Lo scorso 21 marzo al Teatro Cantiere Florida di Firenze, è stato rappresentato lo spettacolo Lo soffia il cielo. Un atto d’amore tratto dai testi “Angelo della gravità” e “Le cose sottili nell’aria” dell’autore Massimo Sgorbani, adattamento drammaturgico a cura di Stefano Cordella. Lo abbiamo visto insieme ai ragazzi del Liceo Linguistico Istituto Giuseppe Peano, coinvoti nel laboratorio, ecco le loro osservazioni.
Sara Bonciani sottolinea: «il tema è quello del difficile rapporto tra una madre, distrutta dalla morte del marito, e un figlio, emarginato dalla società per problemi relazionali. I due, invece di farsi forza ed essere uniti, appaiono distanti, incapaci di costruire un rapporto solido e di esternare l’uno all’altro i propri sentimenti. Questo effetto è reso anche grazie all’utilizzo della tecnica del monologo (i due non si parlano mai direttamente), soprattutto quello,davvero struggente, dell’attrice Cinzia Spanò che sembra rivolgersi e dialogare con il marito morto. La scenografia è essenziale, solo palco, un divano (unico punto di unione tra i due protagonisti) e qualche oggetto; contribuisce, così, a creare una sorta di intimità e rapporto diretto tra attori e pubblico, potenziata da luci soffuse e ristrette solo al personaggio che recita di volta in volta.»
Valentina Romano aggiunge: «quel divano, così malandato, seppure apparentemente nuovo, come suggeriva la plastica che ancora lo rivestiva, sembra costituire l’unica via di comunicazione tra una madre e un figlio che la vita ha tristemente separato. La malattia e la morte del padre, l’obesità di Mirco e le sue difficoltà comunicative con le persone che lo circondano, il mancato affetto tra genitori e figlio, la dipendenza della madre dalla televisione, portano i due personaggi ad allontanarsi l’uno dall’altro. In questa condizione, il divano, posto idealmente davanti ad un televisore, diviene l’unico luogo di ideale contatto tra i due che, nonostante questo, non si parlano mai direttamente durante tutta la durata della scena.»
Marta Scozio riepiloga così la vicenda narrata: «il padre, Gianni, al quale la protagonista immagina di rivolgersi per tutto il corso dello spettacolo, attraverso una televisione immaginaria (di cui gli effetti sonori a volume altissimo ci rimandano i rumori, volutamente disturbanti nell’ossessiva ricerca di un nuovo canale) è morto per ictus: Mirko e la madre, afflitta da delusione frustrazione per la diversità del figlio di cui sembra esser l’unica consapevole, non interagiscono mai davvero. I loro monologhi ci raccontano gli stessi eventi dai due punti di vista. Mirko arriverà a suicidarsi dopo aver ucciso Sara, sua amica, colpevole di averlo rifiutato. Il clima dello spettacolo a questo punto si amplifica: tutto è buio e difficile (tranne gli abiti di Mirko dai colori sgargianti, perché lui, sì, è ingenuo come un bambino, ride sempre, non si preoccupa delle difficoltà). E lo spettatore, che fino a quel momento si è immedesimato in Mirko, adesso lo vede come uno psicopatico e ne è allontanato, respinto (Perché, del resto, nessuno di noi si crede davvero capace di uccidere…).»
Leonardo Sigheta resta colpito dai due personaggi: «l’innocenza iniziale del figlio con il proseguire della storia appare distorta, come una sorta di pazzia, anzi l’essere percepito “strano” può esser inteso sia come una devianza mentale, sia come la situazione di un incompreso dalla società[…]La madre sempre presa dalle proprie faccende non si è mai veramente presa cura del figlio ed infine si pente di tutto ciò che gli fatto e gli ha detto, si rende conto che l’unico gesto significativo da madre che ha fatto è stato uno schiaffo. Lo spettacolo offre allo spettatore l’amplificazione della malinconia che definisce la nostra società, dove ognuno sembra afflitto dal bisogno di sentirsi accettato e dalle problematiche di isolamento dovute all’invasione della televisione nelle vite delle persone comuni.»
Gabriel Gruda sottolinea «l’efficacia degli effetti sonori e delle luci nel trasmettere un opprimente senso di angoscia» e Aurora Gregni nota: «il fatto di essere vicina al palco e di aver potuto guardare bene il volto e lo sguardo degli interpreti ha contribuito all’intensità del momento, ne sono uscita sconvolta e toccata.»
Jasmine Gerini infine, commenta così lo spettacolo: «un potente ritratto della società moderna, avvelenata da parole non dette, oppresse nel cuore, intrappolate nell’anima. Ci offre un’intensa analisi psicologica interiore, tocca il fondo di cuori e vite sospese. Si avverte la presenza potente e costante e quasi tangibile di un padre morto,che con la sua mancanza ha lasciato un vuoto incolmabile, incomprensibile. L’atmosfera opprimente intrisa di emozioni tangibili è resa efficacemente dall’interpretazione dell’attrice, fine, sospesa, quasi introspettiva.»
Si chiude con queste parole un’altra esperienza di recensione condivisa con gli studenti del progetto Taccuini in mano che ci permette di osservare le graffianti e mai scontate provocazioni del teatro contemporaneo, promosso con passione dalla rassegna materia prima, prodotta da Murmuris, da punto di vista dei più giovani, che, proprio adesso iniziano a confrontarsi col linguaggio teatrale, scoprendone la potenza evocativa e la capacità di suscitare empatia e riflessione.
LO SOFFIA IL CIELO
Un atto d’amore
uno spettacolo tratto da Angelo della gravità e Le cose sottili dell’aria di Massimo Sgorbani
con Cinzia Spanò e Francesco Errico
disegno luci e spazio scenico Giuliano Almerighi
sound design Gianluca Agostini
costumi Stefania Coretti
grafica Giulio Pierrottet
organizzazione Daniele Filosi
drammaturgia e regia Stefano Cordella
una produzione TrentoSpettacoli
con il sostegno di Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Centro Servizi Culturali Santa Chiara – Trento, Assessorato alle Pari Opportunità della Provincia Autonoma di Trento
selezione premio InBox 2018
Materia Prima
Teatro Cantiere Florida
21 marzo 2019
Progetto Gufetto Scuola