MOBIDIC @ Teatro Vittoria: la letteratura “contagia” il teatro

Dopo aver ospitato “L’impresario delle Smirne” di Carlo Goldoni e “Ben Hur” di Gianni Clementi, il Teatro Vittoria presenta il terzo spettacolo in abbonamento, “Mobidic”, diretto e interpretato da Massimo De Rossi e prodotto da Fondamenta Teatro e Teatri di Francesco del Monaco e Cristiano Piscitelli, in scena fino al 18 novembre.

Perché andare a scomodare Melville?

Lo spettacolo trae spunto da un fatto di cronaca avvenuto alcuni anni fa a Milano: un noto e maturo manager, colpito da amnesia retrograda, dimenticata la vita presente, si ritrova improvvisamente catapultato nella sua realtà adolescenziale.

Come sottolinea l’autore del testo, l’italo-tedesco Karl Weigel, «Questo Mobidic (scritto proprio come si pronuncia in italiano) non è una “rivisitazione” del capolavoro di Herman Melville, né una riduzione per il teatro, tantomeno una parodia. Forse, si potrebbe parlare di un “contagio letterario”. Il Moby Dick originario affiora a tratti in questo testo per poi immergersi velocemente con un colpo di coda e sparire». Il “contagio letterario” si configurerebbe, quindi, nella ripetuta citazione del titolo del romanzo da parte del protagonista e nell’ambientazione, una nave/teatro, che accoglie i due personaggi della pièce.

Weigel ci spiega soprattutto cosa questo Modibic “non è”, senza esplicitare chiaramente gli intenti di un’opera che dovrebbe raccogliere la grande lezione mellvilliana o quanto meno esserne “contagiata”. L’eterno conflitto tra il Bene e il Male, il senso dell’avventura, lo smarrimento di fronte alla potenza della natura, la metafora del destino umano, la possibilità di riscatto nel regno del terrore e delle tenebre? «La Balena Bianca gli nuotava davanti come la monomaniaca incarnazione di tutte quelle forze malvagie da cui certi uomini profondi si sentono rodere nell’intimo» (Trad. Cesare Pavese)

Quando la scena viene illumina il pubblico si trova di fronte a un palco ingombro, allestito con equilibrio formale e concepito per restituire, non solo visivamente, il contrasto tra finzione e realtà: alcuni fari sono poggiati in maniera visibile sugli stativi, i cieli non coprono gli spot, elementi e oggetti scenici sono a vista (una pedana, un appendiabiti, un baule, una poltrona, una tastiera, una cassa amplificata, un piccolo manichino vestito da marinaretto, una stola di paillettes, una grande sagoma sul fondale) disposti tra i numerosi tavolini e le sedie metalliche. Siamo in un Café-théâtre, luogo surreale in cui si incontrano i due protagonisti: un presunto terrorista ricercato dalla polizia (anche detto il Professore, perché da alcuni identificato come uomo di cultura) e una giovane cassiera di teatro, col sogno mancato di diventare attrice.

Il prologo narrativo ci introduce agli antefatti, raccontati in maniera non sempre fluida: i vuoti di memoria, costanti lungo tutto l’arco dello spettacolo, rendono difficile l’armonizzazione dei tempi tra le battute, spesso sovrapposte. Il protagonista, rubata un’arma a un commissario distratto, entra nel luogo dell’azione e, dopo aver sequestrato la cassiera, intesse con lei un rapporto di complicità, talvolta ambigua, a metà strada tra l’amicizia e l’amore tra un padre e una figlia. Peccato che i cambiamenti siano repentini, non sostentati da battute adeguate, tantomeno giustificati da gesti e azioni che seguano il progredire delle intenzioni dei personaggi, né la loro evoluzione. Spesso le scenografie costituiscono un ostacolo ai movimenti.

Il Professore e la cassiera saltano da un argomento all’altro senza soluzione di continuità, creando confusione tra i piani della narrazione: la vita di lui (tra i presunti ricordi, le supposizioni, i progetti per il futuro), quella di lei (il rapporto malsano con la madre, quello difficile col fidanzato, la nostalgia di un padre che non è mai stato come avrebbe dovuto essere, i sogni e le aspirazioni) tra un bicchiere di spumante scadente, un goccio di rum e una performance alla tastiera dove il Professore suona un pezzo di Jimmy Rowles; tra uno scatenato ballo della ragazza, improvvisato su una musica moderna, e un accennato cheek to cheek sulle note di Frank Sinatra. I brani sono trasmessi da una radio che funziona a tratti e che, all’improvviso, ci proietta verso una notizia inaspettata: il terrorista-professore, tra il furto e il sequestro, è stato fermato in aeroporto (perché una sortita in aeroporto?) dove, alla richiesta di favorire i propri documenti, ha reagito sparando. Lei si sente in pericolo e gli sottrae l’arma, puntandogliela addosso: «Ti strappo il pistolino!», grida minacciandolo.

Il suono forte di una sirena fa presagire l’arresto, ma è solo un’auto di passaggio.
Ancora confidenze tra i due, anche intime. Lui si accascia sfinito sulla poltrona e i toni diventano pacati, fino a quando il Professore si addormenta e la ragazza lascia scivolare un biglietto (uno dei tanti oggetti fini a se stessi), scritto di suo pugno, nella mantella -di scena- con cui lo aveva coperto poco prima.

Una ninna nanna napoletana, intonata con evidente accento straniero, accompagna le ultime azioni: la donna rientra per una breve apparizione con un lungo vestito bianco, muovendo le labbra a cantare la nenia in playback; lui si solleva dalla poltrona. Il suono assordante di una sirena, un puntatore laser e, dopo un breve epilogo narrativo, l’uomo si accascia sul pavimento.

La vita, la memoria, il teatro, i suoi protagonisti di tanto in tanto paragonati ai marinai, i desideri mancati si intrecciano tra le pieghe di due esistenze che non si incontrano mai veramente. I personaggi non coinvolgono, la recitazione non convince, né quella del navigato De Rossi, né l’atteggiarsi acerbo e a tratti irritante di Roberta Anna. Il testo è disorganico.

Le musiche arrivano quasi tutte sul finale, senza molto senso: la ninna nanna, Vangelis, un carillon…

Una domanda sorge impellente: che storia ci hanno voluto raccontare?

Visto l'8 novembre
 

Info:
Mobidic di Karl Weigel
con Massimo De Rossi e Roberta Anna
Regia Massimo De Rossi
Costumi e grafica Geraldine Geline
Musiche a cura di Angela Sinckler
Assistente alla regia Valeria Iacampo
Aiuto regia Rita Tersigni
Produzione Fondamenta Teatro e Teatri

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