DOV’È LA VITTORIA @ Teatro Sannazaro: uno strano animale politico che ha fatto il cu-ore all’Italia

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Al Teatro Sannazaro è andato in scena per due sole serate uno spettacolo molto particolare che analizza l’attualità politica con un occhio satirico ma originale ed elegante.

DOV’È LA VITTORIA
Vittoria in intimo da Wonder Woman in DOV’È LA VITTORIA

DOV’È LA VITTORIA al Teatro Sannazaro

Con grandissima curiosità l’intera redazione di Gufetto Napoli è andata al Teatro Sannazaro a vedere lo spettacolo di Agnese Ferro, Giuseppe Maria Martino e Dario Postiglione che, scritto ormai anni fa, ha già vinto nel 2020 il premio Neiwiller di Artec Napoli, e nel solo 2019 il premio L’Artigogolo (per cui il testo è stato pubblicato da ChiPiùNeArt), Premio del pubblico al Festival Inventaria e la Menzione Speciale per la migliore attrice (a Martina Carpino) al premio Nuove Sensibilità 2.0 del Teatro Pubblico Campano.

Ma nel 2019 e nel 2020 non era ancora successo niente. Volevano far ridere… loro. Volevano fare una battuta.

DOV’È LA VITTORIA: spettacolo in evoluzione

La prima particolarità di questo spettacolo, la sua visionarietà nel contesto specifico, è nella sua natura evolutiva: parti del testo sono state scritte in modo intenzionalmente abbozzato, per poter mutare nel tempo, per poter affrontare un fenomeno di attualità sociale e politica mantenendo nel tempo il contatto con la realtà e con il pubblico. E, a meno che i tre autori non avessero una palla di vetro o il dono della preveggenza, direi che hanno annusato un fenomeno particolarmente importante.

DOV’È LA VITTORIA: si comincia sorridendo

Ma torniamo al teatro e risediamoci in sala come spettatori, perché l’esperienza è molto interessante. Si entra e si trovano luci rosse, Schubert in sottofondo, la scena aperta come ormai va di moda – purtroppo, per chi come me ama i sipari – e tre attori che si danno a una sorta di allenamento sul palco in attesa che la sala si riempia. La sala ci mette un bel po’ a riempirsi, c’è un ritardo di almeno mezz’ora, e non posso fare a meno di pensare che i poveretti inizieranno già stremati.

Finalmente si comincia, le luci tornano bianche. Due tipi vestiti di nero con occhiali neri compaiono ai lati della sala e si dirigono sul palco. Sulle t-shirt una scritta a identificarli “FASCIO”. E ti fai le prime risate.

Scene e costumi essenziali in DOV’È LA VITTORIA

DOV’È LA VITTORIA
DOV’È LA VITTORIA

La scena è essenziale, un pannello a metà palco che si capirà essere modulare, girevole e opaco o trasparente all’occorrenza, in modo che possa funzionare da quinte o da separazione. Pochissimi oggetti. Pochissimi costumi. Ma tutto molto ben studiato e funzionale, quindi facciamo pure una menzione a Carmine De Mizio (scene) e Federica Terracina (costumi) che hanno lavorato con precisione ed efficacia e pure un po’ di simpatia.

Lo spettacolo avanza in un continuo passaggio tra dentro e fuori la storia: ora siamo in scene della vita di Vittoria (destinata a diventare una leader della destra estrema italiana candidata al governo, che ci ricorda proprio qualcuno), ora siamo tra gli attori che stanno studiando la storia e l’evoluzione di questo “personaggio Vittoria”, cercando di capirlo, di comprenderlo, di immaginare perché, cosa la spinge, i suoi sentimenti, le sue ragioni, le sue debolezze, il suo contesto. E noi, con loro, la conosciamo.

Tre livelli di DOV’È LA VITTORIA

Tutta l’operazione è interessante in ogni aspetto, ovviamente a partire dall’idea inaspettatamente predittiva e dalla sua apertura all’evoluzione di cui parlavo in apertura. Ma non c’è solo quello da notare. C’è un gioco su tre livelli, tra cui si passa continuamente: vero e proprio teatro in cui vediamo i momenti della vita di Vittoria rappresentati, metateatro in cui gli attori escono dai personaggi per lavorare tra di loro su Vittoria, e addirittura momenti di parabasi in cui gli attori cominciano a interagire con il pubblico direttamente. Questo gioco è perfettamente equilibrato e molto ben riuscito, strappa sorrisi e risate, dosa i concetti drammatici e permette allo spettatore (forse all’autore stesso) di scampare a facili pregiudizi e restarci intrappolato troppo presto. Tutto questo però senza che si abbia l’impressione di perdere il filo della storia o del discorso, quindi solo a vantaggio del coinvolgimento e della piacevolezza.

DOV’È LA VITTORIA: bella squadra

DOV’È LA VITTORIA
DOV’È LA VITTORIA

Gustosissimo, per esempio, un momento di “sfogo” di uno degli attori (Luigi Bignone) per la discriminazione subita a causa dell’altezza, ottimo espediente che, nel prendere tempo, riscalda il pubblico così già pronto a prendere nel modo giusto la scena successiva in cui vedrà Vittoria alle prese col suo nuovo non-marito. In effetti Bignone in questo spettacolo ci ha colpito in più di un momento per il ritmo e l’ottima presenza scenica, anche in occasione degli spassosissimi minuti passati sulle note del brano “Contessa”. Ma tutti gli attori hanno mostrato grande affiatamento, realizzando qualcosa in cui si vede professionalità e concentrazione: una bella squadra questo collettivo BEstand.

DOV’È LA VITTORIA: ma cos’è Vittoria?

E allora che cosa viene fuori? Chi è questa Vittoria? Cosa è questa Vittoria? Vittoria è una ragazzina, con una famiglia difficile, che cerca affermazione, e che trova modi per averne. Vittoria è una donna intelligente, senza ideali, ma pronta a tutto per costruirsi una posizione. Vittoria è una donna che trova uno spazio vuoto e lo riempie. Vittoria è una donna, ma per caso, perché non ha a cuore le donne e non ne incarna le battaglie. Vittoria è uno strano nuovo “animale politico”, come dice Edoardo Erba nella prefazione al testo, che cavalca l’onda facendo politica dal basso e per un ministero svende le posizioni dei suoi. Ma nella svendita qualcosa la impara, la impara bene. Impara che al popolo bisogna “fare il cu…ore”. E lo mette in pratica, così bene da arrivare a candidarsi alla presidenza del consiglio.

DOV’È LA VITTORIA: si finisce inquietati

DOV’È LA VITTORIA
DOV’È LA VITTORIA

Tuttavia, l’idea che una Vittoria si candidasse alla presidenza del consiglio, e che potesse addirittura vincere, quando lo spettacolo è stato scritto sembrava “un paradosso, una possibilità lontana” mentre “oggi […] ci fiata sul collo”, diceva Dario Postiglione in un’intervista l’anno scorso, nell’estate 2021. Non so che metafora usare quest’anno, due mesi dopo le elezioni, che sia più politically correct di una aggressione con GHB, e non ho Postiglione a portata di mano per chiederne una a lui, quindi non ne userò, e lascerò al lettore la sua opinione su come il fenomeno Vittoria sia esploso.

Però ricordo che “Vittoria è molto umana”, dice Luigi a un certo punto, nello spettacolo, mentre la analizzano, “come tutti i cattivi di Batman”. “Ma è veramente reale una così?” gli risponde Martina, scettica. Eh, Martina mia, pare proprio di sì, che sia reale, lo so che non ci crederesti, ma non c’è pizzicotto che funzioni, da questa cosa non ci si sveglia, stavolta non è un fumetto.

Scrive nel 2022 il collettivo in fondo al comunicato stampa: “Ogni riferimento a persone esistenti, fatti realmente avvenuti, personalità pubbliche, contingenze storiche è una tragica coincidenza che non riusciamo a spiegarci”. E già. Di sicuro una contingenza storica che fatico a spiegarmi pure io.

DOV’È LA VITTORIA: tra un po’ sarà storia

Dunque, questo spettacolo, che analizza l’attualità con uno sguardo particolare, aveva un suo senso nel 2019, ne aveva ancora di più nel 2021 e probabilmente dal 2022 andrebbe considerato necessario. Tra un po’ diventerà storia, e non per questo perderà valore, anzi. Perché il fenomeno che stiamo vivendo resta qualcosa da riconoscere e comprendere dalla sua genesi, sia nei suoi aspetti nuovi che in quelli antichi e chi ha lavorato a questo progetto sta offrendo il suo contributo a una riflessione intima e profonda come solo l’arte sa stimolarla.

Vedetelo. Fatelo vedere. Divertitevi fin dove potete e pensate.

Visto il 28 Novembre 2022

Dal 28 al 29 Novembre, Teatro Sannazaro

DOV’È LA VITTORIA

di Ferro | Martino | Postiglione

un progetto del Collettivo BEstand

regia Giuseppe Maria Martino

aiuto regia Dario Postiglione

con Martina Carpino, Luigi Bignone, Antonio Elia

disegno luci Sebastiano Cautiero

scene Carmine De Mizio

costumi Federica Terracina

foto di scena Tommaso Vitiello

produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale | Casa del Contemporaneo

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