LE NOSTRE FIGLIE SI AMANO @Teatrosophia, la torbida ossessione di due sorelle: recensione e intervista con l’autore

Lo spettacolo LE NOSTRE FIGLIE SI AMANO ha inaugurato venerdì 6 ottobre la stagione di Teatrosophia, per la direzione artistica di Guido Lo Moro. Un testo di Antonio Mocciola, diretto da Giorgia Filanti e interpretato dalla bravissima Serena Borelli, che ha portato in scena il torbido e malsano rapporto di amore e odio tra due sorelle agli antipodi. A seguire un’intervista con l’autore.

Le nostre figlie si amano: un rapporto morboso e tragico

locandina di Le nostre figlie si amano di Antonio Mocciola @Teatrosophia
locandina di Le nostre figlie si amano di Antonio Mocciola @Teatrosophia

Giordana ha lasciato l’asfittico e povero paese in cui è nata e ha aperto una libreria nella vicina città insieme al marito, ma gli affari sono andati male e si ritrova sola e allo sbando, senza libreria e senza marito. Giordana ha il vizio del bere e fuma tanto, troppo; pressata dall’invito della sorella Pia a trasferirsi da lei, riluttante accetta. Da qui comincia un crescendo ossessivo, una discesa agli inferi nelle malate dinamiche psicologiche dei due personaggi che, vittime e carnefici insieme, svelano i contorni più intimi e i retroscena più terribili del loro rapporto, dall’abbrutimento del contesto familiare nel quale sono cresciute al fallimento di ogni speranza di salvezza, fino all’orrore del tragico finale.

Una carismatica serena borrelli

Un senso di straniamento avvolge subito lo spettatore, ammaliato dalla carismatica interpretazione di Serena Borelli, che si sdoppia virtuosisticamente nei ruoli di Giordana e Pia a ritmi serrati. La scenografia è praticamente assente, uno spazio domestico vuoto in cui il dipanarsi della follia dei due personaggi rimbomba amplificato dalla bravura di Borelli, ottimamente diretta dalla regia puntuale di Giorgia Filanti.

Passando da toni suadenti e affettuosi ad altri disperati e violenti, la voce di Borelli tocca un ampio ventaglio espressivo e fa immergere il pubblico nel racconto tragico e assurdo delle due sorelle. Colpisce di Borelli l’uso del corpo, la capacità di conquistare lo spazio scenico e catalizzare l’attenzione anche solo con la propria fisicità. Notevole la scena in cui si ritrova a cadere ripetutamente sulle caviglie e camminare sulle stesse che, nella reiterata follia del gesto, crea un effetto da brivido.

Serena Borelli è talmente brava che le si perdona anche l’uso eccessivo del cappello per contraddistinguere i personaggi e di cui non avrebbe avuto bisogno.

un realismo quasi voyeuristico

Serena Borrelli in Le nostre figlie si amano di Antonio Mocciola
Serena Borrelli in Le nostre figlie si amano di Antonio Mocciola

Le nostre figlie si amano racconta in maniera impietosa e cruda il dramma di due donne sole, due sorelle, le cui sorti sono legate a doppio filo sin dalle prime battute, carnefici e soprattutto vittime di sé stesse e l’una dell’altra, condannate in maniera ineluttabile a un misero destino.

Il testo di Antonio Mocciola porge al pubblico a poco a poco elementi sempre più foschi e torbidi del rapporto di Giordana e Pia e, con una scrittura lineare, pur nei salti temporali dei flashback, raggiunge il climax finale in maniera graduale e inesorabile. Un realismo più che fotografico quasi voyeuristico, come se il pubblico osservasse l’intimità della scena attraverso il buco di una serratura e rimanesse inchiodato davanti a una visione disturbante da cui non può sottrarsi se non dopo il terribile epilogo finale, perché fin dall’inizio si intuisce che non c’è spazio per un lieto fine per Giordana e Pia.

La sinergia tra drammaturgia, interpretazione e regia conduce il pubblico in maniera credibile ed emozionante all’interno di un dramma cupo che funziona proprio grazie al delicato e riuscito equilibrio di queste tre componenti.

Intervista con Antonio mocciola

Cosa rappresenta per te la storia di Giordana e Pia? Perché hai scelto di raccontare proprio questa storia?

Giordana e Pia, entrambe interpretate dalla stessa attrice, Serena Borelli, straordinaria artista così come lo è la regista Giorgia Filanti – a cui voglio un gran bene – sono le facce della stessa medaglia. Due donne sole, due sorelle, che si ritrovano dopo anni un po’ per necessità, un po’ per risolvere antichi conflitti. Una storia d’amore e odio, con un tocco di morbosità. 

Ti sei ispirato a qualche modello?

In questo caso sì, a un frammento di un libro davvero illuminante, “Trilogia della città di K” di Agota Kristoff. E’ da lì che ho tratto lo spunto.

La recensione di Gufetto a
L’autore Antonio Mocciola

Spesso porti in scena personaggi che vivono situazioni estreme: cosa ti spinge in questa direzione?

L’insofferenza verso il “patinato”, quel concetto stagnante di “vedo non vedo”, che io detesto. O vedo, o non vedo. Spesso scelgo di vedere,e far vedere, gli abissi dell’animo umano, e le relative perversioni. Non ci sono sentimenti illeciti, conteniamo moltitudini. E quindi non ho paura di mostrare quello che più ci appartiene, e il nudo – molto spesso – è la condizione ideale per “svelare” la verità. 

Sei un autore molto prolifico: a quali delle tue opere sei più affezionato?

E’ chiaro che quanto mi sento libero di poter rappresentare il mio mondo, senza censure e senza buonismi imposti, sono più felice. E’ anche per questo che ogni tanto, obtorto collo, mi occupo anche di regia, che non è propriamente il mio mestiere. Certamente atmosfere come quelle che ho creato in “Stoccolma”, “Cartoline da casa mia”, “Il modello di Rodin”, “L’isola degli invertiti”, “L’ombra accanto” e “Nel ventre” sono più vicini al mio mondo, ma ho amato anche tutto quello che, in qualche modo, è stato ri-creato dai miei registi, come le incursioni musicali con Massimo Masiello e Francesca Marini, col mezzosoprano Gabriella Colecchia, peraltro mia grande amica dall’infanzia, le ricerche storiche su Passannante, Nijinsky, Grazia Deledda e André Gide, che la mia adorata regista Luisa Guarro ha così ben inquadrato.

Cosa vedrà di tuo il pubblico in scena per questa stagione? Parteciperò con grande piacere ai Corti della Formica, con una performance “incandescente” su San Giovanni e Salomé, con musica dal vivo, mentre domenica torniamo in scena, in Irpinia, col mio amatissimo “Adolf prima di Hitler”, per la regia di Diego Sommaripa, già vincitore del Premio Mario Mieli, e con cui sbarcheremo ad Aprile all’OffOff Theatre di Roma. Al Betti faremo “Potresti cadere nell’aria” con Elisa Forte e Maria Grazia Adamo in regia, mentre a Novembre torno al TeatroSophia con Trattami bene, la storia sado-masochista – e reale – tra James Dean e Marlon Brando. Ovviamente vietatissima ai minorenni! L’anno si concluderà con la ripresa di un lavoro tra lirica e prosa sui castrati del 700, “Voce dal sen fuggita”, e infine al Teatro Tram di Napoli con un progetto nuovo, imponente e ambizioso, “Dispacci da Mosca”, che ho scritto per la regia di Giuseppe Cerrone, e per il quale non finirò mai di ringraziare il “patron” Roberto Schena, raffinato scrittore e acuto giornalista che stima molto il mio lavoro.

E invece quali sono i progetti per il futuro?

Io vengo dal giornalismo. A teatro ho cominciato tardi, oltre i trent’anni, sulla spinta emotiva della scomparsa di Giuni Russo, in memoria della quale scrissi “Mediterranea passione”, interpretato a Torino da Piera Degli Esposti. Ho perso molto tempo, e la mia prolificità forse deriva dalla voglia di recuperare. Spero di avere ancora la forza di raccontare, di scuotere, di turbare. Se il pubblico esce dalla sala intatto, con lo stesso bagaglio emotivo di quando vi è entrato, qualcosa abbiamo sbagliato. Il nostro compito, o almeno il mio intento, è solo uno, ed è una lezione antica del mio Maestro Franco Battiato: non essere mai innocuo. 

le nostre figlie si amano: credits

LE NOSTRE FIGLIE SI AMANO
di Antonio Mocciola

Con

SERENA BORELLI

Regia

Giorgia Filanti

Aiuto regia Margherita Dongu

Light Designer Diego Pirillo 

Sound Designer Luigi Parravicini

Make up Cristina Attanasio

Immagini e grafica locandina Marco Lausiù

Da Venerdì 6 a Domenica 8 ottobre 2023

TEATROSOPHIA

via della Vetrina 7 – 00186 Roma

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