Al Teatro Brancaccino fino all'11 febbraio, Carlo Vanoni ci ha narrato Michelangelo come uomo pratico e in cerca di riscatto sociale, mantenendo intatto il suo genio.
Al lato del palco un grande pupazzo di neve, su uno sfondo nero e semplice; una sedia e un secchio dall’altro lato sono affiancati da una scintillante chitarra elettrica poggiata sul suo supporto. Quando inizia lo spettacolo si capisce che la parete di sfondo è in realtà un telo semi-trasparente che farà anche da telo per le videoproiezioni, dietro il quale l’attore Carlo Vanoni, di schiena, fa gioco di gambe e sferza pugni con i guantoni da pugile. È il “suo” Michelangelo. Lo immagina come una star di oggi, un atleta sulla cresta dell’onda che deve lottare sul ring della vita, per lavorare, per accettare i compromessi e per avere il riscatto che cerca. Infatti subito dopo questa prima scena Vanoni ne comincia a descrivere la vita, gli aneddoti, le fragilità, ora con un racconto, ora con un’immagine o un video proiettata sullo sfondo, ora evocandone l’atmosfera emozionale con delle musiche disparate, da Wagner ai Led Zeppelin ad alcune originali di Alex Carlà. Ne viene fuori l’interessante racconto di un Michelangelo uomo, che si impone per essere pagato bene, che fa gli interessi suoi e quelli della sua famiglia lottando contro il potere dell’epoca, e che in tarda età vive un’importante storia d’amore con un ragazzo molto più giovane di lui.
Carlo Vanoni rapisce gli spettatori con la sua passione smisurata per l’Arte e la sua solerzia nel voler rendere il racconto una drammaturgia teatrale. Si percepisce questo amore straordinario nella veemenza con cui lo recita e lo scandisce con le note penetranti della sua chitarra; ma, forse, il format che lui impiega nei suoi lavori, (come quello già utilizzato nell’opera teatrale “L’arte è una caramella”), si assapora meglio se predisposti ad una lezione di Storia dell’Arte piuttosto che ad una rappresentazione teatrale serale, perché il lungo monologo, anche se molto interessante, risulta arduo da seguire senza l’appassionata alternanza delle impostazioni recitative tipiche del teatro vero e proprio, che sono fondamentali per trasmettere il succedersi degli stati d’animo del personaggio e necessarie al pubblico per immergersi nella storia e farla veramente propria.
La regia di Gian Marco Montesano alterna momenti interessanti con immagini e video che illustrano i capolavori di Michelangelo, nonché interventi sporadici di un musicista o di un attore che in un momento della narrazione performa un azione quasi di danza a torso nudo, per il tiraggio di una fune, ricordando, con le sue movenze e nudità le sculture articolate e possenti dell’artista rinascimentale.
Unico neo di tutta la messa in scena proprio il pupazzo di neve, troppo sintetico e paffuto per onorare il poetico aneddoto narrato da Vanoni sul finale della rappresentazione, che lo vuole simbolo della geniale capacità artistica del Buonarroti. O forse questo contrasto di bellezze artistiche ha uno specifico significato metaforico, che comunque non è immediatamente chiaro, né facilmente comprensibile.
Info:
8 – 11 febbraio 2018
dal giovedì al sabato ore 20.00; domenica ore 18.45
nell’ambito di Spazio del Racconto
rassegna di drammaturgia contemporanea 2017/2018 – III edizione
Florian Metateatro – Centro di produzione teatrale
MICHELANGELO E IL PUPAZZO DI NEVE
di e con Carlo Vanoni
regia Gian Marco Montesano
collaborazione artistica e cura Giulia Basel
assistente in scena Edoardo De Piccoli
musiche originali Alex Carlà
trombone Lorenzo Passerini
voci fuori campo Giulia Basel, Umberto Marchesani, Massimo Vellaccio, Alessio Tessitore
video mapping Stefano Di Buduo
elementi scenografici Elisabetta Gabbioneta
luci Renato Barattucci
foto di scena Federica Palmarin
produzione Florian Metateatro Centro di Produzione Teatrale – Pescara
residenza Festival Quartieri dell’Arte Vitorchiano- Viterbo