LEI LEAR, UNA STORIA DI BAFFI @Il Respiro del Pubblico Festival 22: la riflessione sul senso delle cose

LEI LEAR, coproduzione tra Muchas Gracias e Teatro C’Art, di e con Chiara Fenizi e Julieta Marocco, che curano anche la regia con André Casaca, e UNA STORIA DI BAFFI di e con Domenico Cucinotta e Mariapia Rizzo, sono stati proposti per IL RESPIRO DEL PUBBLICO FESTIVAL 22 al Teatro di Cestello di Firenze. Due spettacoli complessi e disturbanti che mettono in crisi lo spettatore, costretto ad interrogarsi sul senso profondo di ciò che ha visto.

Di Medárd Lekli, Scuola di Critica Teatrale Ciuchi Mannari, Cantiere Obraz

LEI LEAR: la frustrazione di aspettare Godot

una scena di LEI LEAR con Chiara Fenizi e Julieta Marocco

Shakespeare: Re Lear. Le due sorelle malvagie uccidono il Padre. “Dio è morto! Dio reste morto! E noi l’abbiamo ucciso! Come potremmo sentirci a posto, noi assassini di tutti gli assassini? Nulla esisteva di più sacro e grande in tutto il mondo, ed ora è sanguinante sotto le nostre ginocchia: chi ci ripulirà dal sangue? Che acqua useremo per lavarci? Che festività di perdono, che sacro gioco dovremo inventarci?” – chiede Nietzsche, e Chiara Fenizi e Julieta Marocco tentano di rispondergli portando le due sorelle shakespeariane nel mondo assurdo di Aspettando Godot di Beckett. LEI LEAR – portato in scena nell’ambito de IL RESPIRO DEL PUBBLICO FESTIVAL di Cantiere Obraz – è un monologo a due voci, interpretato con maestria dalle due attrici, che parlano e si muovono in perfetta sintonia per tutta la durata dello spettacolo. Riflettono, litigano, scherzano e giocano con noi (il pubblico), con il (ricordo del) Padre – rappresentato da un raggio di luce – ma soprattutto tra di loro. Sono uno strano intermezzo tra un unico personaggio e due distinti. Si amano e si odiano; si sostengono l’una con l’altra, ma si fanno male a vicenda; si allontanano, per tornare a tenersi per mano. Sono un Narciso che si sputa nel riflesso.

Il non-tema di LEI LEAR

E di cosa parlano? Di tutto e del nulla cosmico: sempre delle stesse cose. Sono ridondanti e ripetitive, in fondo anche noiose, proprio come Vladimiro ed Estragone mentre aspettano Godot. La differenza è che nel caso di Goneril e Reagan, le figlie di Re Lear, sono state proprio loro a mandare via il Padre di cui adesso sentono la mancanza. Lo sanno questo, lo sanno bene, ed è la ragione per cui sono sempre più frustrate. Hanno dentro un’aggressività repressa, che ogni tanto erompe. Di cosa parlano? Di morte. Di omicidio. Sono cose serie, talmente serie ed angoscianti, che bisogna scherzarci sopra, finché non diventano ridicole. Si rivolgono direttamente a noi, spettatori – ad un certo punto ci invitano addirittura ad ucciderci, dando persino il tempo per farlo. “Non è facile uccidere. È più facile morire. Voi tutti morirete prima o poi, ma chi di voi ha ucciso?”. Fa il suo effetto. Ridiamo, ridiamo per forza, perché sentiamo che sono cose serie, troppo serie, perché il Padre è morto, resta morto, e noi l’abbiamo ucciso. Ridiamo e applaudiamo insieme, in perfetta sintonia: complici. E poi torniamo nel nostro mondo alienato, orfano, e pensiamo a quel bastardo che ha ucciso il Padre. A quello che ha fermato Godot. Due sorelle incapaci. Un pubblico incapace. Il Padre ormai incapace: tutti che aspettano che l’altro agisca. Mamihlapinatapai – direbbero gli Yamana, se non fossero estinti. Però lo sono, quindi non ci resta che aspettare, senza nemmeno saper nominare la nostra azione. Aspettare di essere amati e di poter amare l’altro: “lo fai prima tu? No?” Allora continuiamo a scherzare sulle cose serie, e quando l’altro ride, approfittiamoci di questa sua esposizione per fargli del male. Balliamo come dei pazzi scatenati, e stoppiamo la musica sul più bello (prima che l’altro alzi il volume così tanto da farci male).

Il teatro contemporaneo di LEI LEAR

LEI LEAR è teatro moderno. Teatro nel senso che si può fare solo al teatro, perché il gioco si basa proprio sulla presenza reale del pubblico. Moderno, perché nonostante affronti tematiche eterne, lo fa utilizzando un linguaggio che parla a noi del ventunesimo secolo. È divertente ed intelligente, ma ciò che in realtà rimane nello spettatore è la noia pur senza annoiarsi. Perché aspettare Godot è noioso.

UNA STORIA DI BAFFI: se avere i baffi è un’opinione

UNA STORIA DI BAFFI: locandina

Questa storia dei baffi sta cominciando a sfuggire di mano. Sta cominciando a mandarmi in delirio. Ha un senso? Se non ce l’ha, ha senso che non abbia senso? Che cosa ho visto? Perché nessun altro ha dubbi su cosa abbiamo visto? UNA STORIA DI BAFFI è tratto dal romanzo di Emmanuel Carrère ed è scritto e diretto da Domenico Cucinotta e interpretato da lui insieme a Mariapia Rizzo, in prima assoluta per IL RESPIRO DEL PUBBLICO FESTIVAL di Cantiere Obraz al Teatro di Cestello. Un uomo, dopo molti anni di vita baffuta, decide di radersi. Come possiamo immaginare, per lui questa è una scelta importante, e infatti ci rimane malissimo quando nessun altro si accorge del cambiamento. Nessuno. Nemmeno – anzi, soprattutto – sua moglie. E ovviamente il mondo si capovolge intorno al nostro povero protagonista. Dal punto di vista tecnico è sicuramente un ottimo spettacolo: gli attori sono convincenti (eccetto alcune battute talmente assurde da rendere impossibile un’interpretazione credibile). Le soluzioni registiche fanno il loro dovere e particolarmente interessante è la soluzione dei salti temporali: luci spente, i due personaggi si muovono lungo una diagonale sui lati opposti del palco, mentre l’uomo osserva la donna – a simboleggiare la strana inclinazione della realtà del protagonista, in cui l’unico punto fisso rimasto è la moglie.

BAFFI: una trama che non c’è (come i baffi)

Perfetto, adesso passiamo alla trama. Non ha senso. Chi è pazzo? Non si sa. Tutti. Nessuno. Alcuni indizi mandano di là, altri di qua. Diventa completamente impossibile capire cos’è fantasia del protagonista e cos’è la realtà. Non ci sono spiegazioni razionali che possano scacciare ogni dubbio. E fidatevi: questo non è un mio capriccio. Non sono uno di quei pignoli che dicono “Il ritorno al futuro non ha senso, perché i viaggi nel tempo non esistono”. Quello è diverso! Sì, i viaggi nel tempo non esistono, ma se accettiamo la loro esistenza, il film diventa sensato. Ha delle regole a cui si attiene. Una STORIA DI BAFFI non ha delle regole. Faccio un esempio. All’inizio la coppia è diretta ad una cena con gli amici. L’uomo si rade, e aspetta la loro reazione, che però non arriva. Dopo, quando marito e moglie inizieranno a litigare, uno dei punti a favore della donna, saranno appunto gli amici, i testimoni esterni. Perfetto. Fino a questo punto tutto quadra. C’è l’anomalia dei baffi (come il viaggio nel tempo), e lo spettatore inizia ad indagare questa strana situazione. Cominciamo a capire le sue dinamiche. E poi si scopre che nemmeno gli amici esistono. Cioè questo poverino non solo si è immaginato di avere i baffi, ma addirittura persone che non si ricordavano che lui li avesse. E ogni volta, che l’uomo o lo spettatore cominciano finalmente a capire le nuove regole, la trama fa un nuovo plot twist, che scombina tutto. L’unica regola è che non ci sono regole fisse. Se non ci sono regole fisse, la trama non può avere un senso. Però! Ha senso che non abbia senso? Forse. Non tutte le storie hanno senso però devono avere un “significato”, cioè un motivo per cui vale la pena raccontarle. Forse semplicemente perché è bello esteticamente. Ci sta, è una ragione valida. Ma la ragione va capita e soprattutto va ammessa onestamente. Se no, cominciano i problemi.

La ricerca del senso delle cose

UNA STORIA DI BAFFI, con Domenico Cucinotta

Torniamo a noi! Una storia di BAFFI ce l’ha un significato o è semplicemente delirante per il puro piacere di esserlo, e fa solo finta di essere più intelligente di quello che sembra? Inizialmente tendevo verso la seconda opzione. Ma non ci volevo credere. Quindi ho cominciato ad indagare, prima di tutto chiedendo a Domenico Cucinotta. Per lui il significato principale della storia è che ogni tanto nella vita delle persone si può verificare un guasto che altera totalmente l’ordine che regnava fino a quel momento. Ad esempio l’esperienza della morte che però può trasformare ma non distruggere. Invece nel caso dei baffi non avviene una trasformazione: tutto il passato diventa evanescente. Nulla è certo. In ultima, e faticosa, analisi lo spettacolo descrive perfettamente come le persone si influenzano a vicenda. Ho avuto i baffi? Ha senso lo spettacolo? Siamo sempre alla ricerca di una verità assoluta ed certa, endossale. È possibile che io sia l’unico a vedere la Verità? No, probabilmente sono pazzo io. Un professorone ottuso e superficiale. Così ha senso! Così mi piace! Così torna la metafora, nonostante l’assurdità. Ognuno deve andare a teatro, guardare quell’uomo in faccia, ascoltare le argomentazioni di entrambi i personaggi, e tentare di decidere per conto proprio se il baffo c’è o meno, sapendo che la soluzione non esiste. Buona fortuna!

Il Respiro del Pubblico Festival 22: gli spettacoli

LEI LEAR

una coproduzione tra Muchas Gracias e Teatro C’Art §
di e con Chiara Fenizi e Julieta Marocco
regia André Casaca, Chiara Fenizi e Julieta Marocco
Lei Lear è supportato da PimOFF e da Murate Art District
Vincitore del Premio PimOFF per il teatro contemporaneo 2021, del Festival Inventaria 2021 ed è tra i 10 semifinalisti di In-Box 2022 con menzione speciale
25 novembre 2022, Teatro di Cestello, Firenze

UNA STORIA DI BAFFI

atto unico di Domenico Cucinotta
regia Domenico Cucinotta
con Domenico Cucinotta e Mariapia Rizzo
produzione Teatro dei Naviganti
prima assoluta
30 novembre 2022, Teatro di Cestello, Firenze

Scuola di critica teatrale

L’articolo è stato realizzato nell’ambito del progetto Scuola di critica teatrale Ciuchi Mannari all’interno della seconda edizione de Il Respiro del Pubblico Festival 22 di Cantiere Obraz, con la direzione artistica di Alessandra Comanducci e Paolo Ciotti, realizzato grazie al contributo di Fondazione CR Firenze.

I partecipanti al Gruppo di visione Ciuchi Mannari sono stati (in ordine alfabetico): Ayaman Abouelkhir, Renato Bacci, Emma Bani, Gaetano Barni, Patricia Bettini, Viola Caliendo, Lorenzo Cervini, Yana Chimienti, Angel Grace Corales, Elena Faggioli, Medard Lekli, Alessandra Mancarella, Marika Sani, Livia Tacchi.

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