LEAR. LA STORIA. La versione italiana di Shakespeare

"Lear. La storia" è un lungo spettacolo di Giuseppe Dipasquale, co-prodotto da Teatro Stabile di Catania e Teatro Stabile di Napoli, che vede in scena tre grandi attori: Mariano Rigillo nei panni del sovrano, Anna Teresa Rossini nei panni del matto di corte, Sebastiano Tringali nei panni di Gloucester.

La trama della tragedia è nota: Lear, nel dividere il regno tra le tre eredi a seconda delle loro manifestazioni d'affetto, è sorpreso dal silenzio della figlia minore. Cordelia è quindi diseredata e bandita, mentre a ciascuna delle altre due viene assegnata un metà del regno. Regan e Gonerill si dimostreranno però ingrate e ridurranno prima del tempo alla miseria il padre, che prenderà a girovagare all'addiaccio in compagnia del suo matto. Pazzo anche lui, ma di dolore, Lear incontra personaggi misteriosi che fanno del travestimento e della finzione il fulcro della loro azione.

Il dramma shakespeariano, restituito nella popolare e bella traduzione di Masolino D'Amico, offre a Mariano Rigillo per la prima volta la possibilità di misurarsi con "un personaggio biblico" dell'autore inglese. L'attore napoletano lo interpreta con la solita maestria: una recitazione dalla grande musicalità. Altrettanto si dica per i bravissimi Sebastiano Tringali e Anna Teresa Rossini, chiamati a impersonare due personaggi chiave, entrambi, ciascuno a suo modo, doppi del protagonista. La follia del matto e la cecità di Gloucester sono infatti due dei tanti temi che pervadono questa tragedia colossale, dal potere, al senso della vita, ai rapporti generazionali.

Le tre ore di spettacolo che risultano dal riadattamento di Giuseppe Dipasquale, conservano intatta la struttura drammaturgica molto avvincente dell'originale: lo spettatore è irretito in un intreccio che è, come nei romanzi, l'insieme di diverse trame parallele, tutte confluenti, in questo caso, nella morte finale di quasi tutti i protagonisti, un evento che, come in molte delle tragedie del bardo, consegna anche una sorta di morale allo spettatore: finisce male ciò che inizia con il piede sbagliato, occorre aprire gli occhi e non cedere alle lusinghe delle apparenze per condurre la propira vita verso il bene.

Certo, il teatro di Shakespeare era pensato per un pubblico che non aveva altri intrattenimenti se non il teatro stesso. Oggi la televisione, il cinema e mille altre armi di distrazione di massa ci hanno abituato a ben altri tempi di fruizione. Per questo, la riduzione drammaturgica non poteva non risultare a tratti pesante per il pubblico del Mercadante.

La regia di Dipasquale, d'altronde, ha lo stampo del tipico teatro di prosa italiano, e forse anche per questo motivo l'effetto che ne deriva è più simile a una gratificazione intellettuale che a una soddisfazione emozionale. Tutto il cast, mediamente di alto livello, partecipa con energia a dire il testo. Si tratta infatti, più che di una carnale e corporea interpretazione, di una fine ed energica dizione dello scritto. In coerenza con quest'impostazione, molte delle azioni fisiche curate da Donatella Capraro, che mettono in relazione i diversi attori sulla scena, sono tendenzialmente finte e esplicitamente rappresentative. Questa regia, come risulta anche dai misurati applausi finali, fa della chiarezza rappresentativa la sua cifra, mentre la ricerca di un approfondimento emotivo dei rapporti tra i personaggi e, per loro tramite, degli attori, pare abdicare alla loro tecnica accademica.

Il fine disegno luci di Franco Buzzanca, i bei costumi di Angela Gallaro e le cinematografiche musiche di Germano Mazzocchetti – assenti le scene a causa di uno sciopero dei dipendenti dello Stabile di Catania – nutrono la rappresentazione di atmosfere e tonalità prevalentemente oscure, ma non riescono a gettare lo spettatore nella profondità di un dolore tragico che il pubblico di oggi avrebbe bisogno forse di provare, per sentire l'opera di Shakespeare come un punto di riferimento esperienziale necessario al proprio percorso umano, più che come un pezzo di repertorio da aggiungere alla lista delle proprie conoscenze.

 

 

LEAR

La storia

di William Shakespeare
traduzione Masolino d’Amico
adattamento, regia e scene Giuseppe Dipasquale
con Mariano Rigillo, Anna Teresa Rossini, Sebastiano Tringali, David Coco, Filippo Brazzaventre, Silvia Siravo, Giorgio Musumeci, Luigi Tabita, Cesare Biondolillo, Enzo Gambino, Roberto Pappalardo

opere in scena e costumi Angela Gallaro
musiche Germano Mazzocchetti
movimenti scenici Donatella Capraro
luci Franco Buzzanca

produzione Teatro Stabile di Catania, Teatro Stabile di Napoli

Mariano Rigillo interpreta il Re Lear di Shakespeare in questa nuova stagione dello Stabile con la regia di Giuseppe Dipasquale. Il dramma si apre con la decisione del re Lear, stanco e in tarda età, di abdicare al trono e di dividere il regno tra le sue tre figlie ponendo loro un test: la figlia che dimostrerà di amarlo di più, otterrà la migliore porzione del Regno. Regan e Goneril sono le prime a proclamare con parole piene di trasporto il loro amore al padre. Lear è compiaciuto ed assegna a ciascuna di esse una parte del regno. Ne conserva un’ultima, la migliore, per la figlia più giovane e favorita, Cordelia che, purtroppo, è poco incline alle falsità e alle menzogne e non intende per nulla al mondo comportarsi come le sorelle. Dichiara perciò semplicemente di amare Lear tanto quanto una figlia può amare un padre. Lear furioso tenta di persuadere Cordelia di riconsiderare la sua risposta, ma senza successo; avventatamente, in preda al furore Lear decide di non concedere a Cordelia alcuna terra e di bandirla dal regno, che destina invece alle altre due figlie.

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