MISERICORDIA @Teatro Metastasio: il colpo al cuore di Emma Dante

Al Teatro Metastasio di Prato è andato in scena MISERICORDIA ultimo lavoro scritto e diretto da Emma Dante. Uno spettacolo privo di tutto: fabula, intelligibilità, intreccio. E proprio per questo rituale e orfico, uno dei più alti momenti di teatro agiti ultimamente su un palco.

L’estetica di Emma Dante nei corpi degli attori

Luci in sala spente. Palco buio. Leggeri scricchiolii delle assi di legno quando gli attori, nell’oscurità totale uterina, prendono posto; e poi il ticchettio ossessivo dei ferri da calza che friniscono come sistri finissimi, in grado di invasare da subito ad uno svolazzare insistente e mutilato Arturo (Simone Zambelli), un Pinocchio sciamanico, ricettore incredibile di legnosità autistica nella prima parte e poi abitato da un daimon di danza di assoluta e crudele leggiadria poche volte manifestatosi a questo grado su un palcoscenico.

Tutte le attrici in cui si incanala qui l’estetica geniale di Emma Dante sono straordinarie: Italia Carroccio, Manuela Lo Sicco e Leonarda Saffi – Anna, Nuzza e Bettina – tre Parche che fanno la maglia invece di tessere, tre fate madrine stralunate, schierate in fila militare a fondo palco o sul boccascena a comporre un’orchestra di gesti e di suoni, un intreccio di gramelot del Sud che si snoda in bisbigli ritmati e comprensibilissimi nella loro assoluta incomprensibilità, in monologhi di solo suono, nel ronzio penoso e pietoso del ragazzo lunare, in affabulazioni e in grida e in mugolii – una parete, un fondale di suono che non ha bisogno di essere compreso per essere efficace, profondamente coinvolgente e crudele. Questi suoni, questi gesti, queste oscillazioni sbilenche e scalene, questi abbracci teneri o pieni di rabbia, questo disporsi in linee pure, di una geometria irregolare ma sempre luminosa, belle di una bellezza capovolta, rovesciata e intensissima, testimoniano che Emma Dante è arrivata a un punto veramente alto della sua estetica.

Misericordia senza tempo

Lo spettacolo si agisce in un tempo fermo: la vera azione è già avvenuta, la violenza bestiale che il padre di Arturo, Geppetto il falegname, compie sul corpo di Lucia, incinta del piccolo. La racconta in un monologo di alta tragedia Anna, la agiscono in scena Arturo che si contorce in un travaglio infinito e le altre due attrici che, sullo sfondo, riecheggiano la violenza, il sangue, le botte, le onde del male assoluto. Da questo stupro, prematuro, nasce questo doloroso Pinocchio, custodito e adottato dalle tre donne, tessitrici e materne di giorno, prostitute volgari e oscene di notte, ma sempre una chiusa e tenera famiglia, la testimonianza di una cura e di un legame che supera ampiamente quello di sangue.

Teatro magico

Uno spettacolo senza intreccio, perché tutto è successo prima, lo stupro feroce, o succederà dopo, la partenza di Pinocchio con la Banda. Un grande, altissimo momento di teatro: orfico, magico. Una forma di provocazione che, attingendo a un mito dei nostri tempi, cerca di colpire, incidere, l’animo dello spettatore, perturbandolo, commuovendolo, purificandolo.

Non ha bisogno, e infatti non usa, mezzi abituali: le parole, il senso, la storia. Il linguaggio composito, archetipico, misterioso, funziona infatti benissimo per evocare un rito eterno, come funziona il movimento articolato, danza di gruppo, nella scatola nera e buia del palco, talvolta violento, irregolare e invasivo, come le convulsioni che inscenano la violenza, talvolta un vertice di poetica dolcezza (il balletto delle tre madri per collocare il cuscino di raso sotto la testa in caduta libera di Arturo pervaso dalla sua irrefrenabile  inquietudine).

Avanguardia e tradizione

Un’estetica che ha antiche radici, che si lega a una stagione di avanguardia rinnovatrice e insieme a una lunga tradizione teatrale che non ha mai smesso di essere intensa dai primi drammi inscenati nel teatro di Dioniso, che annoveravano, come qui, una famiglia chiusa come un pugno, un eroe irregolare e silenzioso, un esito che spinge le nostre attese oltre, sempre più oltre.

Misericordia è con ogni evidenza il portato sublime di una lunga riflessione sulla tragedia e sulla fiaba, ma anche un magnifico esito di ripulitura, un teatro ‘per forza di levare’ che fa a meno di tutto, della storia, della parola, della comunicazione verbale, ma non del corpo vivo dell’artista, del rumore del suo esserci e del suo verbalizzare, del rito che non conosciamo ma che ci trasporta via, veloce, in lontani paesi.

Il volo impossibile

La sequenza nella quale, vestitosi in autonomia da ‘bambino vero’, Arturo/Pinocchio viene trascinato dai suoi stessi piedi invasati di danza e movimento in una vertiginosa spirale a balzi incredibili sul palco, un’ultima prova di volo in uno spettacolo che ha per tema sotterraneo la voglia, e l’impossibilità di volare,  è davvero il correlativo oggettivo dello spettatore attirato per osmosi in questa galoppata stellare, e per dove? Per dove non sappiamo. Dobbiamo passare dove non sappiamo. La ‘misericordia’ di questa scelta è un colpo al cuore. L’amara dolcezza di uno spettacolo come questo fa balzare tutti  in piedi, in una standing ovation di interminabile lunghezza, catarsi diversa ma incredibile del cuore e delle viscere.

MISERICORDIA

scritto e diretto da EMMA DANTE
luci Cristian Zucaro
Interpreti Italia Carroccio, Manuela Lo Sicco, Leonarda Saffi, Simone Zambelli 
Coproduzione Piccolo Teatro di Milano/ Teatro d’Europa, Atto Unico/ Compagnia Sud Costa Occidentale, Teatro Biondo Palermo

Teatro Metastasio di Prato
5 giugno 2021

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