Domenica 15 aprile, nella splendida e storica cornice del Teatro Lirico di Magenta, fondato nel 1904 e finemente restaurato esattamente cent'anni dopo, è andata in scena la commedia MONTAGNE RUSSE. La pièce teatrale di Éric Assous è stata rappresentata all'interno della Rassegna Teatrale del circuito Teatro dei Navigli INCONTROSCENA. Interpretato da Rossella Rapisarda e Antonio Rosti con la regia di Fabrizio Visconti.
Mettere in scena un testo brillante di un autore francese è sempre una garanzia, da Feydeau a Marc-Gilbert Sauvajon a Francis Veber, giusto per citare solo alcuni dei più apprezzati e rappresentati autori di commedie teatrali francesi.
Éric Assous, artista francese, di origini tunisine, è l'ennesima conferma; stimato e pluripremiato in Francia, è uno degli autori teatrali, televisivi e radiofonici più presenti sulla scena artistica di quest'ultimo ventennio. "Les Montagnes Russes", titolo originale dell'opera, debutta nel 2004 al Théâtre Marigny di Parigi con due attori d'eccezione, Alain Delon e Astrid Veillon; che lo porteranno in scena per due anni per un totale di cento repliche ottenendo grandi consensi. Il testo è costruito su una equilibrata armonia fra risate e momenti di riflessione; non c'è un momento di respiro, le battute e i colpi di scena si susseguono a ripetizione con continui cambi di registro. L'incessante altalenare di situazioni e di stati d'animo dà allo spettatore proprio l'impressione di stare sulle montagne russe.
Un uomo e una donna. Pierre e Juliette. Si incontrano in un bar per la prima volta e decidono di passare la serata a casa di lui. Pierre è un uomo oltre la cinquantina il quale, approfittando della momentanea assenza della moglie e del figlio, decide di invitare la giovane Juliette, ragazza apparentemente semplice e riservata, a casa sua.
Juliette è un personaggio che passo dopo passo si rivelerà complesso, enigmatico, a tratti destabilizzante, fino ad arrivare, al classico coup-de-théâtre che svelerà la sua vera natura e le reali motivazioni che l'hanno portata a relazionarsi con Pierre.
Dalle prime battute, che svelano già i colori brillanti della pièce, si ha l'impressione di essere di fronte ad una delle solite commedie già viste, ma proprio grazie ad una serie di inaspettati colpi di scena e ad una drammaturgia ficcante e mai banale, si assiste ad un'originale trama tutta da gustare. Un testo che conduce lo spettatore a continue errate conclusioni, seguite da veloci virate che distruggono il castello di convinzioni e che lo portano verso una nuova direzione. Un continuo susseguirsi di stravolgimenti narrativi che catapultano lo spettatore verso l'inattesa svolta finale. È proprio sul finale che i toni e il ritmo si placano, abbandonando la facile risata per lasciare posto ai sentimenti più profondi che arrivano come un pugno nello stomaco e che lasciano il segno.
La storia si svolge unicamente all'interno dell'appartamento del protagonista. Una scenografia composta semplicemente da uno spaccato del soggiorno con un modulo centrale che funge da parete alla quale è appeso uno specchio che, in alcuni passaggi, diventa protagonista simbolico del riflesso dell'anima dei personaggi. Un divano a due posti ai lati del quale, su due piedistalli, poggiano un secchiello con lo spumante e due bicchieri da un lato e un telefono dall'altro. Un perfetto e studiato disegno luci rende la scena suggestiva e ricca di sfumature interessanti, conferendo all'insieme un taglio quasi cinematografico. Questa scelta decisamente originale e di effetto, a volte va a discapito degli attori che si ritrovano in penombra o fuori luce, facendo perdere dei dettagli espressivi e dando a tratti una visione unidimensionale.
In diversi momenti della commedia, l'inserimento di elementi sonori accompagnati da puntuali e studiati giochi di luce, crea una sorta di "sospensione" della commedia quasi a voler dare al pubblico quel momento di pausa per riprendere respiro e soffermarsi a metabolizzare e a interiorizzare quel preciso stato emozionale. In alcuni passaggi però l'utilizzo forzato di questi "quadri di sospensione" rallenta, se non addirittura arresta la corsa di questo viaggio, compromettendone la cifra ritmica.
Antonio Rosti, che ricopre il ruolo di Pierre, ha una buona presenza scenica ed ha il difficile compito di sostenere l'evoluzione della storia con la massima concentrazione, srotolando le battute e realizzando le controscene con tempi serrati e regolari, cercando di non perdere mai il ritmo, fondamentale per la riuscita della commedia. Peccato però che, in alcuni momenti, il movimento del dialogo subisca dei rallentamenti dovuti principalmente alle difficoltà che incontra la protagonista, Rossella Rapisarda, nel mantenere il passo con il suo collega.
La figura di Juliette è molto complessa; i continui cambi di identità e il crescendo di uno stato emozionale che raggiungerà il culmine nella parte finale, richiedono un'attenzione particolare e uno studio approfondito del personaggio. Purtroppo però, questo non sempre traspare nella messa in scena della Rapisarda e il tono monocorde e senza colore fa pensare che sia stato fatto un lavoro superficiale.
La regia nel suo complesso risulta scolastica, i movimenti scenici spesso sono scollati dalle intenzioni dei personaggi e a tratti risultano forzati e incongruenti con le emozioni che dovrebbero trasmettere i protagonisti. Alcune trovate umoristiche risultano scontate e già viste. A volte si cade nell'errore di pensare che possa bastare un testo incisivo e un'accurata struttura visiva per creare uno spettacolo forte. Se non è supportato da un ottimo lavoro registico sui personaggi da renderli credibili fino in fondo nelle loro mille sfaccettature, il risultato rischia di non essere convincente.
Apprezzata e in linea con l'impostazione scenica la colonna sonora che accompagna e sottolinea i vari momenti della storia: una reinterpretazione della classica "Strangers in the night" composta dal Marco Pagani.