in scena con la regia di Alessandro di Murro.

Le due storie non sono collegate, e non hanno una collocazione temporale precisa. Diciamo che avvengono in un futuro non troppo remoto, immaginario ma non poi così impossibile, e ci sono spesso degli inquietanti riferimenti a un “passato” che ha le preoccupanti caratteristiche del nostro presente e che ci fa sentire chiamati in causa e inevitabilmente coinvolti negli avvenimenti.

LA REGOLA DEI GIOCHI: Ucronia. O va tutto bene.

Andando per ordine, il primo dei due spettacoli dura circa quaranta minuti e si chiama “Ucronia. O va tutto bene”, titolo che mette i brividi solo a pronunciarlo. La scenografia è interessante già a luci spente: c’è questa strana figura geometrica in mezzo al palco, una sorta di ottaedro costruito con lampade e catene, che cattura l’attenzione del pubblico sicuramente già mentre cerca il proprio posto.

Ucronia: citazione di Gaultier nei costumi.

LA REGOLA DEI GIOCHI - citazione
Milla Jovovich interpreta Leeloo in The Fifth Element nel 1997, vestita di garze, in un costume ideato da Jean Paul Gaultier.

Quando le luci si accendono però al centro della figura compare una ragazza, una donna (Laura Pannia), con una caratteristica capigliatura bionda e vestita in modo particolare, diciamo in una sorta di intimo che però non può non apparirci come una gustosa e molto evocativa citazione di Gaultier e della sua Leeloo (The Fifth Element, 1997). Le lampade vengono accese da un altro personaggio, vestito in una sorta di tuta da lavoro, che le gira intorno in pattini. Parlano e lui le porge abiti, è una sorta di assistente, e lei è come una bambola, o forse è solo imbambolata.

LA REGOLA DEI GIOCHI: qual è la persona in scena?

La prima impressione che si ha è che quella nella figura sia un robot che interagisce con qualcuno all’esterno (complice anche l’effetto dato alla sua voce), poi si passa invece ad una seconda impressione, ovvero che lei sia una persona – non più molto umana in effetti – in una specie di gabbia, che interagisce con qualcosa al suo esterno.

Dalla conversazione comprendiamo il contesto: c’è stata una guerra delle multinazionali (Google, Siemens, Amazon, Apple) contro il comunismo (Cina, Pakistan, India, Cuba, Venezuela, Russia) che è stata persa dai secondi, ma i vincitori avevano ragione (i vincitori alla fine hanno sempre ragione) e ora i vinti sono stati convinti di avere ricevuto da loro la libertà. L’Europa, è diventata una colonia Apple. L’Italia è nel Google Sangiaccato. Google e Siemens si sono divisi Roma.

LA REGOLA DEI GIOCHI, Ucronia: si sta veramente bene.

LA REGOLA DEI GIOCHI

Quella specie di gabbia si chiama Google-nido e dentro c’è tutto ciò di cui un essere umano ha bisogno, per cui non ha necessità né di uscire né di pensare, lì dentro “il mondo è suo”, basta chiedere al Google-amico. Il sole è stato sostituito da una Google-lampadina, i poveri sono chiusi nelle fabbriche esclusi dalla vista e quindi tutto va bene. Va tutto bene. Va tutto bene. Lei lo ripete ossessivamente.

Ora esiste solo la Santa Cattolica Unione degli Stati Americani del Mondo Intero, il cui Presidente ha potere temporale e spirituale, in cui si vive assistiti da un Google-amico. I deserti non ci sono più, è bastato sciogliere i ghiacciai e sostituire le foreste con polmoni artificiali. Niente più instabilità dei prezzi “quindi” niente più instabilità psicologica. Si sta bene, si sta veramente bene.

Inquietante e paradossale immedesimazione.

Un pezzo molto inquietante in cui paradossalmente ci si immedesima in modo crescente a mano a mano che le cose raccontate diventano più assurde, con un finale particolarmente duro, che lancia moltissimi spunti di riflessione e non fa sconti.

Tanto per cominciare, quanto possono costare tutti i vantaggi del progresso? E soprattutto quanto dovrebbero costare? La domanda da un milione di dollari, o quantomeno da un milione di risposte.

Intermezzo con De Ruvo.

Nel passaggio di scenografia si approfitta per inserire il video di un interessante intervento del giovane filosofo Giuseppe De Ruvo, che, ancora lividi degli schiaffi presi poco fa, approfitta per trovarci scoperti e infilare un bel gancio. Secondo lui quanto visto fino ad ora non sarebbe poi il reale problema con cui ci troveremo ad avere a che fare in tempi brevissimi, dal momento che la globalizzazione sarebbe fallita e la distribuzione delle aree geografiche tra le potenze economiche citate non è più possibile, ma siamo nel bel mezzo di una guerra tra l’est e l’ovest del mondo che può soltanto farci saltare per aria, anzi ci sta già facendo saltare per aria.

LA REGOLA DEI GIOCHI è il conflitto: Progresso vs umanità consapevole.

LA REGOLA DEI GIOCHI
Il Google-amico

In realtà, benché io concordi quasi su tutto con De Ruvo per quanto riguarda l’evoluzione della rete internet, devo dire che non trovo che la realtà attuale renda poi così inefficace la distopia di Ucronia, anzi. Lo spettacolo descrive il risultato di una guerra. E la guerra coinvolge effettivamente in qualche modo l’est contro l’ovest del mondo, anche se in un senso meno geografico e più ideologico (appare chiara la sensibilità dell’autore verso la lotta di classe e una sua certa diciamo manifesta diffidenza verso il capitalismo).

Lo spettacolo si riferisce a una battaglia tra “globalizzazione”, o almeno un certo tipo di globalizzazione, e un’ideologia resistente che in qualche punto viene accennata come “comunista” ma che in realtà così non si può più strettamente definire, proprio alla luce della realtà dei fatti attuali, ovvero dal momento che neanche il mondo comunista sembra essere immune da certe tecnologie, salvo produrre le proprie e partecipare alla contesa.

Diciamo che possiamo vedere la forza oppressiva come il progresso-a-tutti-i-costi, globale, veloce, tecnologico, disumanizzante, a cui c’è qualcosa che resiste, che non è meglio identificato, ma che potrebbe semplicemente essere un concetto astratto ma profondo di consapevolezza. Una consapevolezza di diversi aspetti dell’umanità che passi attraverso la cultura, l’integrazione, la comunicazione, il contatto umano, il rapporto con la natura, tutti concetti in contrapposizione con una realtà vissuta isolati all’interno di una bolla, supportati da un assistente virtuale che rende inutile (e pericoloso) pensare.

LA REGOLA DEI GIOCHI. La globalizzazione è morta?

A differenza di De Ruvo quindi, io non credo che la globalizzazione sia morta, ma che sia invece più che mai viva, e prosperi. Credo che sia talmente viva da non poterci più permettere di distinguere il mondo geograficamente per ideologie, appunto (sempre ammesso che si sia mai potuto fare davvero). La globalizzazione è talmente viva che il meccanismo della lotta tra grandi aziende ha sfondato il muro cinese ed è all over the world, e ad internet libero ci hanno creduto solo l’americano medio che si beve per definizione qualsiasi slogan e la solita Europa sognatrice che ci prova sempre e non ci riesce mai, perché lei lo sa in fondo che la libertà assoluta non esiste e che bisogna mettere dei limiti, altrimenti facciamo la fine dei tanti Marchesi del Grillo che da queste parti abbiamo già visto prima di Trump e del suo Truth.

LA REGOLA DEI GIOCHI, Ucronia: roba da brividi.

La globalizzazione dunque dicevo, ha cambiato il mondo e continua a cambiarlo, al punto che forse i nomi delle forze in campo rispetto al momento in cui Ucronia è stato scritto potrebbero essere diversi, si, ma il concetto no, non quello che ci vedo io. E neanche quello che ci vedrete voi se penserete alla forza oppressa non come a qualcosa di specifico sul globo, a un reale governo che avesse più ragione di altri, ma come alla vostra umanità, alla vostra capacità di discernimento che non sta avendo il tempo di valutare come reagire a tutto ciò che sta cambiando, a tutti i vantaggi che gli vengono offerti, a tutte le possibilità che ha davanti e che deve solo cliccare, di qua o di là, senza neanche accorgersi di quali conseguenze i vostri click poi, uno dopo l’altro porteranno. Ma che dico i vostri, i nostri. I nostri click. Roba brividi, roba da horror, altro che fantascienza.

LA REGOLA DEI GIOCHI, cambio di scena ingegnoso.

E per approfittare delle sensazioni cruente evocate, passiamo allo spettacolo di cui nel frattempo che facevamo le nostre riflessioni è stata montata magistralmente la scena: ingegnoso il modo in cui da una si passa all’altra con gli stessi elementi, Giorgio Luigi Borgese si prende senz’altro la nostra menzione e i nostri complimenti, sebbene potesse sembrare che De Ruvo ci stesse distraendo del tutto.

LA REGOLA DEI GIOCHI, Soldato: un’interminabile marcia.

LA REGOLA DEI GIOCHI

Il secondo spettacolo si chiama “Soldato”. Ed è un testo che ho trovato particolarmente intelligente.

In scena ci sono due militari appunto, che camminano in cerchio, un’interminabile marcia, al centro della quale di tanto in tanto cala una scatola con materiali e dispacci, istruzioni o notizie, per loro. Questi dispacci vengono da non meglio precisati “capi”, che sanno tutto di loro anche se loro non inviano mai nulla, forse perché delle strane “spugne in cielo” li spiano. Gli ordini sono sempre solo di continuare a marciare, marciare verso la guerra. E loro marciano, marciano, vanno avanti così da un tempo imprecisato. Si capisce che non hanno mai raggiunto questa fantomatica guerra, ma che non sono mai neanche stati in pace, perché la pace ci potrà essere solo quando sarà finita la guerra.

I due sono diversi. Uno mostra una vena sognante, tradisce delle aspirazioni, il bisogno di avere con l’altro un rapporto amichevole, cosa che allo spettatore appare del tutto normale. Fa domande, chiede perché i capi sono capi, cosa succederà quando raggiungeranno la guerra, cosa succederà dopo che la guerra sarà finita.

LA REGOLA DEI GIOCHI, Soldato: loop, loop, loop.

LA REGOLA DEI GIOCHI

Il testo è tutto un ritorno delle parole su se stesse che anche linguisticamente riproduce l’immobilismo in cui la guerra riduce la società e le menti, mentre altri possono portare avanti degli interessi, oltre che l’autoreferenzialità delle logiche del conflitto.
I due, che tra loro si chiamano rispettivamente “soldato”, senza altra identificazione (e soldati a quanto pare sono tutti, anche i bambini, con la completa sparizione dei civili), sono bloccati in questo loop fisico di marcia, ma anche in un loop concettuale in cui per diventare capi si deve studiare ma per studiare deve finire la guerra ma quando sarà finita non ci saranno più capi e nessuno potrà più diventarlo, e in un loop ideologico in cui loro sono solo dei sottoposti a dei capi che parlano con un dio che è buono perché lo dicono i capi stessi, e per ordine di questi capi devono uccidere, stuprare, distruggere, avvelenare nemici che sono a loro volta solo dei sottoposti di capi nemici che parlano con un dio nemico che è invece cattivo sempre perché lo dicono i loro capi.

Un barlume di lucidità e benevola speranza, un attimo perso a sognare di poter interrompere, almeno per loro due soli, questi loop, nella ingenua sincera convinzione che esista una fine da attendere, costerà caro a uno dei nostri due non-eroi, senza che comunque nulla della gigantesca illusione venga intaccato. L’immobilismo è salvo. L’autoreferenzialità è salva. Gli interessi sono salvi.

LA REGOLA DEI GIOCHI: le due guerre sono una?

Si sarebbe tentati di pensare che la guerra di questo secondo spettacolo possa avere a che fare con la guerra passata nel primo spettacolo, ma no, sarebbe troppo bello, quella almeno è una guerra finita. Invece in Soldato abbiamo a che fare con una guerra che non finisce, che nei fatti non è neanche mai iniziata. È una guerra in potenza verso un nemico non davvero chiaro ai combattenti, a cui già si sa che seguiranno altri nemici.

È una guerra cieca, basata su ordini di qualcuno superiore che si suppone avere maggiore cognizione, ma si è perso il senso di come si sia ottenuta questa maggiore cognizione, di quando e perché.

Qui cosa o chi mandi la scatola, non ci interessa e non ci deve interessare, chi sono i capi, chi sono i loro dei, se hanno davvero dei nemici o se i capi tra loro sono tutti amici, non ci interessa e non ci deve interessare. Come ritrovare la fantasia atrofizzata? Che importa? Tanto non servirà mai più.

LA REGOLA DEI GIOCHI, Soldato: c’è sempre chi è più debole.

Anche in questo testo si sente la sensibilità dell’autore verso la lotta di classe, ma non vorrei che la lettura si fermasse a questo, perché, come nello spettacolo precedente, anche quando non sappiamo più riconoscere esattamente chi è che sta difendendo il più debole o la “giustizia”, un più debole e una “giustizia” da difendere ci sono sempre, e allora anche se la scena politica e geopolitica non ci vengono più incontro per rappresentare delle dinamiche nella quotidianità, l’arte e il teatro possono comunque rimescolare tutto e rappresentarle, e farne così cultura, pensiero, filosofia e perché no, di nuovo anche politica: e la regola del gioco ahimè è sempre il conflitto, anche in un mondo globalizzato, in cui la sinistra e la destra si toccano in cerchio.

Soldato, uno spettacolo toccante.

Personalmente ho trovato questa parte dello spettacolo gelante. Il testo è interessante, ben congegnato e insieme alla resa coreografica e alla scena ottiene un effetto davvero toccante. Bravissimi i due attori che gli danno il giusto ritmo e la giusta intonazione, che a tratti ricorda quasi una cantilena ma senza esagerare e quindi perdere di verosimiglianza o emozione.

LA REGOLA DEI GIOCHI: una messa in scena ben studiata in cui nulla è casuale.

Molto ben studiati in generale anche luci e suoni sia nella prima che nella seconda parte, è chiaramente una messa in scena in cui nulla è casuale, che approfitta bene dello spazio tridimensionale a disposizione.

LA REGOLA DEI GIOCHI: da vedere, magari con le altre parti.

Sono sinceramente curiosa di vedere le altre tre parti del progetto, e credo che avrei apprezzato anche una messa in scena più lunga, magari con un intervallo, che prevedesse di vederle tutte e cinque insieme. Certo mi rendo conto che non è una cosa proponibile ovunque, ma io l’investimento di un biglietto ce lo farei certamente.

In ogni caso, se almeno vi capita di poter vedere Ucronia e Soldato, sappiate che saranno soldi ben spesi: poi non vi preoccupate, si starà bene se si starà bene. Veramente bene.

Visto il 4 marzo 2023

4 marzo 2023 – ore 21
5 marzo 2023 – ore 18

NEST – Napoli Est Teatro

La Regola dei giochi – Cast e contattI

Lo spettacolo è diviso in due atti unici: Ucronia. O va tutto bene e Soldato.

di Anton Giulio Calenda
regia di Alessandro Di Murro
con Matteo Baronchelli, Alessandro De Feo, Amedeo Monda e Laura Pannia
musiche originali di Enea Chisci
costumi di Giulia Barcaroli
scene di Giorgio Luigi Borgese
regista assistente Tommaso Cardelli
assistente alla regia Ilaria Iuozzo
organizzazione Bruna Sdao
uno spettacolo del Gruppo della Creta
con il sostegno del MIC – Ministero della Cultura
Foto Simone Galli

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