In scena per quasi un mese con la regia di Luca De Fusco, fino al 20 dicembre, al Teatro Mercadante di Napoli, l'Orestea di Eschilo, unica trilogia tragica ad essere pervenuta intatta fino a noi.
L’Orestea di Eschilo racconta una storia suddivisa in tre episodi, le cui radici affondano nella tradizione mitica dell’antica Grecia: l’assassinio di Agamennone da parte della moglie Clitemnestra, la vendetta del loro figlio Oreste che uccide la madre, la persecuzione del matricida da parte delle Erinni e la sua assoluzione finale ad opera del tribunale dell’Areopago.
Il testo di Eschilo è tra i più potenti che, dalla classicità ad oggi, la nostra tradizione teatrale abbia partorito. Fa della dimensione evocativa la sua cifra: racconta di battaglie ed orrori, presagi, timori e figure simbolico-allegoriche, con una crudezza unica. Una lingua che ai contemporanei di Eschilo e allo stesso Sofocle era sembrata astrusa e pomposa, ma che poi venne riconosciuta al primo dei tragici come la sua cifra stilistica. De Fusco e Monica Centanni, che ne ha curato la traduzione, affrontano la difficile sfida di restituirci non solo il senso di questo corpo linguistico, ma anche le sue variazioni tonali e di registro.
I tre episodi – Agamennone, Coefore, Eumenidi – costituiscono tre spettacoli e una trilogia, ricalcando in questo la modalità rappresentativa delle Grandi Dionisie, le feste ateniesi nelle quali aveva luogo l'agone tragico. E' certamente un merito dello Stabile aver immaginato di restituirci in questa formula completa un'opera che per lo più viene presentata a frammenti al pubblico contemporaneo. E soprattutto se in sala, come martedì 15 dicembre, è presente un così ampio pubblico di scolaresche, la gratificazione culturale raddoppia il merito.
Tanto maggiore, dunque, è la responsabilità della messa in scena, che si giova della presenza di tanti primi attori: Mariano Rigillo, Elisabetta Pozzi, Angela Pagano, Gaia Aprea, Claudio Di Palma, Giacinto Palmarini, Anna Teresa Rossini, Paolo Serra. Ora chiediamoci se tanta abbondanza di talenti sia ben capitalizzata dalla regia. La risposta è duplice: deciso è il sì, se si pensa che ciascuno di loro ha uno spazio in cui far emergere l'energia e la voglia di contribuire alla costruzione della bellezza d'insieme; no, invece, se si pensa che il concerto della dizione è poco omogeneo, non sempre preciso, troppo variegato nei registri e nei ritmi, sui quali evidentemente gli attori non sono stati guidati tutti allo stesso modo.
Tra gli altri interpreti vanno ricordati, per presenza scenica ed efficacia comunicativa, almeno Paolo Cresta, Federica Sandrini ed Enzo Turrin. Peccato che le loro voci siano appiattite dall'amplificazione microfonica, un peccato tanto più grande se si pensa che la tragedia greca veniva realizzata da voci potenti in teatri all'aperto con migliaia di persone, e che il teatro stabile Mercadante avrebbe tutte le potenzialità architettoniche ed acustiche per rendere di nuovo ancora possibile questa magia.
La regia di De Fusco vuole essere classica e contemporanea insieme. Nel senso della classicità, mescola, come nella Atene del VI-V secolo, il linguaggio della danza, quello della musica e del canto e quello della recitazione. Nel senso della contemporaneità si muovono i bellissimi costumi di Zaira De Vincentis, che rimandano a diversi contesti storici, e il ricco impianto visivo articolato su una scenografia curata da Maurizio Balò fatta di frammenti connotanti metonimicamente il mito. Contemporanei sono pure il pavimento che al di sotto di una terra nera dal sapore ancestrale è superficie di proiezione per effetti video diversi (sangue, acqua, fumo, vengono così restituiti) e veri e propri schermi che fanno da fondale, in cui le immagini della scena si ingiganstiscono e assumono il sapore, sul finale, di uno show televisivo.
Non si capisce bene, però, in che modo questa commistione di classico e contemporaneo, pur necessaria in linea di principio per tradurre senza banalità la tragedia oggi, contribuisca a rendercela vicina. La presenza di questi effetti non trova appigli nel testo, che meno di altri testi greci riflette sulla natura delle immagini, e la regia non fa molto per motivarci le sue scelte, che appaiono per lo più estetiche. Se la risposta è che la tragedia ci riguarda ancora e che il tema della giustizia è sempre attuale, questo è certo, ma non basta per giustificare un'intermedialità che, come ci insegnano le esperienza teatrali contemporanee più riuscite, dovrebbe essere un modo per riflettere anche sullo statuto delle immagini e sul farsi immagine del teatro stesso.
Nello scorso Napoli Teatro Festival, il bellissimo spettacolo Il nemico del popolo di Ostermeier trasformava la sala teatrale nel luogo per decidere dove stavano la ragione e il torto dei personaggi e il pubblico veniva davvero interpellato come giudice ultimo; ora, l'Orestea di De Fusco, per significare analogamente che i giudici siamo noi, proietta un rapida inquadratura della sala del mercadante sugli schermi del fondale: nel momento in cui Atena fonda l'Aeropago, e soprattutto nel momento in cui la dea chiama gli aeropagiti a votare, il pubblico viene ignorato; l'espediente finisce per apparire come un falso appello, un abbozzo di confronto, solo descrittivo, tanto per fare.
Infine, le belle musiche di Ran Bagno e le coreografie di Noa Wertheim realizzate dalle danzatrici della compagnia Körper, non sempre riescono a mantenere alta la tensione: in certi momenti l'alleanza tra canto e danza determina delle cadute di stile rispetto a un livello d'intensità che, pur se solo in pochi momenti, si raggiunge grazie alla generosità degli interpreti.
NOTE STAMPA
ORESTEA
AGAMENNONE (prima parte)
COEFORE E EUMENIDI (seconda parte)
di Eschilo
traduzione Monica Centanni
regia Luca De Fusco
con Mariano Rigillo (Agamennone), Elisabetta Pozzi (Clitemnestra), Angela Pagano (Prima Corifea), Gaia Aprea (Cassandra, Atena), Claudio Di Palma (Araldo, Apollo), Giacinto Palmarini (Oreste), Anna Teresa Rossini (Pizia), Paolo Serra (Egisto)
e con Fabio Cocifoglia (Secondo Corifeo), Paolo Cresta (Quarto Corifeo, Servo), Dely De Majo (Cilissa, Nutrice), Francesca De Nicolais (Seconda Corifea), Gianluca Musiu (Terzo Corifeo, Pilade, Hermes), Federica Sandrini (Elettra), Dalal Suleiman (Terza Corifea), Enzo Turrin (Sentinella, Primo Corifeo)
e con le danzatrici della compagnia Körper Sibilla Celesia, Elena Cocci, Sara Lupoli, Marianna Moccia, Rossella Fusco
scene Maurizio Balò
costumi Zaira de Vincentiis
coreografie Noa Wertheim
musiche Ran Bagno
luci Gigi Saccomandi
suono Hubert Westkemper
adattamento vocale Paolo Coletta
video Alessandro Papa
regista assistente Alessandra Felli
coreografa assistente Rina Wertheim
costumista assistente Annalisa Ciaramella
assistente costumista Elena Soria
direttore di scena Teresa Cilibelli
capo macchinista Nunzio Opera
macchinista Domenico Pepe
capo elettricista Cristiano Benitozzi
elettricista Marco Spina
tecnico video Alessandro Innaro
fonici Italo Buonsenso, Mattia Trabucchi
caposarta Roberta Mattera
sarta Daniela Guida
trucco Luca Oblach, Aldo Caldarella
assistenti trucco Nicole Tomaini, Anastasia Coppola
segreteria di produzione Natalia Di Vivo
foto di scena Fabio Donato
realizzazione scene F.lli Giustiniani
attrezzeria Alovisi
realizzazione costumi The One
parrucche Audello
calzature Pompei, Tiunfo
materiale elettrico, fonico e videoEmmedue
trasporti Autotrasporti Criscuolo
produzione Teatro Stabile di Napoli – Teatro Stabile di Catania
si ringrazia l’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli per le riprese al Cimitero delle Fontanelle
Unica trilogia ad essere sopravvissuta fino ai giorni nostri, l’Orestea di Eschilo racconta una storia suddivisa in tre episodi, le cui radici affondano nella tradizione mitica dell’antica Grecia: l’assassinio di Agamennone da parte della moglie Clitemnestra, la vendetta del loro figlio Oreste che uccide la madre, la persecuzione del matricida da parte delle Erinni e la sua assoluzione finale ad opera del tribunale dell’Areopago.
Con questo allestimento che si divide in due parti – Agamannone eCoefore/Eumenidi, Luca De Fusco si confronta con una tragedia classica, accompagnato dal cast artistico che ha ottenuto molto successo nel 2013 conAntonio e Cleopatra e nel 2014 con Il giardino dei ciliegi. Lo spettacolo risentirà anche della notevole esperienza accumulata da De Fusco nelle stagioni dell’INDA di Siracusa presso cui ha realizzato tre regie negli ultimi anni; la tradizione siracusana infatti vede la tragedia come opera d’arte totale. L’Orestea sarà dunque uno spettacolo “in musica”, la cui partitura sarà curata dal compositore israeliano Ran Bagno. Su questo tappeto sonoro preciso ed avvolgente si muoveranno le sensuali e misteriose coreografie di Noa Wertheim, direttrice della Vertigo Dance Company.
“Uno dei massimi capolavori teatrali di tutti i tempi, l’unica trilogia greca pervenutaci nella sua interezza, viene messa in scena da una grande compagnia dove ci sono talmente tanti primi attori che si potrebbe fare con essa una grande quantità di spettacoli, proprio quello che il Teatro Stabile di Napoli Teatro Nazionale si appresta a fare in futuro. L’Orestea viene spesso rappresentata con solo uno dei testi. Noi la presentiamo invece nella sua interezza e non dimenticando le caratteristiche del teatro greco che univa parola, canto, danza. Per alcuni versi quindi uno spettacolo molto classico, ma in realtà una messa in scena molto contemporanea che rinnova lo stile di teatro/video già realizzato in Vestire gli ignudi, Antigone e Antonio e Cleopatra e rinnova la collaborazione con la Vertigo Dance Company che contribuisce con le sue musiche e le sue danze ad uno spettacolo di teatro totale”. Luca De Fusco