Prendiamo uno spettatore curioso di novità, attirato dal titolo “Madame cyclette” – ripreso al Teatro Libero fino al 30 maggio 2016 – e completamente all’oscuro dell’argomento, uno qualunque che passando in Via Savona il 27 maggio 2016 verso le 21 e vedendo un gruppo di giovani in fila davanti alla biglietteria sia punto da vaghezza di conoscere cosa attira oggi un pubblico sotto i 35 anni e ipotizziamo che costui riesca a raggiungere l’agognato biglietto ed entri in sala.
Ecco cosa può succedere a chi abbia compiuto tale “salto nel buio” accedendo in teatro senza sapere nulla dello spettacolo come spesso è divertente e intrigante fare: lo accoglie una simpatica immagine di sfondo con una bimba e un delizioso cagnolino che si animeranno in un video su un momento esistenziale di questa piccola, estroversa e risoluta esploratrice del mondo circostante.
Sul palco inizia una sorta di sfida (tra il reality e una gara a premi televisiva) fra tre concorrenti femminili – ciascuna con il proprio vissuto fatto anche di complessi che riemergono in scena – che si picchiettano il viso. Ci vorrà parecchio tempo per capire qual è il premio offerto che dà l’incredibile possibilità di rivivere la propria vita dal compimento del diciottesimo anno… per poi finire in un assurdo à rebours che riporterà la vincitrice alla vita fetale.
Un procedere franto con spunti a volte divertenti e interessanti determina risatine nel pubblico di giovani divertito anche dalle poche parolacce che arricchiscono un linguaggio quotidiano povero e stringato ben esemplificato da tutto lo spettacolo che d’altra parte offre uno spaccato di un oggi realistico e volutamente esasperato fino al paradosso, anche se sorge il dubbio che sia più reale di quanto non sembri.
Non risulta ben chiaro l’intento, dichiarato nelle note dello spettacolo, di descrivere l’odierno esasperato pavor di fronte alle rughe provocate dal tempo che scorre verso la vecchiaia, timore atavico (si pensi ai vari elisir di giovinezza…) che oggi raggiunge picchi parossistici anche in virtù di una propaganda contro “i vecchi da rottamare” in quanto detengono il potere. Questo è vero oggi come ieri e domani: chi anche nelle democrazie riesce in qualsiasi modo ad accaparrarsi un potere non lo lascia ed esempi lampanti “rilucono” in ogni dove senza che venga bloccata l’età di chi lo detiene: oggi pare, infatti, di vedere alcune rughe segnare il giovane viso di chi particolarmente esperto in ‘sgambetti ginnici’ si è reso famoso promuovendo il suddetto principio che non considera la senilità una ricchezza da utilizzare.
Certo, oggi, infiniti sono i tentativi di conservare giovane l’immagine del viso e del corpo… per esempio attraverso creme, cremine, massaggi, applicazioni, operazioni di chirurgia plastica che alterano a volte in modo orrendamente grottesco l’immagine…
Pare, invece, di cogliere nello spettacolo più una satira contro il potere esercitato dalla televisione, scandaloso non per colpa della stessa, ma dei fruitori che impoveriti da una sottocultura – quanti i titoli di studio vuoti grazie al permissivismo comprensivo e amorevole di famiglie, scuola e società – risultano meno preparati degli analfabeti del passato lasciando un potere abbagliante nelle mani di chi cerca la quantità dell’audience al di là di qualità e contenuti, senza contare Internet che se da una parte dà a tutti la possibilità di intervenire, dall’altra accoglie le infinite sfaccettature del bene e del male rendendole facilmente fruibili a un pubblico scarsamente critico che spesso incapace di guardare dentro di sé si accontenta di imitare gli altri.
Forse la risposta per lo spettatore curioso è che la pièce, costituita da frammenti giustapposti, usi lo stesso linguaggio spezzato e franto dell’attuale comunicazione tra giovani fatta di Sms, post su Facebook, Twitter o altri social di nuova generazione: ecco il perché della fila…
Bravo il duttile Andrea Tibaldi calato in parecchi ruoli di cui riesce a dare in modo convincente interpretazioni ben sfumate e persuasivo Matteo Barbè nel ruolo di un presentatore moderno e spigliato, ma come spesso accade vuoto.