Quando Pier Paolo Pasolini aveva fatto interpretare a sua madre la Madonna disperata ai piedi della Croce ne Il Vangelo secondo Matteo (forse il più bel film dedicato a Gesù Cristo, certamente quello più profondamente cristiano), certamente non pensava che dopo pochi anni sua madre avrebbe rivissuto quella scena piangendo la morte straziante di quel “Cristo comunista”, come in uno dei più commoventi brani di Ma la madre definisce il figlio cui aveva donato la vita e soprattutto il gusto alla Cultura (fatto non frequente in ogni livello sociale).
In scena fino al 10 novembre al Piccolo TeatroMelato di Milano, Ma (che ha esordito nel 2015 con notevole successo al Festival delle Colline Torinesi) è un piccolo grande capolavoro dovuto alla drammaturgia di Linda Dalisi e alla regia di Antonio Latella che fornisce un saggio notevole delle sue capacità giocando con le luci, le tonalità della voce e la gestualità della splendida Candida Nieri (recente vincitrice del Premio Duse Social 2015 e del Premio Adelaide Ristori 2016) che si trasfigura, emoziona e coinvolge nel ruolo di Susanna Colussi (la madre dell’artista), simbolo di tutte le madri.
La figura materna è molto spesso presente nelle opere di Pasolini, quasi che questo straordinario uomo di cultura voglia pagare un debito di gratitudine alla sua e rimarcare un cordone ombelicale mai rescisso. L’amore di Pasolini verso la madre fu totale, tale da bloccarlo a livello psicologico e rendergli impossibile amare una qualsiasi donna: amava già, infatti, la Donna sublimata a Madonna (conseguente il farla interpretata alla madre nel Vangelo).
Linda Dalisi realizza un testo denso e affascinante identificando nella madre dello scrittore tutte le madri protagoniste palesi o nascoste della sua opera, dalle poesie ai romanzi ai film: ecco quindi frammenti, oltre che dal già ricordato Vangelo da Mamma Roma, Accattone, Ragazzi di vita, Teorema… e da Medea l’opera forse più esplicitamente dedicata all’amore materno anche nei suoi aspetti più oscuri e tragici. A questo film può essere data anche una lettura sommessamente autobiografica in cui il poeta quasi incolpa la madre-Medea di un amore possessivo e di avergli assegnato un destino di vittima di una società e di una cultura che hanno spesso isolato un uomo che era un ‘diverso’ non tanto perché gay, ma perché osava in nome di una coerenza e onestà intellettuali – in lui inculcate dalla madre che lo aveva avviato e accompagnato nella fuga dalla banalità quotidiana – parlare a viso aperto contro il Potere (da lui definito il Palazzo in cui alloggiavano tutti maggioranza e opposizione) e contro i ‘luoghi comuni’ come nel sessantotto quando difese i poliziotti (figli del popolo) contro i contestatori (figli di papà).
Latella intitola la pièce Ma, sillaba iniziale della prima parola pronunciata dai bambini e simbolo del rapporto particolare che lega in modo ancestrale il figlio alla madre. Un ma che inevitabilmente negli anni diviene anche dubbio come testimoniano gli splendidi versi della Supplica da Pasolini dedicata alla madre e in particolare il drammatico verso “è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia” rivelatore di come il poeta si renda conto che il profondo legame con la madre (apportatrice di grazia) sia allo stesso tempo all’origine dei suoi limiti esistenziali (le angosce).
Memorabile interprete di Ma è Candida Nieri (diplomata alla Scuola del Piccolo Teatro nel 1999, ultima generazione degli allievi di Strehler) che sola nella scena spoglia, seduta su uno sgabello o in posizione eretta, ma sempre con i piedi infilati in due gigantesche scarpe nere – le calzature di un gigante a simboleggiare la dimensione intellettuale e le intuizioni di Pasolini, la sua determinazione a non cedere a condizionamenti e la sua ‘pietas verso gli ultimi’ che lo rendeva molto più cristiano di tanti ufficialmente cristiani – compie un percorso emotivo nell’anima come di rado succede vedere su un palcoscenico.
Uno spettacolo essenziale, affascinante e indimenticabile.