L’ORGASMO DI CRISTO @Teatro Studio Uno, la voce di Reich nel buio del Creato

Interessantissimo e a tratti commovente, Simone Càstano rievoca le teorie del chirurgo e psicoanalista Wilhelm Reich al Teatro Sala Uno in questo primo lavoro-studio “L’ORGASMO DI CRISTO”.
La sua voce emerge dal buio della storia della letteratura psicoanalitica del primo Novecento, e ciò basta a proiettarci nell’orizzonte conoscitivo dello studioso, allievo di Freud e teorico dell’Energia “Orgonica” che gli valsero l’ostracismo della classe scientifica tutta. Reich fu infatti arrestato e rinchiuso in un centro psichiatrico dove morì per “morte accidentale” alcuni giorni prima del suo rilascio.

 

Il monologo passa dalla proposizione di inquietanti e sempre irrisolti nodi filosofici sul senso dell’esistenza alla lettura di alcuni passaggi della Bibbia, funzionali all’esposizione delle teorie sulla castrazione degli istinti, per poi sviscerare una riflessione sulla figura di Cristo, presa ad emblema della prima repressione di un pensiero di vero cambiamento. Càstano da poi voce allo studioso immaginandolo esporre le sue teorie alla Comunità scientifica, quasi seguendo uno stile documentaristico, pienamente affascinante. Il tutto avvolto in luci basse e diffuse, affiancato da un audiovisivo ben studiato, dove linee e punti si incrociano, spesso in dedali geometrici in cui ci si perde (lo ammettiamo!) quasi fossimo all’interno dei reticolati della conoscenza stessa, o che forse richiamano il movimento degli “orgoni” gli elementi costitutivi dell’energia orgonica teorizzata da Reich. Bella sarebbe stata una interazione maggiore con l’audiovisivo, che forse ci avrebbe restituito un’immagine didattica dello studioso, o che avrebbe conferito un’altra dinamicità al testo, che si pregia delle sfumature e della profondità della voce di Càstano.

In questo monologo che Càstano costruisce con voce suadente e insidiosa, come quella del serpente di Adamo ed Eva, ci vengono dunque aperti gli occhi sulle teorie reichiane incentrate sul tema della sessualità e della repressione sessuale perpetuata fin dall’inizio della Storia, e condotta con spietata durezza dalle istituzioni sociali e religiose preoccupate di preservare lo status quo e di controllare il proliferare incontrollato degli istinti (non solo sessuali). Tale repressione, secondo Reich conduceva alla consunzione del corpo e dell’anima stessa: in base alle teorie orgoniche, esempio di pseudoscienza non verificata, l’energia orgonica permeerebbe l’universo, e pertanto, certe forme di malattia (fisica e psichica) avrebbero natura “energetica” e costituirebbero la conseguenza dell'impoverimento o del blocco della stessa energia all’interno del corpo umano. Teoria, questa messa al palo dalla Comunità scientifica, in quanto, dalla ricostruzione fornita, avrebbe contrastato con gli interessi delle corporazioni farmaceutiche, interessate alla proliferazione dei farmaci, soprattutto quelli anti-cancro nel primo novecento.
Emerge opportunamente, dunque in questo monologo, un’immagine di Reich più “medico” bisfrattato che “contattista ufologo” smentito, elemento forse questo da sviluppare in un momento successivo e finora solo accennato. Così come solo si accenna ai legami fra le tesi reichiane ed il pensiero politico marxista da cui fu influenzato.

Il monologo che Càstano ci regala è splendido, curato nelle intonazioni, spiritoso e commovente, quasi struggente, soprattutto nel dialogo epistolare con il maestro Freud e con la comunità scientifica che mise alla berlina le sue tesi. Ne deriva un profilo quasi galileiano dello studioso, un incompreso, ma anche un visionario tacciato di essere un pazzo (quasi avesse ragione ma nessuno lo capisse). Lo spettacolo oscilla così inquietantemente fra l’esposizione oggettiva delle tesi di Reich (non senza un certo scetticismo di fondo dello spettatore) e una difesa di alcuni assunti fondamentali, quali la preservazione dell’istinto vitale e sessuale contro il dilaniante potere consuntivo e castrante della società.
Un elemento ben sviluppato nella drammaturgia da Càstano cui va il pregio di aver svolto una profonda opera di rilettura e reinterpretazione drammaturgica di un pensiero così profondamente filosofico più che scientifico, è proprio l’accento posto sull’inquietudine morale intorno al nodo centrale di tutto, alla domanda delle domande: qual è il senso ultimo della vita? Ha senso frustrare gli istinti, castrare l’energia orgonica, o non è forse meglio lasciarla andare in circolo, rendersi liberi di vivere (e per questo soffrire) fin dai primi colpi ricevuti, subito dopo l’espulsione dal corpo materno?

Sono questi gli spunti proposti allo spettatore ne L’ORGASMO DI CRISTO, emblema di un teatro che pone interrogativi filosofici difficili e profondi, sfida lo spettatore a ragionare su di sé e sulla incapacità degli uomini di smettere di fare la guerra, quell'incapacità di essere felici che li porta alla necessità dell'espiazione dei peccati e alla castrazione delle pulsioni, ingenerando un clima di insoddisfazione ciclico che porta solo ad altra insoddisfazione e violenza. E queste domande ci portano a riflettere sulle autocastrazioni giornaliere che assillano la nostra quotidianità. Interrogativi che tornano come domande insistenti di un bambino che chiede ai grandi il perché delle cose che gli stanno intorno, anche le più assurde e insensate.
Per questa ragione, molto intelligentemente, lo spettacolo chiude il suo viaggio a ritroso nella mente e negli studi di Reich con l’immagine di un feto che si tramuta in costellazione, quasi a coronare il legame imprescindibile che in Reich legava la tesi sulla Vita alla passione ufologica e alle tesi sull’esistenza in senso lato e su quell’Energia Orgonica che tutto dominerebbe e che è ancora alla base di numerose teorie moderne che in queste “energie vitali” rintracciano lo strumento palliativo per le malattie, non solo quelle psico-fisiche ma anche conoscitive, che affliggono atavicamente l’animo umano.

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