Dal 22 al 26 ottobre, l’associazione Kerkìs – Teatro antico in scena ha proposto in apertura alla stagione teatrale 2019-2020 del Teatro Kerkis (dal titolo Sogni e visioni) Le Baccanti di Euripide, riconfermandosi nel panorama teatrale milanese come realtà del tutto peculiare e stimolante.
Sempre nell’ottica di recupero della tradizione classica finalizzata a una fruizione non elitaria, la professoressa Elisabetta Matelli (responsabile della drammaturgia) e il regista Christian Poggioni offrono uno spettacolo suggestivo e di qualità, filologicamente puntuale e impeccabile dal punto di vista registico.
Due i protagonisti ideologicamente antitetici e ambedue affascinanti, un dio e un sovrano: il dio si chiama Dioniso, il sovrano Penteo. La tragedia scaturisce dallo scontro dialettico fra le due parti: il primo incarna l’impulso dirompente e irrazionale, l’emotività incontrollata e pulsionale e di base non vuole far del male, vuole solo la sua divinità riconosciuta e i suoi riti legittimati. Il secondo, d’altra parte, è il rappresentante dell’arroganza umana che si concretizza in un potere cieco e dispotico: egli nega la natura divina di Dioniso e dichiara illeciti i suoi riti.
Kerkìs offre una lettura delle Baccanti come dramma ideologico: a contrastarsi non sono persone fisiche, ma linee di pensiero. Il baricentro di questa versione sobria e puntuale delle Baccanti è per l’appunto il pathos originato dallo scontro dialettico fra due personaggi ostinati e inflessibili che gli attori riescono a sviscerare lodevolmente in ogni sfaccettatura innervando lo spettacolo di tensione emotiva.
Fra loro è tutto un gioco dello scavalcarsi in cui fin dall’inizio si percepisce l’incombere della tragedia. Il ritratto che ne viene tracciato è quello di due peccatori di hybris: l’uno sconfitto e punito per la sua empietà, l’altro vincitore senza trionfalismi. Sorprendente la trasformazione di Penteo, passaggio scenico di per sé ostico da gestire: quello che in un primo momento viene dipinto come un sovrano arrogante e prevaricatore, dal temperamento sanguigno e impetuoso cede di fronte ai trucchi e agli inganni dello Straniero – Dioniso in forma umana – che conducono Penteo in una trappola mortale. L’interprete riesce a gestire il cambio con grande perizia. prima dell’agghiacciante fine egli ci appare delegittimato come sovrano e devirilizzato come uomo, sotto il giogo crudele del sadico Dioniso.
Di quest’ultimo, sadico trascinatore di uomini, viene offerto un ritratto carico di spietata ambiguità che l’interprete riesce con destrezza a trasmettere: inquieta, turba e intimorisce, ma è impossibile non subirne il fascino, partecipare al gioco malizioso che egli imbastisce contro l’ignaro Penteo. L’interprete dona al suo personaggio un’inquietante leggiadria che ammalia e seduce proiettando il pubblico in una dimensione estatica ed erotizzante, votata al piacere edonistico e regolata dall’impulso selvaggio. Incanta, sì, ma fino alla presa di coscienza finale, non appena si realizza la spietatezza dei fatti. A quel punto, inevitabilmente, ce ne si distacca.
Lo spettacolo evidenzia anche un’altra faccia del testo di Euripide, talvolta trascurata: Le Baccanti non sono solamente tragedia degli impulsi selvaggi e dell’eros sfrenato, ma anche di pietà e sofferenza, in particolare nell’ultima parte. Non c’è nulla di trionfalistico nella vittoria di Dioniso: restano solo il lutto e lo strazio di Agave, madre e inconsapevole assassina di Penteo. Questi viene punito per la sua empietà, tuttavia è vittima di un gioco inconsapevole: anche l’arrogante detentore del potere che ne fa un uso incongruo nel momento in cui incombe su di lui la rovina diviene oggetto di commiserazione.
Alla profonda lettura del testo e dalla competenza tecnica degli attori scaturisce quindi uno spettacolo di grande intensità emotiva e ricco di sfumature. E per farlo non è necessario un contesto scenografico sofisticato: la parola assume valore evocativo, compenetrando una scenografia sobria e minimale e creando spazi d’azione supplementari. Gli attori si fanno carico dello stile suggestivo e minuzioso di Euripide, lo interiorizzano e lo concretizzano sulla scena. A sorprendere sono dettagli e particolari che si imprimono nella mente: dal languore trasognato delle baccanti all’espressione circospetta di una guardia fino agli aspetti più macabri come la testa di Penteo conficcata nel tirso.
Le Baccanti di Kerkìs valorizzano la carica dirompente dell’ultimo testo di Euripide: le figure del mito risultano modernizzate, sottratte alla sfera dell’astratto e immerse nella più concreta realtà. Le componenti terrestre e divina si intersecano in un racconto dal carattere tragico, lirico e intrinsecamente poetico, reso ancor più coinvolgente dalla passione di un gruppo di giovani attori maturati in un contesto formativo di alto livello.
In definitiva Kerkìs aggiunge con successo un altro significativo tassello alla nobile missione che dal 2011 li contraddistingue: farsi custodi e portavoce della memoria del teatro antico.
Info:
Direzione drammaturgica: Elisabetta Matelli
Direzione artistica e regia: Christian Poggioni
Allestimento: Eri Çakalli
Scene e costumi: Dino Serra
Musiche: Samuele Francesco Mazza
Con Simone Mauri, Stefano Rovelli, Giulia Quercioli, Federico Salvi, Vincenzo Politano, Stefano Begalli, Federica Scazzarriello, Vito Marco Sisto, Marta Banfi, Francesca Beltrame, Federica Dagonese,Annachiara Fanelli, Eleonora Fedeli, Susanna Folegatti, Martina Mauri,Mike Colturi, Laura Fois, Luisa Rapetti