"Les aiguilles et l'opium", attesissimo nuovo spettacolo del maestro Robert Lepage, è fiore all'occhiello del NapoliTeatroFestivalItalia 2016.
Robert Lepage, eccellenza del teatro internazionale, è una vecchia conoscenza del pubblico napoletano. Ospite di due precedenti edizioni del NapoliTeatroFestival con Lipsynch e Le dragon bleu, il canadese debutta oggi a Napoli con un lavoro che è in realtà la riscrittura di un suo spettacolo del 1991 nel quale, spiega Lepage, aveva tentato di esorcizzare una delusione amorosa.
Quello che le note di regia presentano come un doloroso tentativo di rielaborazione di un lutto, appare però allo spettatore piuttosto come un potente esperimento metateatrale che impiega raffinatissime tecnologie.
Al di là della storia narrata e dei suoi protagonisti, Miles Davis, Jean Cocteau e un tale "Robert", attore dei nostri tempi e ironico rimando autobiografico di Lepage, emerge come dato più importante dello spettacolo l'impianto scenografico che, complici gli attori benissimo calati in esso, produce sullo spettatore effetti ipnotici e di grande suggestione.
Il cubo che si para avanti al pubblico è grigio, ha il lato di due metri, ed ha solo tre facce. Ma soprattutto è sospeso nell'aria. Una serie di fili invisibili lo tengono su e gli permettono di sfidare la gravità. Al suo interno si svolge quasi tutta l'azione dello spettacolo. Lo spettatore vede il cubo ruotare nell'aria, cambiare sembianza a seconda delle immagini che vi vengono proiettate e delle luci che lo bagnano: da spazio siderale in cui gli attori volano, diventa camea d'albergo in cui gli attori compiono azioni quotidiane, da strada trafficata si trasforma in spazio indefinito dell'interiorità o di una surrealtà. Le illusioni che prendono vita in questo cubo magico dipendono da una maestria macchinistica e tecnologica che il pubblico napoletano ha raramente esperito: le luci e le proiezioni seguono alla perfezione il cubo nelle sue rotazioni, e non bagnano nient'altro che le facce interne dei suoi tre lati visibili, il che vuol dire che i fari e i proiettori fanno in gran parte sistema con il parallelepipedo mobile… Ma com'è possibile? Dove sono piazzati? Come fanno gli attori a muoversi così a loro agio e senza fatica mentre un sistama di fili li sospende o li fa saltare da un lato all'altro del cubo stesso e noi a stento ce ne accorgiamo? Questo è certamente il lato dal quale l'intelligenza dello spettatore propende e svolge le sue indagini, oltre e più che dipanare i fili di un intreccio narrativo a sua volta sapientemente congegnato, in modo quasi cinematografico, dal testo di Lepage.
A molte delle domande che sul versante tecnico-registico lo spettatore si pone, non è dato trovar risposta, tanto minuziosi e rapidi sono i cambi, tanto minuziosa è la cura di ciascun dettaglio mobile, tanto ben oscurati sono i fili che tengono in piedi la macchina illusoria.
Così alla fine dello spettacolo, gli applausi scrosciano per i due bravissimi interpreti Marc Labrèche e Wellesley Robertson III, ma la platea esplode quando appaiono in proscenio i tecnici e i macchinisti che, nell'ombra, hanno reso possibile la magia. Il pubblico li ha immaginati tirare le corde, predisporre gli oggetti, sostenere gli attori in salita o raccoglierli in caduta-uscita da una porta o da una finestra in rotazione…
E' un'intera macchina che fa lo spettacolo qui e, come nel cinema, la bravura di questo maestro della regia canadese è quella di sapere ben coordinare e scegliere i collaboratori che sovrintendono le singole funzioni del meccanismo. Lepage e la sua équipe sono in grado di coniugare felicemente ricerca tecnologica e visonarietà, senza perartrlo la gratuità che queste sperimentazioni portano a volte con sè in molto teatro contemporaneo. Questa riceca appare infatti motivata dalla sostanza stessa della drammaturgia: Les aiguiles et l'opium è infatti uno spettacolo su due geni del Novecento che fecero abbondante uso di sostanze stupefacenti ed è proprio questa dimensione allucinatoria che lo spettatore è invitato a provare nella fruizione dello spettacolo: oltre e più che raccontarci una parte di vita del musicista e del poeta, Lepage ci fa assaggiare teatralmente l'esperienza che probabilmente contribuì a spingerli così fuori dal comune.
In definitiva, Lepage si conferma all'apice del teatro che usa le nuove tecnologie per raccontare storie dal profondo potenziale evocativo e emotivo, anche se in questo caso l'emozione drammatica rischia di essere oscurata dalla potenza della suggestione visiva.
TESTO E REGIA/WRITTEN AND DIRECTED BY ROBERT LEPAGE
INTERPRETAZIONE/WITH MARC LABRÈCHE, WELLESLEY ROBERTSON III
SCENOGRAFIA/SET DESIGN CARL FILLION
ACCESSORI/PROPS CLAUDIA GENDREAU
MUSICA E IDEAZIONE SONORA/MUSIC AND SOUND CREATION JEAN-SÉBASTIEN CÔTÉ
LUCI/LIGHT DESIGN BRUNO MATTE
COSTUMI/COSTUME DESIGN FRANÇOIS ST-AUBIN
IMMAGINI/IMAGES LIONEL ARNOULD
PRODUCER MICHEL BERNATCHEZ ASSOCIATE PRODUCTION EUROPE, JAPAN RICHARD CASTELLI – EPIDEMIC
PRODUZIONE/PRODUCTION EX MACHINA
IN COPRODUZIONE CON THÉÂTRE DU TRIDENT/QUÉBEC, CANADIAN STAGE/TORONTO, THÉÂTRE DU NOUVEAU MONDE/ MONTRÉAL, ADELAIDE FESTIVAL, NEW ZEALAND FESTIVAL, LE GRAND T THÉÂTRE DE LOIRE-ATLANTIQUE, LES QUINCONCES-L’ESPAL SCÈNE CONVENTIONNÉE THÉÂTRES DU MANS, CÉLESTINS THÉÂTRE DE LYON, LE VOLCAN – SCÈNE NATIONALE DU HAVRE, FESTIVAL DE OTOÑO A PRIMAVERA/MADRID, ARTSEMERSON: THE WORLD ON STAGE/ BOSTON, NAC ENGLISH THEATRE WITH LE THÉÂTRE FRANÇAIS DU CNA AND THE MAGNETIC NORTH THEATRE FESTIVAL, LG ARTS CENTER/SEOUL, SETAGAYA PUBLIC THEATRE/ TOKYO, THE BARBICAN/LONDON
date/dates 29 giugno/june h 21.00
30 giugno/june h 19.00
luogo/venue teatro politeama
durata/running time 1h 35min
lingua/language inglese con sottotitoli in italiano/english with subtitles in italian
paese/country canada/canada
È stato a Napoli nel 2010 con Lipsynch e nel 2011 con Le Dragon bleu: quest’anno Robert Lepage torna al Festival con Les Aiguilles et l’opium, uno spettacolo dagli effetti ipnotici, un viaggio nella notte che passa dalle tenebre per arrivare alla luce.
Una notte del 1949, sull’aereo che lo sta riportando in Francia, Jean Cocteau scrive una Lettera agli americani in cui si mescolano fascinazione e disincanto: ha appena scoperto New York, dove ha presentato il suo ultimo lungometraggio. Nello stesso periodo, Miles Davis visita Parigi, portando in valigia il bebop. I jazzofili parigini gli fanno festa e basta una canzone affinché Juliette Gréco gli apra le braccia.
Quarant’anni dopo, all’Hotel de La Louisiane di Parigi, un canadese cerca invano di dimenticare un ex amore. I suoi tormenti sentimentali sembrano trovare una corrispondenza con la dipendenza di Cocteau per l’oppio e quella di Davis per l’eroina.
In uno spettacolo che è sì teatrale ma che contiene elementi di illusionismo, Robert Lepage rivisita Les Aiguilles et l’opium vent’anni dopo la sua creazione: «Terrorizzato dall’idea di confrontarmi con i fantasmi dei miei vecchi ideali, evito quasi sempre di riprendere i miei primi spettacoli. E, dato che sfortunatamente non sono una persona nostalgica, confesso di aver esitato a lungo quando Marc Labrèche mi ha proposto di riprendere Les Aiguilles et l’opium. Creato nel 1991 in seguito a una dolorosa rottura amorosa, Les Aiguilles et l’opium voleva essere una riflessione sulla pulsione e il dolore che spingono certi artisti alla creazione, tessendo dei parallelismi tra la dipendenza amorosa e quella agli oppiacei. Mi sono quindi imposto il duro lavoro di visionare vecchie registrazioni VHS per scoprire che, anche se la scrittura scenica era invecchiata, lo scopo sembrava non aver perso nulla della sua efficacia. Scritto molto prima di Internet, dei social media e dell’11 settembre, le riflessioni esistenziali del protagonista sono oggi più universali che mai e gli estratti della Lettera agli americani di Jean Cocteau ci appaiono oggi quasi profetici».
One night in 1949, on a plane taking him back to France, Jean Cocteau writes his Letter to Americans in which he writes of his fascination and his disenchantment: he had just visited New York, to present his latest film. In the same period, Miles Davis visited Paris taking with his inimitable bebop style. The Parisian jazz aficionados celebrated his arrival, and one song was enough for Juliette Gréco to open her heart to him. Forty years later, in the Hotel de La Louisiane a Canadian is struggling to forget a past love. His sentimental torment is a sort of parallel of Cocteau’s addiction to opium, or that of Miles Davis for heroin. A performance both theatrical and with some elements of illusionism, Lepage revisits Les Aiguilles et l’opium twenty years after its creation. The result is a hypnotic performance, a journey along a dark tunnel to reach the light at the end.