LETIZIA VA ALLA GUERRA @ Teatro della Cometa: un duo eccezionale per raccontare una suora, una sposa e una puttana

Un raro esempio di buon Teatro, sensibile e brillante, un ménage femminile ben riuscito: dalla scrittura alla regia, dal coraggio alla paura, dalla voce al colore.
Due ragazzi strabordanti di talento, Agnese Fallongo e Tiziano Caputo mettono in scena la donna italiana del secolo scorso.
In scena al Teatro Cometa fino al 17 febbraio, LETIZIA VA ALLA GUERRA.

Sul palcoscenico tre cornici fisse, di diverse dimensioni e forma, si riempiono di momenti, di ricordi, di poesia e sono porte che si aprono, affacciandosi sulla vita di tre donne di differente provenienza sia territoriale che sociale ma tutte “predestinate” a quel ruolo assoggettato che la naturale appartenenza al sesso femminile le assegna, condannandole alla condizione dell’Altra.
Letizia è uno stampo femminile e femminilizzato, una trappola a cui anche la nonna e la madre non sono riuscite a sfuggire, ma in lei/loro c’è un’intraprendenza un po’ inconsapevole, fatta di  azioni timide e avversate, capace di disobbedienza dell’ordine prestabilito, di presa di coscienza, una dolenza creatrice che la/le spinge a credere che può esserci un altro orizzonte.

Una strabiliante Agnese Fallongo (già vista ne LO STRANIERO con il suo comprimario), si veste e traveste con una padronanza sorprendente, con limpidezza nella parola, un fraseggio suadente e veloce, scatenata e raffinata, con una drammaticità diretta, si lascia abbandonare dolcemente senza perdere mai il controllo, muovendosi con una coerenza scenica  magistrale. Ha buone doti vocali, un vibrato piacevole e saper miscelare i rubinetti del patetico e poetico come fa lei, non è da tutte. Le sue maschere sono ben congegnate, aiutate dai costumi e oggetti vintage di scena, riesce a scomparire dietro il supporto, tanto da entrare e uscire così bene nei personaggi che con fatica la si riconosce!

Nello spazio scenico orizzontale e omogeneo, c’è molta musicalità, s’insinua prepotentemente la canzonetta in chiave acustica, con l’accompagnamento musicale affidato a Tiziano Caputo.

Tiziano Caputo è un outsider, un artista preparato e dalle doti di showman: suona, canta, recita, balla, sa fare tutto e bene. Un longilineo actor man stile anni 30’, travolgente e inarrestabile con un’agilità nel dialettismo sorprendente, sicuro nei movimenti, scattante nelle dinamiche sceniche, attraente nel comico, credibile nel sentimentale e una vivacità romanesca autoctona che inebria di quella spettacolarità tipicamente da commedia. Un cantante, con una timbrica specifica e un’eccellente musicalità, un ottimo musicista: esecutore attento e sincronico, riesce ad esprimere la sua teatralità anche attraverso lo strumento musicale, una chitarra che infonde il suono e recita nello stesso tempo. Una prova d’attore impeccabile, ricca e ben modulata, una sonorità innata con un buon controllo dei volumi e dei registri.

Si resta ancora più sopresi, dopo aver assistito alla brillante recita dei due attori protagonisti, quando si scopre che l’autrice del testo è la stessa attrice/interprete.

Ma cos’è il testo della bravissima Agnese Fallongo?
Un diario, un mémoire, un racconto dove si mescola il felice con l’infelice, la vita passata e presente, una narrazione tipica della letteratura femminista, della storia delle donne. Un Teatro della Donna, una penetrazione teatrale nella Storia negazionista nei confronti delle donne, una delle possibili occasioni dov’è tutto possibile, ma non basta. Subordinazione e azione, riconoscimento di diritti alla donna con un’uguaglianza ghemba, solo di comodo, in un sistema patriarcale a soggettività maschile.

La forza e l’ingenuità di tre donne, con un linguaggio schietto, in un periodo storico come quello delle due grandi guerre, azzeccatissimo per poter parlare delle loro storie, nel quale si è radicato quel carsismo, discontinuità di lotta che ancora oggi le donne si trascinano dietro nel difficile cammino di emancipazione e parità di genere.

Sono tutte e tre figlie, sorelle, nipoti di tutte le donne. Ci verrebbe da chiedere solo una cosa, e cioè; ma perché ci deve essere per forza l’uomo giusto ( Tiziano Caputo interprete) nella vita di queste donne? Quasi come se la donna da sola non potesse vincere una guerra con se stessa e con la storia?! Certo, è lecito chiederselo ma il ponte da attraversare verso l’esodo era, è lungo e insicuro. Infine, bisognerebbe mettersi dalla parte dell’Altra per comprendere la fobia avvertita, la condizione soffocante dell’irrimediabile che la donna è costretta a subire da una prepotente stretta moralizzatrice ancora purtroppo vigile.

Il duo attoriale è ben compatto, si lega e si scioglie con armonia, con credibilità scenica, cattura e si lascia catturare dalla realtà che racconta, dove la finzione storica sopravvive solo per alcuni attimi. S’avverte che il duo è ben collaudato, s’incastrano alla perfezione, con una chimica inscindibile, a volte romanticamente persuasiva..

Infine, è giusto ricordare la regia di Adriano Evangelisti, puntigliosa e leggera, asciutta e attendibile. La direzione attenta di Evangelisti non stanca, il susseguirsi delle scene è ben costruito con la totale assenza di sbavature e un puntuale rispetto dei tempi.

Agnese Fallongo e Tiziano Caputo, sono due giovani promesse del Teatro, due attori che qualunque autore o regista vorrebbero cosi é, e siamo assolutamente sicuri che faranno strada nel panorama teatrale italiano.

Info:
AGNESE FALLONGO e TIZIANO CAPUTO in
LETIZIA VA ALLA GUERRA
La suora, la sposa e la puttana

dal 5 al 17 febbraio 2019 al Teatro della Cometa di Roma
di Agnese Fallongo
ideazione e regia Adriano Evangelisti

arrangiamento e accompagnamento musicale dal vivo Tiziano Caputo

prodotto da GITIESSE Artisti Riuniti diretta da Geppy Gleijeses
Foto di Manuela Giusto

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