La Macchina del Tuono porta in scena al Teatro di Rifredi Le opere complete di William Shakespeare in versione abbreviata, commedia originale che debutta nel 1987 al Fringe Festival di Edimburgo. Trentasette opere rese in chiave parodica in soli novanta minuti di puro intrattenimento, non privo di qualità tecniche e filologiche. Il sipario all’italiana chiuso all’ingresso in sala degli spettatori è una scelta molto chiara: l’ora e mezza in compagnia della Shakespeare Bignami Company sarà deputata alla finzione e all’intrattenimento.
a cura di Giulio Meoni
L’intero spettacolo presenta una grande commistione tra richiami all’epoca di Shakespeare ed elementi estremamente moderni. Anche nei costumi si assiste ad una mescolanza tra antico e contemporaneo: gli attori indossano abiti che in qualche modo rimandando al popolare dell’epoca elisabettiana e, per contrasto, delle Converse All Stars. Parrucche spettinate, gorgiere con il velcro e spade giocattolo sono gli ingredienti di questo gioco teatrale. Una comicità semplice, senza essere banale. La semplicità in questo caso è estremamente curata e puntuale, merito delle capacità e dell’esperienza di chi la porta sul palco. Tre soli attori per mettere in scena tutte le trentasette opere del Bardo: Fabrizio Checcacci (Sir Fabricius), Roberto Andrioli (Sir Robert) e Lorenzo Degl’Innocenti (Sir Lawrence) che oltre a recitare hanno curato anche la regia. Un trio tutto fiorentino che si pone sotto l’egida della Bignami Shakespeare Company per omaggiare le opere del famoso drammaturgo inglese. La grande esperienza dei tre artisti viene fusa per un risultato molto buono, questo permette loro di poter utilizzare un gran numero di metodi e tecniche teatrali: teatro fisico, musica, canzoni, marionette, ed altre ancora. La recitazione buffonesca si compone delle più tipiche movenze dei Comici dell’Arte (così come si può capire dalle fonti iconografiche pervenuteci). A differenza delle Compagnie dell’Arte, però, tra gli attori del teatro elisabettiano non si registrano presenze femminili e allo stesso modo in questa rappresentazione i ruoli femminili sono interpretati da attori uomini con indosso una parrucca.
Lo scopo di questo spettacolo è quello di scrollare di dosso a Shakespeare, e di riflesso alle sue opere, quella patina di elitarismo che fa allontanare le persone. Per raggiungere questo risultato sono stati adoperati due meccanismi semplici ma al contempo estremamente efficaci: dissacrare uno dei più grandi drammaturghi del Teatro, coinvolgere attivamente il pubblico. In questo spettacolo il pubblico è costantemente chiamato a partecipare. A sipario chiuso uno degli attori esce ed oltre a presentare gli altri ci chiede espressamente di utilizzare i telefoni cellulari per foto e video da pubblicare sui propri social. La quarta parete è da subito abbattuta. Gli attori fanno domande al pubblico, scendono tra di esso e ci interagiscono moltissimo, tanto da renderlo davvero partecipe perfino sul palco. Il teatro non è luogo di regole strette, non è un’accademia, una scuola; è piuttosto un luogo di condivisione e di svago. Queste ultime sembrano essere le parole chiave su cui basa la rappresentazione. L’ironia scaturisce dal parodiare non solo le opere shakespeariane, piuttosto si estende ai più disparati temi: tra la parodia della cultura alta ed elitaria e la mistificazione della biografia shakespeariana, il fine resta quello di restituire al popolo il teatro e al teatro una valenza popolare. La comicità proposta è la cosiddetta comicità da cabaret: battute semplici, a volte anche scontate, sparate a raffica una dietro l’altra. Una comicità vivace e diretta che si esprime ad esempio nella riduzione proposta dell’Amleto: l’attore declama la battuta “..se fosse già notte..” ed immediatamente le luci cambiano in maniera evidente e volutamente forzata; o ancora il fantasma del padre di Amleto che viene reso con un attore vestito da Darth Vader che esclama “..Amleto, sono tuo padre!”
La finzione non è nascosta, ma spudorata in ogni momento. Il Tito Andronico è reinterpretato e strutturato come una puntata di Masterchef tutta sangue ed amputazioni. Il costume da chef di Sir Fabricius e Sir Lawrence con le mani tagliate rese da guanti rossi rimandano al concetto di inverosimiglianza. Alti passaggi durante i quali risulta eclatante la mescolanza tra antico e contemporaneo è quello dell’Otello, rappato in beatbox e poi ancora l’Enrico VI e il Riccardo II raccontati come i cronisti commentano le partite di calcio: qui invece della palla i giocatori-attori si passano la corona. Per quanto ci riguarda l’unica pecca dello spettacolo si presenta nel finale. Nell’ultima scena gli attori ripropongono il dramma di Amleto in tre diverse modalità: prima la versione in linea con le riduzioni apportate alle altre opere, poi si alza l’asticella e viene rappresentato in un minuto ed infine al contrario. Purtroppo questa scelta rallenta molto il ritmo dello spettacolo che è così ben cadenzato e veloce. Ci si aspetta che il climax sul finale sia una vera e propria montagna russa, in realtà è stata più un bruco mela. Viene percepito come una distensione del tempo e del ritmo non necessaria. Se siete completamente o quasi digiuni delle opere del Bardo quale occasione migliore: l’opera omnia di Shakespeare in soli 90 minuti.
LE OPERE COMPLETE DI WILLIAM SHAKESPEARE in versione abbreviata
di Adam Long, Daniel Singer e Jess Winfield
traduzione di Andrea Buzzi
uno spettacolo interpretato e diretto da:
Fabrizio Checcacci, Roberto Andrioli e Lorenzo Degl’Innocenti
produzione: La Macchina del Suono – La Macchina del Tuono
foto di Antonio Viscido
Teatro di Rifredi
19 marzo 2019