“Molto rumore per nulla”, ancora una volta diretto da Loredana Scaramella, torna in scena anche in questa sedicesima stagione del Globe Theatre. È il 7 di agosto, lo spettacolo, che ha già debuttato l’anno scorso per la stessa regia, è alla sua prima e il pubblico di Villa Borghese è numeroso. Succede sempre, in teatro, quando si ha la certezza che l’offerta sarà sicuramente all’altezza delle proprie aspettative. Così è stato.
Prima che gli attori entrino in scena Loredana Scaramella sale sul palco porgendo un caloroso saluto ai presenti e portando i ringraziamenti di Gigi Proietti, direttore artistico del Globe: “Vi saluta di cuore”. La sala, fedelmente ricostruita così come fu il Globe londinese dove lavorò la compagnia di Shakespeare, esplode in applausi.
Lo spettacolo si apre con la musica del Trio William Kemp, mentre uno degli attori sembra girare una manovella come per dare azione a un carillon. È subito chiaro l’aspetto metaforico che accompagnerà come un mantra l’intera messinscena. Lo spettacolo è una fiaba che si svolge in un limbo, in un mondo di cristallo che vive al di là e al di qua della guerra, della fame, della malattia e della morte. Lo spettacolo è una fiaba e, come tutte le fiabe che si rispettino, viene messa in moto dalle mani di chi serba intatta nel proprio cuore la speranza di un amore salvifico, mentre, nel sottofondo, una musica suona.
Allo stesso tempo, è subito chiaro che il palco, spoglio di grandi e ingombranti scenografie, e i pochi oggetti si scena che accoglie, verranno fatti vivere più con la fantasia che con l’effettivo peso/funzione della propria immagine, esattamente come avviene nelle fiabe. Così, se in apertura, anche grazie alla sua delineata geometria rettangolare, il palco si trasforma in un carillon, successivamente, le corde e le lenzuola che lo riempiono diverranno altalene, cappi, amache, finestre, nascondigli e, perfino, una luna…simbolo della notte, del mistero, del “qui tutto è possibile”.
La regia di Scaramella non tradisce il senso originale del testo shakespeariano che, anzi, restituisce in pieno, permettendosi solo dovuti e piccoli arrangiamenti. Questi non disturbano, ma contribuiscono ad arricchire il testo rendendolo più “contemporaneamente” fruibile, in linea con lo spirito del Globe di Proietti e con quello che era il pensiero, quindi la volontà, che guidava le opere stesse di Shakespeare, scritte non per una piccola élite, ma per chiunque avesse voglia di riflettere. “Molto rumore per nulla” è una commedia che strappa facilmente la risata, che non è attraversata da complicate trame storico-politiche eppure fa da sfondo per riflessioni che, seppur di portata comune, sono tutt’altro che leggere o banali. La perdita dell’innocenza; il rancore; l’oltraggio; il pettegolezzo; il tradimento; l’orgoglio; il pudore; la tradizione reiterata sono soltanto alcuni degli spunti offerti dalla trama e dall’agire vorticoso dei personaggi.
Vale la pena soffermarsi sul ruolo della donna che ne emerge, forte e tutt’altro che subalterno. Così, Benedetto dirà di Beatrice: “Sarebbe stata capacissima di mettere Ercole in cucina a far lo spiedo”. Vi è, in quest’immagine femminile shakespeariana, una carica e una forza trainante. In essa vi è il motore che guida l’intera opera e che, dentro e fuori dalla fiaba narrata, si sottende che governi il mondo prima e dopo le guerre, quell’effimero intermezzo di pace, che solo restituisce vita alla vita. In questo universo parallelo si dispiega la trama, una rincorsa cieca verso l’amore, verso quella felicità che tutti agognano, anche il più orgoglioso degli uomini, seppure richieda una continua e straziante protezione attuata nella consapevolezza che possa non bastare per assicurarla da una nuova guerra. Lo stesso sprezzante Benedetto convoglierà a nozze con Beatrice dicendo: “Quando dicevo di voler morire scapolo non pensavo sarei vissuto fino al matrimonio”.
La Scaramella trasporta l’ambientazione da Messina in Puglia. Ciò non comporta cambiamenti a livello di senso o di testo, si tratta solo di un paesaggio ideale, carico di una stessa, ma diversa sensualità rispetto a quello originale. La scelta musicale, diretta da Stefano Fresi, ne è invece strettamente dipendente. In molti passaggi vengono proposte delle tarantelle dal ritmo tipicamente salentino e gli attori in scena ne mimano il caratteristico ballo. Gli attori, lo si sottolinea con cura, sono stati un elemento essenziale per la bella riuscita dello spettacolo. Come braccia di un unico corpo non hanno perso il ritmo per un solo istante, ritmo che a tratti si è fatto straordinariamente incalzante, restituendo voce e atmosfera alla poesia e ai luoghi rappresentati.