LA CODISTA @Sala Assoli: un mestiere inventato da cui osservare e riflettere sul mondo e su se stessi

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Abbiamo visto nel buio di Sala Assoli un faro su una professionista dell’attesa, protagonista de LA CODISTA, spettacolo di e con Marleen Scholten che sceglie un particolarissimo punto di vista per le sue riflessioni.  

LA CODISTA a Sala Assoli: il talento di Marleen Scholten.

LA CODISTA

Sala Assoli non deve rifarsi la faccia in modo particolare per questo spettacolo che non ha alcuna scenografia e la cui ambientazione è affidata del tutto a una grossa plafoniera bassa e alla nostra immaginazione di spettatori.

Tutto si basa sulle doti del testo e il talento di Marleen Scholten pluripremiata artista olandese, tra le fondatrici del collettivo Wunderbaum.

LA CODISTA: attendere per professione.

L’idea e il progetto stessi sono della Scholten, che si è ispirata alla storia di Giovanni Cafaro, un salernitano residente a Milano che dopo aver perso il lavoro a 42 anni si è inventato la professione di “codista, cioè si mette in coda per altre persone a pagamento. Questa idea apparentemente stramba ha avuto successo e gli ha dato tanta popolarità da permettergli di farne un’attività di più ampio respiro: è diventata impresa, con tanto di dipendenti, è diventata progetto di formazione, con centinaia di codisti formati in Italia ogni anno, è diventata progetto politico, con un contratto nazionale e un sindacato, è diventata progetto sociale, con l’attenzione particolare all’inclusione dei disabili. Ma non è finita qui. Cafaro che ha perso il suo precedente lavoro di direttore Marketing nel 2014, nel 2020 arriva a candidarsi sindaco di Milano con una lista civica, salvo poi convertirsi a candidato consigliere comunale per il centro-destra all’ultimo minuto. Scrivono di lui anche all’estero.

LA CODISTA: pluripremiato in Europa.

Ma grazie al progetto della Scholten la storia di Cafaro sta adesso girando l’Europa e, insieme ad interviste alla gente in attesa e lunghe attese personali della nostra stessa autrice-regista-attrice, è diventata un’apprezzata occasione di riflessione su alcuni aspetti della vita, individuali e sociali, tanto da ricevere già molti riconoscimenti alla Triennale di Milano, al Kilowatt festival e su altri palcoscenici italiani, tedeschi e olandesi.

LA CODISTA: tutto il pubblico in coda.

Siamo in coda. Abbiamo il numero 127 a quanto pare per una certa signora D’Angelo, e il sistema è ancora al 64. Dalle primissime battute ci sentiamo in fila con la nostra protagonista, la nostra immaginazione è molto ben guidata. Lei è vestita anonimamente di nero con un cappotto cammello e una ventiquattrore in una mano. Ogni tanto parla a telefono per aggiornare la signora D’Angelo. Percepiamo che intorno a lei molti sono a disagio, nervosi, agitati, stanchi e stressati, ma lei no, lei è organizzata e attrezzata, e racconta come: abiti a strati, acqua, sigarette, monete per il caffè, caramelle, deodorante, disinfettante mani, fazzoletti, carta per il bagno e tanta pazienza.

LA CODISTA: attesa e riflessione.

LA CODISTA

I numeri vanno avanti molto lentamente, lei osserva e riflette, commenta le persone che le stanno intorno, a volte con effetto sottilmente comico, e mostra esperienza sul funzionamento di uffici, negozi e sportelli. Però, mentre il pubblico soffre la pesantezza dell’attesa nella lentezza del ritmo – che probabilmente è voluto per farci sentire il peso del mestiere – lei si racconta e le riflessioni spaziano nel personale e nell’individuale, il tono – inizialmente pacato e delicatamente comico – lascia trasparire note più malinconiche con qualche sapore di amarezza ma comunque carico di speranza, la speranza di chi ha trovato una soluzione.

LA CODISTA: diventare qualcun altro.

Per attendere in modo concreto ci vuole talento, immaginare di essere la persona per cui si attende, è un lavoro complesso che ti cambia la vita e insegna tante cose, dice la protagonista.

Eppure, questo immedesimarsi nelle persone comporta un confronto che fa parte delle sue riflessioni e a quanto pare non è sempre facile o indolore: è umano arrabbiarsi, è umano sentirsi frustrati, è umano non avere voglia di essere sempre comprensivi. Ciò che alla fine realizziamo è che non è davvero possibile sostituirsi davvero completamente a qualcun altro.

LA CODISTA: un monologo o un dialogo?

Le parti più entusiastiche del testo richiamano nettamente le interviste che facilmente si trovano in rete a Giovanni Cafaro, senza molte aggiunte se non delle sfumature comiche. La parte più riflessiva è invece ciò in cui davvero dobbiamo cercare il messaggio della Scholten, soprattutto nei momenti di pausa-sigaretta che si concede, dando le spalle al pubblico e uscendo dal suo ruolo professionale per qualche minuto.

Le sue riflessioni tuttavia appaiono confuse. A tratti ci viene esposta una chiara teoria in puro stile liberista, da sogno americano direi, del tipo “ti devi fare da solo”, “chi vuole lavora”, “tutto dipende dalla tua buona volontà”. In altri tratti però, c’è lampante la critica a una società che nega il diritto dell’individuo di trovare un lavoro adeguato ai propri studi e alle proprie competenze, che denuncia una condizione di impossibilità di realizzazione attraverso i legittimi canali e la frustrazione di essere considerato già un rifiuto da parte del mondo del lavoro a poco più di 40 anni. Le due opinioni non sono necessariamente alternative, tuttavia l’accento che si sposta così chiaramente da una all’altra, passando dall’entusiasmo a qualcosa di mai veramente triste ma sicuramente più drammatico fa quantomeno percepire la convivenza di due personalità in questo spettacolo, quasi fosse un dialogo più che un monologo: probabilmente Cafaro e la stessa Scholten.

LA CODISTA: interessante ma non coinvolgente.

In definitiva è uno spettacolo apparentemente semplice ma che lascia il senso di una maggiore complessità, anche se nella percezione immediata io non l’ho trovato particolarmente toccante. Di sicuro mi aspettavo un’opera col sapore più di denuncia sociale, o qualcosa che avesse a che fare molto con il tema dell’attesa, e invece si trattava di una riflessione sulla necessità o sul desiderio di cambiare vita, sulla possibilità e l’impossibilità di farlo, sull’accettazione, sull’identità, sul confronto e sulla frustrazione. In questo senso è stata dunque una sorpresa, quanto gradita però non so dirlo. Per quanto abbia apprezzato il progetto, mi tocca ammettere che non me ne sono sentita davvero trascinata. Giudizio finale a freddo: interessante ma non coinvolgente. Chissà che effetto farà a voi se lo vedrete.

Visto il 3 Dicembre 2022

3 e 4 Dicembre

Sala Assoli (ASSOCIAZIONE CASA DEL CONTEMPORANEO – Centro di produzione teatrale)

LA CODISTA

di e con Marleen Scholten

Regista assistente Dafne Niglio

Luci Emanuele Cavalcanti

Produzione Associazione TRAK

Coproduzione Acteursgroep WUNDERBAUM

Residenza OTSE Officine Theatrikes Salento Ellada

Foto di scena Luca Chiudano

Un ringraziamento a Giovanni Cafaro, Paolo Aniello, Pietro Valenti, Paolo Mastromo, Bas Ernst,

Umberto Angelini, Zona K-Milano, NTGent.

In collaborazione con Il Regno dei Paesi Bassi.

Con il sostegno del Centro di Residenza della Toscana, Kilowatt Festival.

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BAMBOLINA     

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