Il Teatro Quirino è da sempre il luogo deputato da registi, attori e pubblico dove celebrare il grande Teatro. Sino al 16 febbraio ospita uno dei classici in vernacolo di Luigi Pirandello: LIOLA’. La regia è di Francesco Bellomo. Sul palco si alternano i tre protagonisti: Giulio Corso, Enrico Guarneri e non ultima, la partecipazione di un’attrice di razza: Anna Màlvica.
LIOLA’: un affresco vivido della Sicilia rurale pirandelliana con echi verghiani
La storia è nota. Liolà è un affresco vivido di una Sicilia rurale ormai sbiadita dove campeggia, saltellando come un folletto, il simpatico Liolà (Giulio Corso).
Lui aleggia e canta in mezzo a certe convinzioni ataviche, resistenti, di padri e madri vestiti del mantello ruvido della tradizione secolare. E’ una piccola comunità gretta e morigerata dove il “caos” pirandelliano è messo in bocca a Liolà, che rispetta la sola regola di non avere regole. E’ un don Giovanni sessualmente disinibito, impenitente, ricco di bellezza che deride l’impotenza di zio Simone, questo di contro possiede l’altro potere forte: la ricchezza. Il benessere è agognato da tutti, persino dalle giovani che vorrebbero maritarselo. E questo lo rende appetibile quanto Liolà o forse più. Ci sono rimandi espliciti e reiterati alla “roba” già cara ai veristi. L’eco verghiano arriva chiaro, udibile. Guarneri (zio Simone) già reduce dal Mastro Don Gesualdo di Guglielmo Ferro (DA NOI RECENSITO), usa argomenti e intonazioni d’attore a lui familiari, anche se con toni più leggeri.
Il giovane Liolà, forse inconsapevolmente, scardina certe convinzioni, semina il dubbio tra le giovani e diviene il personaggio positivo autentico. Sgretola certe croste (attaccate alla pelle) dure a cadere. E’ una commedia spassosa, spesso comica ma soprattutto ironica e umorista come dev’essere nella buona tradizione dell’autore che dirà: «è così gioconda che non pare opera mia». Siamo nel ’16, Pirandello, non è ancora rivolto alla mittle Europa: scrive in dialetto siciliano. Non è ancora premio nobel. Spesso il testo non viene compreso. Si ricordi quel disastroso debutto all’Argentina di Roma alla fine del 1916, quando pubblico e critica, uscirono con molti dubbi per le difficoltà di comprensione. Ma siamo di fronte ad uno dei capolavori del Teatro: viene tradotto più avanti dallo stesso autore in italiano e addirittura rappresento in Inghilterra. Il resto è da vedere e godere: sono intrighi, vicende. Passioni. Compromessi. C’è tutto. C’è la Sicilia e molto altro.
LIOLA’ La scenografia del Teatro Quirino: dettagli su taccuino
Il palco del Quirino agghindato di Sicilia, propone una scorcio della scala dei Turchi nota al mondo per la bellezza e architettura naturale. La collocazione è Porto Empedocle: un piccolo borgo marinaro. La scenografia è suggestiva e ci riporta indietro nel tempo. Bellomo precisa in sinossi, che la collocazione temporale è intorno agli anni ’40.
Lo spettacolo è da vedere, non c’è dubbio: ma il Quirino, (si è detto all’inizio), è il luogo deputato dove fare e vedere il grande Teatro. Luogo perfetto che pretende perfezione. Quindi fatto l’invito ai lettori a seguire le repliche: quello che segue è dedicato ai puristi di quest’arte. Dettagli trascurabili.
Al levarsi della “tela”, ci distrae da subito un doppio sole o una doppia luna. Non è chiaro l’intento. Forse è solo un errore del tecnico luci o magari un messaggio che non arriva sino in platea.C’è una luce intensa che arriva dalla casa di zia Croce, resiste tutto il tempo, quindi anche quando è giorno e la luce del sole dovrebbe essere più forte di una debole lampadina.
LIOLA’: recitazione fluida.Costumi con qualche pecca. Musiche giuste
I personaggi riempiono la scena chiassosi di vita. La recitazione è fluida ma i dialetti sembrano arrivare da posti diversi e non è solo per la differenza tra i vecchi e giovani, come dichiarato prudentemente dal regista a voler demarcare il vecchio e nuovo. Non c’è traccia dell’agrigentino ma non è facile come dialetto per tutti gli attori. Arrivano intercalari provenienti da ogni luogo dell’isola poco credibile per un piccolo borgo anche se marinaro. Non è il grande porto che accoglie gente da ogni dove. Anche gli stili recitativi dei tanti attori sono assai lontani. Sembra non ci sia una linea univoca e registica.
I costumi di Carlo De Marino non sono sempre appropriati all’epoca: troppo stretti i pantaloni di Liolà. Moderni. I costumi di tutti non hanno il peso della fatica: sembrano intonsi e tutti usciti da un negozio d’abbigliamento. Ci sono collane e orecchini troppo eleganti per una comunità rurale. Non ci arriva l’immagine di un borgo marinaro e di quell’epoca chiamata in causa e in scena.
Le musiche di Mario D’Alessandro e Roberto Procaccini sono giuste.
LIOLA’ : le interpretazioni di Corso e del cast
Giulio Corso si muove con disinvoltura sul palco. Non è sempre coerente col personaggio. Spesso il ritmo è calante: propone spesso un Liolà sussurrato ben lontano da quello interpretato da Turi Ferro o Angelo Musco.
L’attore ci stupisce e piace in alcuni brani cantati. Non tutti. Perché in questa commedia, l’autore dà sfogo alla sua vocazione musicale. In ogni caso non si tratta di un musical. Quindi Corso ci piace a metà: ci sembra ancora legato e certe tecniche imparate nella fiction. L’attore di Teatro deve timbrare e arrivare nitido in platea.
Guarneri ci piace e incarna bene il ruolo di zio Simone. Anche lui è lasciato dal regista a briglia sciolta e propone il suo personale dialetto difficilmente collocabile. Ci piace la chiave comica che dà in certe scene. La commedia è giocosa e l’umorismo pirandelliano non ne soffre anzi ne guadagna perché strappa il sorriso e il sano divertimento del pubblico.
La vera protagonista di questo Liolà diviene per tutti: Anna Màlvica, (alla quale abbiamo dedicato un’ampia intervista) attrice di razza che strappa applausi, anzi ovazioni, durante la scena (fuori protocollo) e ai saluti. Quella della Màlvica è una zia Croce ben lontana da come veniva interpreta da altre attrici (come ad esempio Ninchi o Anselmi). E’ una donna giocosa, allegra ma che si dispera quando è toccata negli affetti più cari: la figlia. Ci piace tanto.
Ci piace Alessandra Ferrara nel ruolo di Mita e Nadia Perciabosco nel ruolo della zia Ninfa. Ma ci piace anche la Giarrusso e la sua Tuzza. Merito anche agli altri attori.
Qui si sono elencate alcune sbavature, volendo, eliminabili dal regista. Quindi, ribadiamo, spettacolo valido.
GIULIO CORSO
LIOLÀ
di Luigi Pirandello
con la partecipazione di ENRICO GUARNERI (Zio Simone)
e con Roberta Giarrusso (Tuzza) Alessandra Ferrara (Mita)
Margherita Patti (Zia Gesa) Alessandra Falci (La Moscardina)
Sara Baccarini (Luzza) Giorgia Ferrara (Ciuzza) Federica Breci (Nela)
Con Ileana Rigano nel ruolo di Zia Ninfa
E con la partecipazione di Anna Malvica (Zia Croce)
scene e costumi Carlo De Marino
musiche Mario D’Alessandro e Roberto Procaccini
regia FRANCESCO BELLOMO
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