MIO NONNO è MORTO IN GUERRA @ Teatro Verdi. Cristicchi e ORT per la Liberazione

Dal 2004 la Regione e l’Orchestra Regionale della Toscana offrono alla cittadinanza l’occasione di vivere attraverso l’arte il giorno della Liberazione, appuntamento immancabile al Teatro Verdi di Firenze ogni 25 aprile: oggi ancora più significativo in un’epoca che vorrebbe relegare questa Festa Nazionale base della nostra Democrazia in un fazioso cassetto dimenticato. Per resistere a questa stupida e gretta tendenza, colpevolmente avvallata dalle più alte cariche dello Stato, Simone Cristicchi e l’ORT diretta da Valter Sivilotti ci emozionano con la memoria, valore assoluto e indispensabile per costruire il futuro.

“Siamo esseri fatti di memoria, siamo stratificati da tutte le persone e gli eventi venuti prima di noi” la voce del cantastorie, incorniciata nella musica dell’orchestra, ci conduce attraverso un racconto fatto di persone comuni, eroi umili, che appartengono alla storia di tutti, grazie al sacrificio dei quali oggi possiamo vivere in uno Stato libero. Mio nonno è morto in guerra non è solo uno spettacolo, ma un inno alla Resistenza, quando il nostro Paese ci ha chiamati ad essere partigiani. Ci ammoniva Antonio Gramsci ad essere parte di qualcosa di più grande e collettivo: “Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura (…) Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”
La sala piena in piedi saluta sulle note dell’inno nazionale quei cittadini che hanno creduto che Patria non fosse solo una una parola per arringare il popolo da un balcone. La memoria è un vecchio amico che ci accompagna, travolto dal grande uragano della storia che è stata la guerra, l’orrore attraverso le voci di chi l’ha vissuto sulla propria pelle: il primo dei personaggi che l’artista ci presenta è il nonno Rinaldo, da cui il titolo, un vecchio magro che ha sempre freddo, accostato al termosifone a scaldare quella parte di sé che è rimasta sotto la neve della steppa. In più di un passaggio ci ricorda le parole sfogliate sui libri di Rigoni Stern gridate afone dall’irreale panorama bianco.

Lo spettacolo è la messa in scena dei monologhi di alcuni dei personaggi presenti nel suo omonimo libro, raccolta di quasi sessanta testimonianze. Un lavoro di ascolto in giro per l’Italia di tanti reduci, partigiani e civili sopravvissuti alla guerra, la maggior parte ultra ottantenni intervistati in ospizi e case di riposo. La struttura narrativa è semplice, e in questa linearità sta la capacità comunicativa: al termine di ogni racconto, segue una canzone, che culla le parole precedenti con le note, che sia un coro degli Alpini o le parole di Boris Vian del Disertore o De Gregori con La Storia siamo noi. La musica si alterna alle storie, narrate con le voci dei protagonisti che con piccole modulazioni Cristicchi rende sulla scena, poesie ritmate spesso in rima. Ogni passaggio appare coerente a comporre un mosaico delle vite e delle voci dei protagonisti: il partigiano diciotenne delle borgate romane tra Tor Pignattara e Quadraro, le donne staffette, la madre russa colpita dai cecchini, o i ragazzini che giocano a calcio con una palla che non rimbalza nei quartieri bombardati. Fino alle storie degli italiani esuli dall’Istria, quest’ultime tratte da Magazzino 18, spettacolo non poco contestato.

Nelle canzoni, come anche la sua ultima Abbi Cura di me, Simone Cristicchi ha la capacità di toccare note emotive con l’incedere parlato della sua musica, racconto sonoro, ritmo di sentimenti. Commuove con la sua voce pacata, calma, lenta, vellutata, mai sopra le righe; non sembra neanche recitare, pur interpretando personaggi diversi, donne e uomini, ragazzi, giovani e vecchi, tanto il suo racconto sfila scorrevole. Rinaldo, Carmela, Attilio, Juliana, Rudi si propongono al pubblico con discrezione e gentilezza, come se avessero pudore delle proprie gesta: resistere al freddo, alla tortura, o anche solo ricevere le piastrine del fratello alpino disperso nella campagna di Russia, surrogato metallico di un corpo mai pianto. Teatro canzone e teatro narrazione puri, niente costumi, scenografie o luci: sul palco il cantautore con un microfono e alle sue spalle l’orchestra che lo accompagna nelle canzoni e nelle storie, in arrangiamenti tutti originali del Direttore Valter Sivilotti nati per l’occasione e interpretati magistralmente dall’ORT. L’orchestra non è infatti nuova a queste commistioni tra arti: dalla classica, al pop, al teatro. La potenza della parola e della musica è tutto ciò che serve in questa occasione, che non è ricorrenza.

“Credo che non siano le grandi rivoluzioni o le ideologie, ma i piccoli gesti a cambiare il mondo, perché niente è più grande delle piccole cose” recita un suo Credo laico Cristicchi, comunicandoci la sua sincera vicinanza emotiva a chi sta lentamente scomparendo, e l’impegno nella custodia della memoria di quella flebile voce che rischia di restare soffocata dall’assordante rumore della propaganda elettorale odierna. “Mio nonno muore ogni volta che qualcuno senza vergogna sputa sulla nostra Costituzione”. Vengono i brividi ad ascoltare le lotte partigiane antifasciste proposte senza retorica dall’artista: che ne abbiamo fatto del sacrificio e della libertà conquistata a caro prezzo? La storia nelle scuole dovrebbe essere studiata anche attraverso le memorie di chi l’ha vissuta per le generazioni future, come faceva il partigiano Pillo, Silvano Sarti da poco scomparso.
Cosa significa essere antifascisti oggi? Essere capaci di fratellanza, solidarietà e giustizia, difendere la democrazia, seppure imbottiti di esaltazione del disimpegno, di elogio dell’arroganza del più forte. Quei giovani di allora venivano da un ventennio di mistificazione della realtà, ma hanno avuto il coraggio di scegliere, di lottare per la libertà di cui usufruiamo tutti. Se il fascismo è espressione di un vuoto culturale, come il neofascismo e il populismo dei nostri giorni, allora per fare almeno la nostra parte di piccoli partigiani, ci impegniamo nel costante lavoro quotidiano di promuovere la cultura e l’arte come forme con cui l’uomo può provare a salvarsi dalla barbarie.

“Dietro a ogni articolo di questa costituzione, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta.” da Discorso sulla Costituzione di Piero Calamandrei, Milano 26 gennaio 1955

Info:
MIO NONNO È MORTO IN GUERRA
di e con Simone Cristicchi
Orchestra della Toscana

direttore Valter Sivilotti
Corvino Produzioni

Teatro Verdi, Firenze
25 aprile 2019

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