Una valigia, un orsetto e un mare di ricordi di voci, di grida, di suggestioni del potente Sisma dell’Aquila del 2009. È un monologo articolato per quadri parlanti, quello che ci regala (perché di Regalo dobbiamo parlare) Massimo Sconci con lo spettacolo L’AQUILA NUOVA – “Identità e crisi di un terremotato qualunque”.
Un’opera sincera, che mescola ricostruzioni di quanto accadde ad un ricordo commovente intimo e personale, a tratti scanzonato, a tratti amaro ma mai frenetico. Lo spettacolo è andato in scena in anteprima dal 5 all’8 aprile al teatro Elettra di Roma. Vi assistiamo il 6 aprile, in coincidenza con il triste anniversario della notte in cui tutto cominciò, ormai 9 vividissimi anni or sono.
Sul finale ci colpisce alla schiena, inesorabilmente, come uno scappellotto bonario ben assestato non per far male, ma per spronarci a sognare tutti, aquilani e non, qualcosa di diverso, di davvero “nuovo” per una città e per noi stessi, e in estensione, per un popolo intero: una rinascita reale, identitaria , possibile.
Sul terremoto (non solo de L’Aquila), sulla catastrofe sociale ed economica e sul difficile intervento post-ricostruzione si è molto speso il teatro ed il cinema in questi anni, fra rievocazioni dolorose e nostalgiche o attraverso sdegnosi e nervosi atti di condanna che soprattutto il Teatro, nella sua veste di “teatro della memoria” civica e collettiva non smette ancora di accogliere, quasi che la ferita impressa (non solo) dal terremoto del 2009, lasci ancora un segno sia nella terra che nella mente di pubblico e artisti richiamando suggestioni altre su quanto accade ancora oggi, che di terremoti naturali e politici ancora si vive.
La necessità della rievocazione passa inevitabilmente per ricostruzioni di vicende ormai tristemente note e raccontate: Sconci si pone dunque su un terreno noto (sia sotto l’aspetto della produzione sul tema che dell’evento in sé), ma sceglie una formula intima e personale di rielaborazione: sfrutta il teatro di narrazione per lasciar parlare tante anime vive dentro di sé, tanti ricordi, tante voci che sembrano quasi convivere sul palco e non starci tutte. Una a una, si accavallano come frequenze radio e cardiache, unite in quella notte tragica che spezzò la voce di molti per la paura (anche se “alcuni ridevano”, si ricorda), lasciando solo macerie fisiche ed emotive, voragini reali e identitarie, ma anche tanta voglia di rivalsa, come lo spirito dei luoghi comanda all’animo del “Terremotato qualunque” cui dà vita Sconci.
La scenografia è dunque minima, pochi gli oggetti di scena con cui Sconci, vestito in abiti comuni, si misura, questo perché è in realtà con i fantasmi di ciò che resta, con le brecce nelle case e con i buchi fra quel che era e quel che sarebbe potuto essere, che l’attore si trova a confrontarsi: la bravura sta nella rilettura fantasiosa e trascinante di luoghi e situazioni più o meno immaginari e reali, in cui Sconci si mostra abile e convincente, metodico nell’estrazione dalla valigia di tanti ricordi indelebili e scolpiti nella testa. Si dà al pubblico senza timori, avvicina la sua persona alla platea, quasi si mescolasse con essa, ne richiamasse però anche gli occhi e la testa, quasi si trattasse di un ricordo di tutti, anche di chi non c’era.
L’AQUILA NUOVA è dunque un quadro mutevole di sentimenti espressi, nostalgico a tratti, finanche amaro nel retrogusto che ci lascia, quasi canzonatorio di quell’effimera “ricostruzione” che in parte avrebbe dovuto riportare la vita aquilana a quel che era, e che invece non si è risolta in altro che vacuo recupero di qualcosa che non c’è più. E anche il nuovo che avanza, e che non convince, lascia una traccia nei pensieri del Terremotato: “Il bello delle catastrofi è che stimolano l’immaginazione”.
Nel mezzo si pone questa crisi identitaria profonda ma non calcata, che passa dalla rabbia all’amarezza per i risultati del progetto C.A.S.E., alla disillusione e per le new town, senza sprofondare nella polemica sulla gestione politica della crisi, che ne avrebbe isterilito la portata umana della narrazione.
Sincero e appassionato, Sconci rievoca spazi e costumi travolti dal Tempo, lo assale quel senso di solitudine e disfatta che prende il posto dei buchi nelle abitazioni: “Io mi sento aquilano quando mi sento solo”. E poi, ancora, il ritorno nei luoghi che furono dove tutto sembra lo stesso ma solo in parte lo è veramente. Perché tutto cambia ed il Terremoto diventa solo un terribile accelleratore di cambiamenti, che tutto travolge, anche i ricordi.
La crisi del Terremotato qualunque, che, ci vien da pensare, siamo un po' noi tutti quando siamo alle prese coi Terremoti della nostra vita ben meno potenti del sisma abruzzese, richiama la nostra tenerezza e dispiacere da spettatore “non aquilano” e suscita il consueto sdegno per i disagi innegabili della Ricostruzione allora presenti e tuttora sussistenti non solo in Abruzzo ma anche in altre regioni terremotate, prima e dopo il Sisma del 2009. Suscita poi anche un filo di rabbia per le incapacità gestionali, causa di fratture tuttora insanate fra questo popolo e la sua classe dirigente, specchio più piccolo di una più grande faglia che si aprirà più tardi fra la classe politica e quella sociale dell’intero Paese, abbandonata all’illusoria attesa di un cambiamento.
Molta poi la commozione degli abruzzesi in platea (non ci sfuggono gli occhi lucidi), ma è bene ricordarlo, L’AQUILA NUOVA non è un ricordo fermo alla memoria e alla rievocazione di una tragedia, quanto piuttosto una sottolineatura di quel senso aquilano di rinascita, di speranza: “Se un sogno ha tanti ostacoli, allora è quello giusto” viene detto e ce lo appuntiamo per il futuro, uscendo per strada: un monito, una speranza.
Info:
Massimo Sconci
in
L’Aquila nuova – Identità e crisi di un terremotato qualunque
dal 5 all’8 aprile – teatro Elettra
Lo spettacolo è stato prodotto dal MU.SP.A.C. (Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea) e dal Collettivo "Attori in Primo Piano".
Un ringraziamento a Giancarlo Fares, compagnia Bolognini-Costa, compagnia Habitas e Centro Sociale ex-51.
Massimo Sconci
Attore e regista dalla formazione nazionale e internazionale, dal 2010 a oggi si divide tra teatro, cinema e televisione. Ha lavorato, tra gli altri, con la regia di Giancarlo Fares, Andrea Baracco e Alessandro Preziosi (teatro), Daniele Vicari e Paolo Virzì (cinema).
Vedi il canale video