LUCIANO @ Teatro Arena del Sole, a Le Vie Festival 2017 Manfredini porta in scena una lucida follia

Ideato e realizzato da Danio Manfredini, che ne ha curato la regia, le scene e le maschere, è una produzione La Corte Ospitale nell’ambito della Tredicesima edizione del Le Vie Festival, con con Danio Manfredini, Vincenzo Del Prete, Ivano Bruner, Giuseppe Semeraro, Cristian Conti, Darioush Foroghi.

Danio Manfredini, intensissimo interprete del nostro teatro contemporaneo e vincitore di quattro Premi Ubu, tra i quali un Premio Speciale “per l'insieme dell'opera artistica e pedagogica, condotta con poetica ostinazione e col coraggio della fragilità, senza scindere il piano espressivo dalla trasmissione dell’arte dell’attore”, è il nostro Luciano.
Lucidamente folle, colto e coerente, tutto torna nel racconto di Luciano, che ha la purezza e la poeticità della follia, dall’ospedale psichiatrico, la sua unica casa, viaggia nei ricordi, abitati da manichini cristallizzati che riprendono la vita del suo difficile passato nel suo folle e solitario presente.
Maschere e parrucche trasformano i vari personaggi, i volti degli attori, malleabili come la creta, i tanti volti che Luciano ha incontrato e che abitano ancora la sua mente, appaiono, scompaiono e appaiono di nuovo, come sono soliti fare i fantasmi del passato.

Le scene seguono lo scandire dei luoghi e delle emozioni che lo hanno reso il Luciano di oggi, consapevole e perso al tempo stesso, perso in se stesso, in ciò che è stato, in ciò che è.
Ogni scena, allestita di volta in volta dagli altri attori svanisce come in una dissolvenza incrociata cinematografica, ogni quadro di visione occupa esattamente il suo giusto tempo e si dissolve fluidamente nel tempo del nuovo aneddoto, senza vuoti, senza nessuna inutile attesa; tutto è modellato secondo i suoi pensieri, sublimi e poetici, e questo fa sì che anche la volgarità non sia così volgare, tutto resta pulito nella sua mente.
“Con Luciano riattraverso i temi dell’omosessualità, della follia, della solitudine già trattati In Cinema cielo, come del resto anche nel Sacro segno dei mostri e in Tre studi per una crocifissione, per vedere come sono cambiati i tempi negli ultimi venti anni intorno a tematiche a me care.” ci dice Manfredini.

Questo spettacolo è la naturale reazione di un artista alla solitudine che ci circonda, la scelta di parlare della cruda realtà dell’emarginazione sociale. Paradossalmente Luciano risulta fuori contesto anche nel contesto della marginalità, è un outsider sempre e comunque in quanto del tutto solo, lasciato solo. La sua solitudine in quanto uomo puro e folle è invasa di presenze, voci, musiche del passato, che invadono il presente e ci regalano uno spettacolo brillante e profondo.
A Manfredini il merito di riuscire a trattare temi delicati come la follia, la solitudine, la marginalità e l’omosessualità con ironica delicatezza e rispetto sincero, mai retorico, riuscendo a commuovere senza per forza volerlo fare, senza l’intento di enfatizzare scegliendo la via più facile. In questo modo ci immergiamo insieme a Luciano nella sua vita presente e passata, ci lasciamo trasportare, ridiamo, ridiamo tanto e davvero, poi gli occhi si lucidano mentre le guance ancora ridono, vorremmo che continuasse a parlarci e alla fine dello spettacolo abbiamo l’impressione di aver perso un caro amico.

La realizzazione degli elementi di scena ha impegnato il lavoro di tre persone: Rinaldo Rinaldi, Andrea Muriani e Francesca Paltrinieri; le loro scenografie sono ricche in quantità nella misura in cui sono però tutte necessarie e non si avverte la sensazione di superfluo riempimento dello spazio.

Semplici nello stile ed essenziali al punto giusto, le scene sono strutturate per essere funzionali alla narrazione, per essere assemblate come come le tessere di un mosaico che si trasforma al susseguirsi dei ricordi. I cambi scena sono talmente organici e dinamici che a volte quasi non ci si accorge del loro avvenire: nello spazio e nel suo utilizzo non ci sono esercizi di stile e scelte estetiche palesate, così, anche le luci, curate da Luigi Biondi, sono soltanto quelle essenziali al racconto, si posano sui volti mascherati, sulle visioni, sui luoghi.
Sostenuto da un cast eccellente riviviamo con lui la sua vita in maniera naturalistica e in una dimensione quasi epica allo stesso tempo. I manichini, le persone del passato riprendono vita, il controllo del corpo e le suggestioni spiazzano, ci troviamo in un parco pubblico, a teatro, ci troviamo nei bagni della stazione, ci troviamo ovunque Luciano voglia tornare. È saggio Luciano, un filosofo contemporaneo emarginato, erroneamente inascoltato.
“Se mi chiedono il mio disturbo qual è… L’insicurezza! Non c’è nessuno più insicuro di me…” dice Luciano.

La follia di un uomo, l’insicurezza del folle, l’insicurezza dell’attore, la follia dell’attore. Luciano.
Quanta vita dentro Luciano.

Info:
Luciano
ideazione e regia Danio Manfredini

con Danio Manfredini, Vincenzo Del Prete, Ivano Bruner, Giuseppe Semeraro, Cristian Conti
aiuto regia Vincenzo del Prete
ideazione scene e maschere Danio Manfredini
realizzazione elementi di scena Rinaldo Rinaldi, Andrea Muriani, Francesca Paltrinieri
disegno luci Luigi Biondi
fonico Francesco Forni
produzione La Corte Ospitale
coproduzione Associazione Gli Scarti, Armunia centro di residenze artistiche Castiglioncello – Festival Inequilibrio

un ringraziamento a Paola Ricci, Cristina Pavarotti, Massimo Neri

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