LO ZOO DI VETRO @ Teatro Vascello: i fantasmi di una casa, i fantasmi di una vita

Da martedì 22 fino a domenica 27 febbraio, va in scena al Teatro Vascello LO ZOO DI VETRO di Tennessee Williams, per la regia di Leonardo Lidi, spettacolo che ha debuttato al LAC di Lugano il 4 novembre 2019. Uno spettacolo potente, in cui l’impianto scenico sorregge e sostiene un insieme composito di simboli, richiami immaginifici e tensioni sottese e dolorose che permeano un mondo lontano, infestato da fantasmi, ricordi, desideri e illusioni.

Lo Zoo di Vetro: la trama

Lo Zoo di Vetro è il primo grande successo di Tennessee Williams, andato in scena a Chicago nel lontano 1944.
Ambientato negli anni Trenta, ha ispirazioni autobiografiche: il giovane Tom Wingfield ci racconta in prima persona questo dramma, tutto incentrato sul ricordo di sua madre Amanda e di sua sorella Laura. Amanda è una madre sola, che ha cresciuto con tanti desideri e sogni i due figli: Tom, che lavora in un magazzino ma vorrebbe fare il poeta, e Laura, ragazza introversa, timida quasi fino al patologico, a causa di una zoppia.
Sia Amanda che Laura sono due donne complesse, cullate dalle loro illusioni: Amanda vuole la felicità, trasforma le preoccupazioni per il futuro dei suoi figli, soprattutto Laura, in ossessioni ed eccessive attenzioni; Laura, dal canto suo, cura maniacalmente una collezione di animaletti di vetro che il padre le ha lasciato, lontana dal mondo, imprigionata in una comfort zone che la rende invisibile. A Tom è lasciato il compito di mantenere la famiglia, rinunciando ai suoi sogni, fino a che questi non gli esplodono fra le mani e, come il padre, abbandona le due donne.

Lo Zoo di vetro nell'adattamento di Lidi al Teatro Vascello

Nell’adattamento di Leonardo Lidi, regista di questa edizione, il testo è scarnificato agli eventi principali, a quei nodi di senso che spingono avanti l’azione e offrono allo spettatore la comprensione necessaria per entrare nei ricordi di Tom. Centrale per questo è la sua battuta iniziale, pronunciata direttamente al pubblico: “sono qui per raccontarvi la verità. Per farlo ho bisogno di finzione, vi darò la verità sotto il piacevole travestimento della finzione. Il dramma è memoria, è sentimentale, non realistico”. Ci avvisa così che vedremo diapositive della sua memoria, ricostruite a distanza di tempo, nei loro snodi centrali, non per immersione emotiva ma per straniamento ironico e malinconico, come quando si guarda un souvenir di un lontano viaggio.

Lo Zoo di Vetro: la famiglia, una ragnatela di sensi di colpa e affetti ossessivi

Il primo livello di lettura riguarda la ricostruzione dei rapporti familiari: come detto, questi tre personaggi si divincolano in una ragnatela in cui a ogni azione sembra corrispondere una reazione densa di sensi di colpa, rimbrotti, preoccupazioni, illusioni asfissianti e mai salvifiche.

Il tutto è perfettamente rappresentato dall’impianto scenografico di Nicolas Bovey: una casa rosa confetto circondata da un mare di polistirolo bianco, una casa immersa nel nulla, spoglia, fredda ma colorata, perché l’apparenza di felicità, il sentore di armonia zuccherosa siano mantenuti. Ma quel rosa così disturbante non fa che amplificare le tensioni sottese ai rapporti, sempre sul punto di deflagrare.

Su tutto incombe il padre e non solo metaforicamente. All’esterno della casa, immobile per quasi metà spettacolo su una sedia, c’è un uomo: è lì, fermo, è lui il costante piano di ascolto degli eventi della casa. A lui si rivolge Amanda, a lui guardano Laura e Tom. E lui è il padre, proprio colui che ha abbandonato la famiglia, scomparso da un giorno all’altro, quel padre che Amanda cita in continuazione a mo’ di maledizione contro Tom, che prima o poi ne seguirà le orme, riconfermando un destino già scritto e contro cui la donna tenta di opporsi invano.

La regia dello Zoo di Vetro, tra richiami immaginifici e naturalezza meditata

Leonardo Lidi riesce così a creare uno spettacolo in cui l’attesa della felicità, quella piccola luna d’argento cui guarda Amanda, sembra imbolsita da una reale incapacità ad agire; va dato atto che il suo lavoro scarnificante sul testo crea un panorama che con coerenza straniante viaggia su due binari paralleli.

Il primo è il richiamo a un immaginario collettivo: i personaggi sono infatti dei clown. Tom è un Pierrot bianco, Laura una mima, Amanda una donna cannone: l’uso di questi riferimenti collettivi, quasi archetipici, spostano ancora di più l’attenzione e la partecipazione del pubblico a una dimensione non emotiva. Il piano di lettura è ironico perché in ballo non ci sono sentimenti strazianti ma figure e funzioni narrative, nulla è realistico, ma solo immaginario, nulla è pateticamente viscerale, ma solo avvolto da una tristezza che ci fa sorridere amaramente, proprio come i clown sanno fare.

Eppure, in questo mondo così apparentemente raggelato e fittizio, spicca una naturalezza nella rappresentazione dei rapporti e del non detto che dilaga sul palco, una naturalezza cercata, studiata e meditata con accortezza.Il sottile equilibrio che si crea con l’immaginario e la finzione rivelata permette allo spettatore di percepire al meglio, senza però esserne travolto, il dolore di Tom, l’ingenuità naif e sofferente di Laura, i desideri sanguigni e a volte insani di Amanda. L’instabilità emotiva dei personaggi appare così lucida, al limite del trasparente, nella sua costruzione, perché calibrata con cura, senza eccessi.

Il Cast, l’anima dello Zoo di Vetro in scena al teatro Vascello

Va infine messa in luce la qualità interpretativa che affascina e avvicina alla struttura registica di Lidi e senza la quale probabilmente lo spettacolo avrebbe rischiato di diventare  un esercizio di stile, scadendo nell’intellettualismo.

Tindaro Granata, il nostro Tom, è un Pierrot bianco intenso, mai patetico anche nei momenti più complessi; Lorenzo Bartoli, il padre silenzioso e poi Jim, l’amico che irrompe nella vita di questo nucleo, ha un’energia sgargiante in cui sottile si legge un qualcosa di maligno, di truffaldino; nel ruolo di Amanda una efficace, pervasiva Mariangela Granelli: la sua voce, i suoi gesti, il suo stare in questa inquietudine emotiva, in questo precario equilibrio fra sogni e frustrazioni, ha una potenza straziante cui fa da contraltare la dolcezza con cui Anahì Traversi interpreta la sua Laura. A lei va dato il merito di una recitazione che nella sua delicatezza regala allo spettatore momenti di vera commozione.
 

 

Visto al teatro Vascello il 22/2/2022

LO ZOO DI VETRO di Tennessee Williams

adattamento e regia Leonardo Lidi

con (in ordine alfabetico)
Lorenzo Bartoli, Tindaro Granata, Mariangela Granelli, Anahì Traversi

scene e light design Nicolas Bovey
costumi Aurora Damanti
sound design Dario Felli
assistente alla regia Alessandro Businaro

produzione LAC Lugano Arte e Cultura
in coproduzione con Teatro Carcano Centro d’Arte Contemporanea, TPE – Teatro Piemonte Europa
in collaborazione con Centro Teatrale Santacristina
partner di ricerca Clinica Luganese Moncucco

Lo zoo di vetro viene presentato per gentile concessione della University of the South, Sewanee, Tennessee.

 

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