Il 24 e il 25 giugno al teatro Politeama di Napoli, il Macbeth di Brett Bailey al Napoli TeatroFestivalItalia 2016 rivisita l'opera di Verdi con un allestimento ironico, crudo e dissacratorio.
Lo spettacolo è una rivisitazione contemporanea e sorprendente dell’ opera di Verdi che stupisce lo spettatore e ne cattura l’attenzione sin da subito. Il compositore belga Fabrizio Cassol opera un vivace arrangiamento musicale colorando il Macbeth verdiano di sonorità africane e lo riadatta per 10 cantanti d’opera ,tutti sud africani, e un ensemble da camera di 12 musicisti: la No Borders Orchestra, diretti da un competente Premil Petrovic.
Bailey colloca il Macbeth nel contesto dei conflitti che interessano la Repubblica Democratica del Congo e tutto inizia quando viene ritrovato un baule: un gruppo di rifugiati trova a Goma, alcuni spartiti musicali, oggetti di scena e costumi di una compagnia teatrale che durante il periodo coloniale mise in scena il Macbeth di Giuseppe Verdi. Settantacinque anni dopo decidono di allestire l’opera e raccontare la storia della guerra civile che per vent’anni ha devastato il paese. Il risultato è sorprendente, cento minuti di forte impatto visivo ed emotivo durante il quale il regista gioca con i personaggi del Macbeth appropriandosene a modo suo, raccontando così una storia attuale senza perdere di vista l’opera di Verdi.
Il regista riesce in modo efficace a scardinare il linguaggio tipico dell’opera in tutti i suoi elementi operando un abbassamento del codice stilistico dell’opera lirica. Basti pensare ai sottotitoli scritti da Bailey stesso e proiettati su due schermi laterali: l’opera è cantata in italiano ma la traduzione è decisamente azzardata e dissacratoria, ad esempio Macduff diventa “figlio di puttana” e Ciethe opera is sung in the original Italian, but Bailey's translations are often more a gloss than a rendering of Piave's libretto into contemporary speecl' è tradotto “Fuck off”. Altro esempio di quanto si sta sostenendo,quando Lady Macbeth intona la celebre aria “Si Colmi il calice”. La rivisitazione è tutta contemporanea e lontana dall’eleganza tipica dell’opera lirica italiana tradizionale: Lady Macbeth si cimenta in un balletto stile pop e grazie a smorfie ammiccanti e movenze sexy, strappa risate e ilarità. Questo stile aiuta a coinvolgere anche un pubblico meno esperto di lirica.
La scena è molto interessante, sulla destra l’orchestra, a sinistra il coro e al centro una pedana fatta di lamiere su cui avvengono la maggior parte delle azioni dei protagonisti, che ricorda sia le baracche dei campi dei rifugiati ma che inevitabilmente rievoca anche i barconi in viaggio verso l’ Europa di cui la cronaca ci aggiorna costantemente. Infatti sul proscenio sparpagliati dei vestiti, delle scarpe e oggetti personali di vario tipo che sembrerebbero rievocare le vittime del Mar Mediterraneo (verso il finale si scoprirà poi che sono i corpi delle popolazioni massacrate nei villaggi congolesi ma a quel punto poco importa di quali vittime si trattino, sono vittime della stessa logica imperialista). La storia che Bailey racconta è una storia che come egli stesso afferma, riguarda: “lo sfruttamento delle risorse del paese in via di sviluppo da parte delle multinazionali”; “l’oro congolese”, però, riguarda tutti noi e le nostre abitudini e la messa in scena è tutta volta a ricordarcelo. Così le tre streghe diventano tre uomini in giacca e cravatta con un caschetto bianco da cantiere e dai movimenti meccanici e grotteschi: sono le multinazionali che hanno finanziato guerre civili e schiavizzato popolazioni locali per appropriarsi delle risorse minerarie del Congo, i “minerali insanguinati” che vengono usati per fabbricare cellulari tablet e pc e di cui purtroppo i media occidentali parlano poco. Servendosi di uno schermo posto al centro e adiacente alla pedana, Bailey esplicita l’entità dei massacri, il numero di schiavi nelle miniere di rifugiati, le date del conflitto ecc. Sullo schermo a dire la verità si alternano fatti di cronaca, di cui per lo più non siamo a conoscenza, con immagini e animazioni a cura di Roger Williams. Nelle scene più grottesche e più sarcastiche prevalgono immagini di monete d’oro, banconote e una miriade di cellulari e tablet (vero e proprio leitmotiv dell’allestimento), mentre nelle scene più cupe le immagini che scorrono sono fortemente drammatiche e coinvolgono emotivamente lo spettatore: villaggi distrutti, minori sfruttati nelle miniere e scenari sangunari.
Si passa da atmosfere frizzanti ed intense a momenti di estrema cupezza, usando in maniera consapevole e sapientemente tutti gli elementi scenici a disposizione, anche le luci che non sono tutt’altro che secondarie alla messa in scena. In certi momenti coloratissime ed accese in altri scomparendo quasi totalmente e lasciando l’illuminazione a due fari posti sulla pedana direzionata verso gli intensi volti dei cantanti – attori.
Macbeth interpretato da Owen Metsling, è uno spietato signore della guerra congolese, affiancato dall’ancor più spietata e ambiziosa moglie che lo incita ad atti atroci: lady Macbeth, una first Lady dei nostri giorni che, come nell’opera di Verdi, è il personaggio chiave della messa in scena. Bailey ha a disposizione tre straordinari cantanti attori solisti: Nobulumko Mngxekeza nei panni di Lady Macbeth, il già citato Owen Metsileng e Otto Maidi nel ruolo un po’ secondario di Banquo. Il plauso maggiore però va a Nobulumko Mngxekeza, potente per la sua presenza scenica e per la sua intensità e in grado di calibrare in maniera organica il canto ai movimenti scenici. Notevole la sua reinterpretazione molto poco tradizionale di la “luce langue”: indossando degli stivaletti rossi, con un microfono gelato (rigorosamente finto) illuminata da una “palla da discoteca”, conquista il pubblico napoletano.
Alla fine dello spettacolo il pubblico ha accolto la compagnia e i musicisti con forte entusiasmo. Due sono per me i meriti di questo lavoro.
In primo luogo aver rivisitato in chiave del tutto originale un classico, avvicinandolo ad un pubblico contemporaneo e non necessariamente esperto di opera lirica.
Inoltre Bailey mette al centro del suo lavoro l’esigenza di voler raccontare una storia vera che parla di crimini di guerra in cui noi siamo complici passivi. Quindi “bombarda” il pubblico di stimoli e riempie la scena fino all’inverosimile. C’è la musica, il canto ben sostenuto dalla corporeità degli attori, ci sono le luci che riempiono per eccesso le scene. I video, le immagini, le notizie e i sottotitoli sugli schermi potrebbero apparire di troppo e di disturbo in un contesto del genere. Ma è fatto con consapevolezza, l’intento non è quello di mostrarci un’ennesima rappresentazione del Macbeth ma di raccontare una storia atroce dei giorni nostri, che riguarda tutti noi.
IDEAZIONE E REGIA/CREATED AND DIRECTED BY BRETT BAILEY
MUSICHE/MUSIC FABRIZIO CASSOL
DAL/FROM MACBETH DI/BY GIUSEPPE VERDI
DIREZIONE MUSICALE/DIRECTOR PREMIL PETROVIC
CON DIECI/WITH TEN CANTANTI D’OPERA SUDAFRICANI
E LA/AND THE NO BORDERS ORCHESTRA
COREOGRAFIE/CHOREOGRAPHY NATHALIE FISHER
LUCI/LIGHT DESIGN FELICE ROSS
PRODUZIONE/PRODUCTION THIRD WORLD BUNFIGHT
IN COPRODUZIONE CON/IN CO-PRODUCTION WITH KUNSTENFESTIVALDESARTS, KVS, THEATERFORMEN (BRAUNSCHWEIG), THE BARBICAN (LONDON), WIENER FESTWOCHEN, LA FERME DU BUISSON/FESTIVAL D’AUTOMNE À PARIS
CON IL SOSTEGNO DI/WITH THE SUPPORT OF PROGRAMMA “CULTURE” DELL’UNIONE EUROPEA [EU CULTURAL FUND]
date/dates 24 giugno/june h 21.00
25 giugno/june h 19.00
luogo/venue teatro politeama
durata/running time 1h 40min
lingua/language inglese con sottotitoli in italiano/english with subtitles in italian
paese/country sudafrica/south africa
E se Shakespeare fosse andato in Africa e avesse scritto lì il Macbeth? Ne sarebbe emersa un’opera contemporanea, cupa e colorata al tempo stesso. A Goma, una città situata nell’est della Repubblica Democratica del Congo, nella regione dei grandi laghi, un gruppo di rifugiati ritrova, all’interno di un baule, i costumi e gli accessori abbandonati da una compagnia teatrale che aveva rappresentato il Macbeth di Verdi durante il periodo coloniale. Decidono quindi di allestire questo spettacolo che, in qualche modo, ricorda la loro situazione, quella di un paese colpito dalla guerra civile, dilaniato dalla sete di potere dove tra guerre e violenti conflitti etnici, incursioni di mercanti cinesi, un “signore della guerra” congolese e la sua ambiziosa moglie compiono atroci delitti, nell’ambito della provincia africana che governano. Brett Bailey, regista, drammaturgo e artista sudafricano, insieme al compositore Fabrizio Cassol, realizza una versione esplosiva e colorata del Macbeth. Le storie, le culture e le epoche si confondono per rievocare la violenza della guerra e la follia degli uomini. «Il primo impulso – leggiamo nelle note di Bailey – è stato quello di mescolare l’atmosfera cupa dell’opera di Verdi con i modi e i materiali più tipici della cultura africana, quasi infiltrandoli e modificandoli. Seguendo i fili dell’immaginazione ho pensato l’opera come scaturita da un monolite architettonico del XIX secolo, simile a una cattedrale di epoca coloniale, sperduta nelle radure dell’Africa centrale. Un simbolo che ricordi quell’epoca passata, ora, con le pareti sgretolate, coperte di fori di proiettili e di graffiti, minacciata dal peso del tempo e delle violenze commesse in quei luoghi, dal potere rapace dei colonialisti europei. Sono ben consapevole della catastrofe che si è perpetrata negli anni nel Congo Orientale: è una storia complessa che pochi, fuori da quelli regioni, conoscono. Anche per questo motivo ho immaginato che i personaggi – attori
ifugiati dello spettacolo provenissero proprio da quella zona del Congo.
What if Shakespeare had gone to Africa and had written Macbeth there? Yes, it would still be a sombre yet colourful and a truly contemporary work.
In the city of Goma, in the east of the Democratic Republic of Congo, a group of refugees find a chest full of costumes and props abandoned by a theatrical troupe who had staged Verdi’s version of Macbeth in the colonial period. They also decide to put on a performance which in some way recalls their situation, in that country ravaged by civil war, and torn apart by a thirst for power. The director, playwright and South African artiste Brett Bailey together with the composer Fabrizio Cassol has put together an explosive, highly-coloured and contemporary version of Macbeth. The stories, cultures and the different eras are mixed together in an evocation of the violence of war and the folly of mankind.