SETTE CONTRO TEBE @Teatro Politeama Poggibonsi: l’insostenibile leggerezza del tragico

Si svolge in questi giorni, al Teatro Politeama di  Poggibonsi, Clic! Cose che accadono a teatro, rassegna organizzata da Timbre Poggibonsi e che ha appena visto in scena un gioiello de I Sacchi di Sabbia, I SETTE CONTRO TEBE di Eschilo, insieme a Massimiliano Civica con cui hanno firmato questo nuovo allestimento. Si tratta della terza parte di una trilogia che si è scandita tra I Dialoghi degli Dei di Luciano di Samosata (prima parte, deliziosamente comica anche sul testo originale) ed è approdata poi alla tragedia con Andromaca di Euripide, costruendo una cifra concettuale e stilistica unica e brillante, che permette al gruppo di esaminare testi base del canone tragico attraverso la lente colorata della comicità e delle possibilità contemporanee dei testi classici.

SACCHI DI SABBIA E IL RIPENSAMENTO SUL SENSO DEL TRAGICO OGGI

La compagnia guidata da Massimiliano Civica non è la sola a intraprendere la via della riproposizione dei classici in chiave contemporanea (basti pensare allo stupendo Odissea AR di Emma Dante, con uno Zeus culturista in perizoma e un corteggio di ninfe di Calipso in bikini contemporaneo), che costituisce un ripensamento raffinatamente colto su un genere, quello tragico, comunque ignoto a noi: era solo l’Alcesti una tragicommedia, ad esempio, oppure i titoli tragici perduti nascondevano testi mescidati in quantità molto maggiore?  Che significava, realmente, genere tragico nei secoli che videro la sua comparsa e la sua attuazione? Uno spettacolo come I Sette contro Tebe autorizza un ripensamento in questa direzione, attiva domande profonde sul senso del tragico, sul potere critico e liberatorio del comico e sulla loro possibile, o impossibile, mescidazione.

LA SPERIMENTAZIONE DI SACCHI DI SABBIA E CIVICA A CONFRONTO CON LA TRAGEDIA

La storia è nota, e terribilmente arcaica e statica. Si affrontano i due figli/fratelli di Edipo, Eteocle e Polinice. Non essendo stato rispettato il patto di alternanza del potere regale, Polinice ha radunato un esercito di eroi greci ed assedia la città. Come avviene nei poemi omerici, la guerra può essere una serie di duelli individuali: e ad ogni porta della città un guerriero avanza portando la sua sfida e chiudendo Tebe in una spira di armi come nelle grinfie di un enorme serpente. Statica e ridotta al minimo anche la scena. Quattro sedie, due scudi di cartone. Non c’è bisogno di altro, le parole costruiranno fabula e sfondo, strumento variabile e impeccabile che i quattro attori gestiscono con maestria. Comincia lo spettacolo, e in tuniche nere e fazzoletto in testa entrano gli attori che interpretano il coro delle donne di Tebe. La Corifea, Giulia Gallo, una Lisistrata efficace nel suo tentativo di capovolgere il mondo, tenta di condizionare le compagne, Gabriele Carli e Enzo Iliano, che hanno già cominciato un lamento misto di sorriso appena hanno saputo che Eschilo sta scrivendo una nuova tragedia, a ribellarsi al ruolo consueto di donna piangente e in lutto, a rovesciarlo verso tipologie diverse (Euripide infatti, dice, compone ben altri ruoli per le donne) ma le compagne sono incerte ed esitano: e il pubblico si diverte al pastiche linguistico che accosta al toscano di Carli il napoletano di Iliano, lingua di teatro sempre, e lingua di classicità teatrale negli ultimi anni a cui ci ha abituato, appunto, l’estetica vincente di Emma Dante. Entra in scena Eschilo (Giovanni Guerrieri) occhiali scuri, condizionato ancora dal trauma della guerra che ha portato via Alcibiade e tanti altri (“meschini”, si lamentano le coreute) e usando una lingua che deve molto al gramelot di Brancaleone (“vade retro Satàn”, “frate contro frate”), non cede: la tragedia si farà.

La scena metateatrale, l’autore a colloquio coi personaggi, l’autore che sul palco giustifica e illustra le sue scelte, non è eversione contemporanea: già ne Le Rane aristofanee Eschilo e Euripide dibattevano su cosa fosse tragedia e chi ne fosse l’interprete migliore. La mano raffinata di Massimiliano Civica riproduce qui l’antico spostando solo leggermente il bersaglio: ha senso una tragedia oggi? Come dobbiamo accostarci a lei, per vivificarla? Probabilmente erano le stesse domande che Eschilo si poneva: la necessità e l’inutilità della guerra dovevano estendersi dal mito all’oggi, e I Sacchi di Sabbia continuano semplicemente e genialmente questo processo, con le due coreute che identificano i vari eroi sulle sette porte come se li vedessero sporgendosi dall’alto delle mura (come Elena nell’Iliade, appunto, nel celebre episodio della teichoscopia) e li presentano con pettegolezzi da comare, come se li conoscessero da sempre. E i terribili guerrieri sono piccoli pupazzi, lo scontro è un attimo e un pupazzo cade, e la guerra in fondo è questo, monotona, scontata, crudele e inutile.

L’ATTUALITA’ DELLA TRAGICOMMEDIA

Ma i due fratelli devono affrontarsi, e non bastano i pupazzi, ci vuole la carne. Le coreute diventano, dietro i grandi scudi, eroi. La tragedia ritorna, affidata alla voce della Gallo, che canta una ballata di Woody Guthrie, Don’t kill the baby & the son, che commemora un terribile atto di razzismo avvenuto nel 1911 in Oklahoma, il linciaggio di una madre e di un figlio quattordicenne. Nella canzone il pianto della madre vibra forte, e il messaggio iniziale delle coreute (“non vogliamo chiagnere chiù”) perde la sfumatura comica per diventare senso profondo. Le donne, il cui senso della vita è profondamente diverso, solo questo possono fare davanti alla violenza, alla guerra fratricida: piangere, denunciare con le loro lacrime e le loro grida l’insensatezza dello scontro e la crudeltà della fine anzi tempo e senza motivo. Così, con questo balzo senza rete nel tempo, la catarsi provocata da una ineffabile ‘tragedia comica’ ha senso, il cerchio si chiude, e l’attualità profonda di una simile operazione si afferma con indiscutibile forza.

SETTE CONTRO TEBE

da Eschilo
di Massimiliano Civica e I Sacchi di Sabbia
con Gabriele Carli, Giulia Gallo, Giovanni Guerrieri, Enzo Iliano
produzione Compagnia Lombardi-Tiezzi
co-produzione con I Sacchi di Sabbia e il sostegno della Regione Toscana

Teatro Politeama, Poggibonsi
15 ottobre 2021

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