Da Martedì 8 fino a Venerdì 18 Maggio presso il teatro delle Moline è andato in scena MUOIO COME UN PAESE, uno spettacolo creato dalla penna di Dimitris Dimitriadis e firmato ed interpretato da Francesca Ballico, spettacolo dove la scenografia svolge un ruolo prettamente estetico ed a eccezione di alcuni accessori come la maschera, il proiettore ed i libri.
A quali valori ci si può aggrappare? Quali sono le credenze, i pensieri e le convinzioni che emergono dopo un forte dramma sociale? La guerra, la sterilità e l’isolamento hanno una sola voce, producono un tonfo sordo nel ventre di una nazione. Questo paese, mutilato e martoriato si fa donna e in un clima di cosciente, multiforme schizofrenia con parole consumate denuncia il sale che da troppo tempo ormai, lascia il terreno arido e sterile.
Nel teatro la scenografia (o la sua assenza) vuole sempre, implicitamente o esplicitamente, trasmettere un significato o un’atmosfera; essa può avere funzioni molteplici e può avere nel processo creativo diverse posizioni. In alcuni casi può costruire e dettare leggi alla regia e alla drammaturgia, modellando l’opera a seconda delle contingenze sceniche che si presentano diverse per ogni spettacolo. In alcuni casi essa invece può procedere parallelamente alla creazione stessa della rappresentazione oppure, più frequentemente, può essere inserita a spettacolo compiuto. Quest’ultimo caso citato è proprio di questo spettacolo dove la scenografia svolge un ruolo prettamente estetico ed a eccezione di alcuni accessori come la maschera, il proiettore ed i libri, il resto non ha alcuna funzione pratica o sintattica. Nonostante questo forte elemento estetico, la vera protagonista invisibile è la luce; man mano che lo spettacolo avanza, essa scopre la scena e ne rivela i tratti, le forme, segue e contemporaneamente indica la via da seguire alla protagonista.
Francesca Ballico al momento della creazione dello spettacolo aveva certamente presente una delle figure cardini del novecento come l'attore, scenografo e regista teatrale Edward Gordon Craig: le scenografie ricche di moderni screens e la protagonista, attrice meccanica e cicerone di un paese in rovina ne sono la prova lampante. Prova della presenza del regista britannico nello spettacolo è soprattutto la recitazione, estremamente strutturata nei movimenti e disincarnata nella mimica facciale: nonostante momenti di grande tensione, il corpo reagisce come seccato da ogni tipo di vitalità e slancio emotivo.
“Il teatro era per il popolo, e dovrebbe essere sempre per il popolo. I poeti invece vorrebbero fare teatro per una selezionata comunità di dilettanti” offrendo loro difficili pensieri psicologici espressi attraverso parole altrettanto difficili.
Edward Gordon Craig
Il pensiero corre più veloce dello sguardo.
A monte di ogni spettacolo ci sono numerose discussioni, pensieri ed elucubrazioni che portano alla selezione di una drammaturgia a cui applicare una regia ricca di metafore, allusioni e rimandi spesso ermetici. La velocità frenetica con cui ognuno nella società occidentale si muove, pensa e agisce, si riflette sul teatro contemporaneo; tutti vogliono parlare di tutto, ogni spettacolo deve necessariamente essere carico di concetti, gesti e movimenti in grado di investire lo spettatore, farlo soffocare tra una notifica di Facebook e un “metaforico movimento circolare del gomito sinistro” vòlto ad indicare chissà quale significato esoterico e metafisico. Questa saturazione non permette l’osservazione organica; durante la rappresentazione lo spettatore si trova così costretto a selezionare cosa vedere e su cosa concentrarsi, rendendo la visione non solo approssimativa e incompleta ma frustrante. Il teatro dovrebbe avere diversi livelli di comprensione e di profondità, esso non può permettersi di essere proprio di una piccola élite; dovrebbe poter parlare a tutti, in maniera diversa e con toni differenti, certo, ma in modo chiaro ed efficace.L’aspetto drammaturgico di Muoio come un paese collassa di fronte ad un impianto registico così barocco e tecnicamente carico.
Le parole si dissolvono nei movimenti meccanici della Ballico, allo spettatore arriva solo un eco confuso, un suono lontano portato a Bologna da un debole vento grecale che fatica a penetrare i muri del teatro, che fatica a penetrare le coscienze.
Info:
Teatro delle Moline
via delle Moline 1/b – Bologna
da martedì 15 a venerdì 18 maggio 2018, ore 20.30
Muoio come un paese
di Dimitris Dimitriadis
traduzione Barbara Nativi e Dimitri Milopulos
interpretazione e regia Francesca Ballico
musiche dal vivo Antonia Gozzi
disegni Carlo Pastore
organizzazione Maurizio Sangirardi
produzione Associazione Ca' Rossa
Il progetto Dimitriadis è stato realizzato nel 2017 con il patrocinio di Consolato On. Grecia di
Bologna, Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna, Centro la Soffitta
dell’Università di Bologna