LEI LEAR, DI MALAVOGLIA, EFFETTO PAPAGENO @Il Respiro del Pubblico Festival 22: drammaturgie a confronto

Il Festival Il Respiro del Pubblico 22 a cura di Cantiere Obraz, giunto alla sua seconda edizione e tenutosi a Firenze dal 19 Novembre al 5 Dicembre 2022, porta in scena presso il Teatro di Cestello di Firenze tre drammaturgie originali dai ritmi profondamente diversi, incalzante e sfrenato LEI LEAR di Chiara Fenizi e Julieta Marocco, lento e riflessivo DI MALAVOGLIA di Michele Santeramo, ironico e riflessivo EFFETTO PAPAGENO di Daniela D’Argenio Donati e Michele Panella, per parlarci della colpa e della cura nell’esistenza umana.

di Patricia Monica Bettini, Scuola di critica teatrale Ciuchi Mannari, Cantiere Obraz

LEI LEAR: un paradosso comunicativo relazionale senza fine

una scena di LEI LEAR con Chiara Fenizi e Julieta Marocco

Le compagnie Muchas Gracias e Teatro C’Art in coproduzione hanno presentato all’interno del Festival Il Respiro del Pubblico LEI LEAR con Chiara Fenizi e Julieta Marocco, anche registe insieme a André Casaca: un atto unico tempestoso e prorompente che con ritmo incalzante e inesorabile dimostra il paradosso della incomunicabilità immersi nella contraddittoria relazione delle due speculari, malvage, inseparabili e conflittuali sorelle gemelle Goneril e Reagan, di shakespeariana memoria. In un palco nudo, illuminato da luci lampeggianti e riempito esclusivamente dalla esuberanza dell’eterno gioco, fisico e verbale, scoppiettante e irrefrenabile delle due attrici, in un clima beckettiano, sospeso, le due sorelle si dibattono all’unisono in un doppio legame, in una impossibile comunicazione, fatta di molte domande senza risposte. Vestite e pettinate uguali, procedono quasi perennemente a braccetto, parlando all’unisono o specularmente, indissolubilmente unite e separate dalla stessa sete di potere, dal comune intento patricida, esiliate nella fuga. Convulsamente alla ricerca di un assassino da colpevolizzare, le due attrici sono contemporaneamente complici e nemiche, parti integranti di un unico, forse anche per loro non completamente governabile, obiettivo e destino nel quale si dibattono senza fine. Inutile ogni tentativo, tanto meno l’esito consolante e dissolutivo nella reciproca morte, l’una per mano dell’altra, presente invece nell’originale di Shakespeare. I momenti interlocutori con il pubblico, coinvolto in questo “divertimento” suo malgrado, intendono implacabilmente a proiettare all’esterno le colpe con una sfilza di interrogativi serrati fra inglesismi e slang contemporanei, surclassati dalla foga clownesca delle due sorelle. Gli spettatori, tra le risate a denti stretti, vivono la percezione, a tratti anche sgradevole, di essere utilizzati in una relazione che da una parte ci vuole partecipi, coinvolti e responsabili e dall’altra ci esclude, lasciandoci solo per qualche secondo la possibilità di scegliere l’ipotesi di un paradossale, angosciante e paralizzante atto omicida tra il pubblico. Si esce con la percezione sensoriale e mentale di aver assistito ad un lavoro ricco di idee e grande impegno fisico oltre che intellettuale, incarnato dalle due bravissime attrici.

DI MALAVOGLIA: il respiro vitale del “sostare”

Michele Santeramo

DI MALAVOGLIA, monologo scritto e interpretato dal drammaturgo e attore Michele Santeramo, ci invita a chiedersi se la vita sia quella che perseguiamo costantemente agitandoci ed ansimando, verso risultati indotti da altri, oppure quella che si può assaporare nel restare in un ritmo lento che contempli la sosta, l’inattività, la riflessione, per ritrovare sé stessi ed i propri desideri. La drammaturgia, ispirata dal personaggio di Bastianazzo de I Malavoglia di Verga, si dipana nel palco vuoto, in proscenio, con solo un leggio ed uno sgabello a sorreggerne la narrazione. Bastianazzo ci viene presentato nel momento in cui, dopo essere inciampato e caduto a terra, nonostante le incitazioni e le richieste dei suoi familiari, lì, a terra, decide di restare. Affiancata da altre due storie di uomini contemporanei, altrettanto ingabbiati nel ripetersi di “una vita che vita non è” persa nella complessità del suo dispiegarsi, carica di predestinata fatica e preoccupazione, Santeramo conduce una riflessione sull’importanza di riconoscersi cadute, fallimenti, sofferenze, delusioni e perdite. Ne conseguono distanziamenti solitari da tutto e da tutti, aspetti fisiologicamente integranti dell’esistenza. La voce lieve e carezzevole di Michele Santeramo entra in dialogo interiore con sé e con lo spettatore, a cui si rivolge con il suo sguardo e respiro sulla vita, che diventa inevitabilmente lo sguardo ed il respiro di tutti noi che qui, in questo spazio e tempo scenico, lo ascoltiamo, alla ricerca del ritmo calmo di un’esistenza che non è soltanto ripetizione di compiti ed azioni senza sosta, ma possibilità di fermarsi, stazionare, anche a lungo, in uno spazio-tempo vitale che solitamente ignoriamo o neghiamo. Un “lasciare e lasciarsi andare” per ritrovarsi con se stessi, riposarsi, consolarsi, curarsi dalle ferite e guarire dai traumi, per ridarsi l’opportunità di una ripresa dettata esclusivamente dal proprio desiderio di essere e ricominciare. In questa ora di spettacolo il testo di Santeramo, ed il suo riferito e riferirsi a tutti noi, ci fa sentire inesorabilmente partecipi di questa profonda, poco sondata e non riconosciuta condizione umana che, se pure ci rende soli, universalmente ci accomuna.

EFFETTO PAPAGENO: le parole che curano

Daniela D’Argenio Donati

EFFETTO PAPAGENO, di e con Daniela D’Argenio Donati, scritto insieme a Sofia Bolognini e Michele Panella, che né è anche regista, tratta coraggiosamente il tema tabù del disagio psicologico, intriso di stereotipi e pregiudizi, e del potere fortissimo dell’ascolto e dell’empatia non giudicanti e stigmatizzanti, che agiscono appunto come Effetto Papageno contrastando il malessere e la tensione al suicidio. Il tema complesso e delicato viene presentato con un registro inusuale, che oscilla per tutto l’atto unico, sui due binari paralleli del comico, ironico e leggero da una parte, e del drammatico, riflessivo e profondo dall’altra. La messa in scena, quasi completamente in mezzo al pubblico, con il quale l’attrice/personaggio dialoga, gioca ed interloquisce, narra la storia di una donna, con probabile sindrome bipolare, dalla sua giovinezza fino alla sua menopausa, in un arco temporale dal 1968 fin quasi ai giorni nostri. Attraverso un diario, su cui la protagonista è stata invitata a scrivere i suoi pensieri ed emozioni, per sortire un effetto terapeutico, scorrono gli accadimenti e le trasformazioni socio-culturali della nostra storia, eventi pubblici con evocazioni emozionali, sottolineate dalle colonne musicali di quegli anni, trasmesse da una radiolina in proscenio. Lasciando spesso bianche le pagine del suo diario, poiché più intenta a vivere la sua vita reale, la protagonista affida alla sua voce il racconto di questo percorso di donna, moglie e madre, connotato da gioie e dolori, conquiste e perdite, benessere e malessere, tentativi verso la morte e risalite verso la vita. Eppure, nonostante si colga l’estenuante oscillazione fra momenti luminosi e momenti oscuri, ciò che ci arriva è la forte intensità specifica di ognuno di questi momenti, a cui Daniela D’Argenio rende presenza viva e incandescente. Coinvolge gli spettatori rendendoci uguali a lei per possibile sorte, facendoci partecipi sia quando ci anima in simulazioni dei suoi giorni più felici, lucidi e socializzanti, sia quando in soliloquio ci fa entrare nel baratro dei suoi giorni più tristi. Una partecipazione emotiva totale, dove ci si sente accomunati dalla possibilità di comprensione, sorridendo, ridendo o restando in silenzio rispettoso accanto a lei; sperando di esserle vicini con parole altrettanto consolanti e stimolanti di quelle regalatele dalla figlia, vogliamo immaginare un ponte verso un buon futuro, aldilà delle pagine bianche che strappa, una dopo l’altra, sola e sempre più lontana, fino a scomparire nel buio totale del palco.

Il Respiro del Pubblico Festival 22: gli spettacoli

LEI LEAR

una coproduzione tra Muchas Gracias e Teatro C’Art
di e con Chiara Fenizi e Julieta Marocco
regia André Casaca, Chiara Fenizi e Julieta Marocco
Lei Lear è supportato da PimOFF e da Murate Art District
Vincitore del Premio PimOFF per il teatro contemporaneo 2021, del Festival Inventaria 2021 ed è tra i 10 semifinalisti di In-Box 2022 con menzione speciale
25 novembre 2022, Teatro di Cestello, Firenze

DI MALAVOGLIA

produzione Mowan Teatro | con il sostegno della Regione Toscana
di e con Michele Santeramo
in collaborazione con Alessandro Brucioni
Prima fiorentina
26 novembre 2022, Teatro di Cestello, Firenze

EFFETTO PAPAGENO

di Sofia Bolognini, Daniela D’Argenio Donati, Michele Panella
con Daniela D’Argenio Donati
regia Michele Panella
progetto grafico Tadà Design
suoni Dario Costa
produzione Tri-boo in collaborazione con Sotterraneo
27 novembre 2022, Teatro di Cestello, Firenze

Scuola di critica teatrale

L’articolo è stato realizzato nell’ambito del progetto Scuola di critica teatrale Ciuchi Mannari all’interno della seconda edizione de Il Respiro del Pubblico Festival 22 di Cantiere Obraz, con la direzione artistica di Alessandra Comanducci e Paolo Ciotti, realizzato grazie al contributo di Fondazione CR Firenze.

I partecipanti al Gruppo di visione Ciuchi Mannari sono stati (in ordine alfabetico): Ayaman Abouelkhir, Renato Bacci, Emma Bani, Gaetano Barni, Patricia Bettini, Viola Caliendo, Lorenzo Cervini, Yana Chimienti, Angel Grace Corales, Elena Faggioli, Medard Lekli, Alessandra Mancarella, Marika Sani, Livia Tacchi.

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