L’UOMO, LA BESTIA E LA VIRTU’ @ Teatro Brancaccino: quando la bocca atteggiata a sorriso diventa derisione

Frizzante e brillantemente nevrotica la pièce pirandelliana “L’UOMO, LA BESTIA E LA VIRTÙ” nella rivisitazione di Giancarlo Nicoletti resta in scena fino al 17 febbraio al piccolo Teatro Brancaccino con un grande successo di pubblico, ampiamente meritato.
Merito senz’altro da un ricco cast di attori noti (su tutti Colangeli) tutti buoni interpreti già testati dallo stesso Nicoletti, e soprattutto della più concentrata mano registica che abbiamo visto crescere negli anni: dalla rilettura psicologica degli istinti meditabondi cecoviani di KENSINGHTON GARDEN, all’esibizione prospettica delle provocazioni sessuali e rivoluzionarie di Griffi nel PERSONE NATURALI E STRAFOTTENTI, fino a questa attenta rinfrescata del farsesco con L’UOMO, LA BESTIA E LA VIRTU’ pirandelliano.

Il classico pirandelliano, diviso qui in due atti piuttosto lunghi (erano tre nelle precedenti trasposizoni) – meno concettoso e più divertente rispetto ai testi del Pirandello scolastico – viene riletto in una chiave ironica e altrettanto amara, come lo è del resto la critica pirandelliana tutta a quel perbenismo di facciata che permeava la classe borghese bigotta del primo ‘900 (e per trasposizione anche la nostra società dell’immagine). Anche la trama originale viene rispettata: un Professore (l’ottimo Colangeli) -“l’UOMO” del titolo- vede messa in pericolo la propria reputazione dall’annuncio della gravidanza della signora Perella “la VIRTÙ” (una credibile Valentina Perrella, incredibilmente dimessa e in ombra), con la quale intrattiene una relazione, nonostante questa sia infelicemente maritata ad un uomo di mare, “la BESTIA” (un Gili piacevolmente sopra le righe, a volte troppo) che non si cura più sessualmente di lei, preferendole un’altra donna. Per salvare le apparenze, il Professore cercherà far riavvicinare i due coniugi attraverso l'aiuto di un afrodisiaco, così che consumino un rapporto che giustifichi poi il nuovo arrivo.

La scenografia, curata dalla produzione (targata Altra Scena e I Due della città del Sole)  rispetta l’immaginario pirandelliano fatto di studi polverosi di stimati professionisti o di ampi rispettabili soggiorni pieni di segreti di cui parlare a porte chiuse, in presenza di altri; l’abbigliamento degli interpreti, le modalità espressive, i ruoli sociali sono quelli imposti da una struttura patriarcale e rigida fatta di precettori, servi, parassiti e amici compiacenti.
Nicoletti sfiora, senza dimenticarle, le riflessioni pirandelliane tutt’altro che sottese, sul tema della maschera sociale e dell’importanza dell’immagine che trasmettiamo agli altri, mantenendo però sostenuti i ritmi della farsa, con attenzione, al tempo stesso, a non farla scadere in commedia degli equivoci. Notiamo, rispetto a lavori precedenti, uno sfoltimento delle battute e una maggiore vivacità in scena che aiuta a superare agevolmente le due ore di spettacolo.

Nicoletti che come Pirandello è siciliano, conosce bene il valore dissacrante delle opere del grande gigante del Novecento, il loro impatto sociale ed i significati che esse conservano. Sa come i testi siano pervasi da un’indole spietata di denuncia trattenuta nelle righe, nei fatti ma non nelle intenzioni. Per rendere questa tensione sottesa sfrutta espedienti vincenti: i suoi attori sono chiamati ad un gran scotimento di spalle, un vibrante sbattere di pugni, lanci furiosi di piatti e cibo sui deschi, un distendersi plastico e nervoso sui tavoli, uno strusciare di sedie sui pavimenti, un rigido aprirsi di gambe della vecchia serva per raggiungere le briciole di disonestà nascoste sotto quei tavoli lordi di nefandezze altrui.

Sono questi espedienti che rendono la pièce apprezzabile, moderna, accessibile, vagamente richiamante espedienti cinematografici di successo (gli perdoniamo il fuori luogo riferimento a “Tutti pazzi per Mary”) ma soprattutto, lo spettacolo si pregia di interpreti piuttosto centrati: spicca ovviamente la colonna Colangeli, attore di esperienza che da solo riempie la scena, domina gli angoli, quasi dirige i suoi compagni di scena. Giganteggia sul farmacista (un Giova sornione e indolente) che lo aiuta malvolentieri; abbraccia e trucca fraternamente una Perrella in lacrime, guarda con sospetto la serva impicciona (una Todaro preziosa per il ritmo della piéce) e contrasta fisicamente un Gili (bullo e scostante). Menzione speciale al piccolo Francesco, piccolo d’età ma non povero di interpretazione fisica.
Vedere Colangeli improvvisare un passo da sfilata di moda insieme alla signora Perella (una Valentina Perrella a tratti compressa tra Gili e Colangeli) è indice di una cifra stilistica che abbatte le barriere temporali e rende fruibile la comicità pirandelliana al di là dei tempi e delle distanze stilistiche, cercando di scrostare la patina del tempo che ci separa da quel mondo.

Da segnalare fra i comprimari anche l’ottima Cristina Todaro nei ruoli di due domestiche, quella dell’UOMO e della BESTIA: si conferma un’ottima caratterista (come già constatato in TORRE ELETTRA) seppure si trovi in ruoli potenzialmente simili; gioca con astuzia il ruolo della serva impicciona e poi della fantesca anziana e rude con incredibile efficacia e dedizione, convincendo il pubblico ad ogni ingresso, pur non avendo un ruolo centrale, grazie alla buona sequenze di battute e ammiccamenti arrabbiati che il regista le ha cucito addosso.

Una certa indolenza vediamo invece in un Giova nei panni del farmacista, decisamente contrito in sé stesso e apparentemente assopito nel ruolo che però, d’un colpo supera il confronto con Colangeli, mantenendo voce ferma e soprattutto quella “Bocca atteggiata a Sorriso” che diventa poi risata sfregiante nella quale si ripone il senso unico della novella, svelato sul finale.

L’inganno, l’artifizio usato per salvare le apparenze ad ogni costo, lascia sulla scena il profilo di un uomo rimasto solo con la sua rispettabilità. E nient’altro. E la risata da ironica si fa amara, perché si scopre in fondo che quei ruoli, l’UOMO, la BESTIA e la VIRTÙ non sono altro che convenzioni a cui piace credere, che ogni personaggio, ognuno di noi può interpretare abilmente, salvo quando le apparenze cadono. E la risata diventa allora amara.

Info:
Altra Scena & I Due della Città del Sole
presentano
Giorgio Colangeli
ne
L’uomo, la bestia e la virtù di Luigi Pirandello
con Filippo Gili – Valentina Perrella
e con Cristina Todaro – Alessandro Giova
Diego Rifici – Alessandro Solombrino
e Francesco Petit-Bon
Regia Giancarlo Nicoletti
Phr.  Luana Belli

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