Si chiude il 7 agosto, alla Basilica di Sant’Alessio, l’appuntamento annuale con PIRANDELLIANA, la rassegna teatrale dedicata all’autore siciliano, che quest’anno propone durante due appuntamenti con il teatro pirandelliano “classico”: ENRICO IV (in scena martedì giovedì e sabato: vedi la nostra recensione) e le due novelle L’ALTRO FIGLIO/LA GIARA (nelle serate del mercoledì, venerdì e domenica).
Mentre le luci della sera declinano verso il blu riflettendosi sulle pareti della Basilica, di fronte ad un panorama mozzafiato, quello della vista di Roma dall’Aventino, i giardini all’aperto che ospitano Pirandelliana si riempiono di un gran numero di spettatori. Attendono. Attendono che le luci dei riflettori si abbassino, e che il suono antico e profondo del pensiero di Pirandello, quel lessico e quella costruzione forbita delle frasi con quelle parole così “antiche”e preziose riempino l’aria fresca della sera, sia in quelle note allegre (che tanto conosciamo) quanto in quelle tristi più inconsuete.
Le note tristi sono quelle dell’amara novella L’ALTRO FIGLIO, quelle più spensierate appartengono a LA GIARA. Entrambe messe in scena in una stessa sera. Così diverse, così apparentemente slegate se non da un comune senso “verista” che le lega in quella rappresentazione nostalgica e amaradi un mondo e di un teatro che non c’è più. La messa ins cena è classica e rispettosa del testo, così come l’ambientazione e il sentimento originario ispiratore dell’opera, riproposto così com’è senza sovrastrutture o macchinismi o riletture moderne.
La prima novella, L’ALTRO FIGLIO ci rivela un Pirandello piuttosto doloroso. Siamo nel primo novecento rurale siciliano: una madre analfabeta, splendidamente (è proprio il caso di dirlo) riproposta da Alessandra Ferro sente la lontananza dei due figli emigrati in America e li rivorrebbe con sé in paese prima di morire. Fa scrivere loro delle lettere da una compaesana che, insieme ad altre, si prende gioco di lei. Nel frattempo la donna racconta ad un avventore dell’esistenza di un altro figlio, avuto in passato da una violenza e ancora in paese ma al quale non riesce ad affezionarsi.
Una novella semplice ma profonda, il cui cuore è il monologo straziante della madre, in cui Alessandra Ferro convince, colpisce con voce ferma che sfugge al patetismo. L’attrice mette in scena una donna dal passato coraggioso figlia di una società rurale e crudele, provata dalla sofferenza e dall’abbandono, sola ma ancora fremente. Ottima nell’espressività e nella gestualità oltre che nei vestiti e nell'acconciatura scelte (quelle mani sempre raccolte e le dita l’una sull’altra conferiscono un’immagine di semplicità popolare autentica), il personaggio, anche a distanza di anni fa tornare alla mente le tante donne di oggi vittima di violenza, furiose con la vita, ma anche tanto, tanto stanche di combattere contro un mondo che le compatisce, che non le aiuta, che le confina in un angolo. Una donna arresa, abbattuta dalla vergogna e da un dolore incalcolabile ben reso dall’attrice su cui si concentrano tutti gli occhi degli spettatori.
Buone anche le performance dei cointerpreti, in particolare le figure femminili delle compaesane, ben caratterizzate, ognuna con un suo spazio, ognuna interpretata con cura nella voce e nelle pose. Si nota un buon lavoro di costruzione della vicenda e di equa divisione delle battute e degli spazi.
LA GIARA richiama invece il Pirandello delle novelle più classiche, legate alle tematiche del paradosso e dell’assurdo rilette in una chiave più leggera. Qui troviamo un Marcello Amici calto alla perfezione nei panni di Zi Dima (l’impressione è che gli siano letteralmente “cuciti addosso”) il “Conciabrocche” chiamato a riparare una enorme Giara,accidentalmente lesionata. Ci colpiscono maggiormente i personaggi maschili, non solo i giovani (rampanti ma confinati a personaggi secondari dal dettato della novella) ma anche i “grandi” come Marco Vincenzetti, spassoso nel ruolo di Don Lolò, il furente proprietario della Giara. Frizzante lo scambio verbale all’ultimo sangue con il Conciabrocche che, per riparare la Giara a modo suo, rimane poi incastrato nella stessa. E che dalla stessa non vuole uscire per evitare di dover pagare i costi della sua inevitabile distruzione. Sempre buona la sintonia sulla scena dei due attori, mentre i comprimari volteggiano loro intorno felici intorno in una coralità armoniosa che forse è prioprio il tratto distintivo della Compagnia.
E mentre la rappresentazione volge al termine si ci rende conto che anche LA GIARA ci manda un messaggio del tutto valido nel tempo presente: cambiano i mestieri, cambiano "i padroni" ma la sete di denaro, l'ingordigia della nostra società ci porta a situazioni paradossali ancora oggi: quanti affaristi presuntuosi e furbi restano prigionieri della propria abilità di faccendieri? quanti si trovano nella impossibilità di uscire da quella situazione senza cercare di ricavarne un utile vantaggio? Ancora tanti e non c'è mastice che possa incollare i pezzi della loro moralità.
Ed in questa baillamme di richiami (più o meno) involontari al presente, ci sorprendiamo di come Pirandello rimanga sempre cinicamente attuale, soprattutto quando rivive nella semplicità di una messa in scena senza artifizi o riletture di sorta. C’è in realtà solo Lui sulla scena, nel suo italiano d’altri tempi, che parla per bocca di personaggi memorabili nel loro consumato verismo drammatico e comico, che però, per niente incredibilmente ci mandano ancora messaggi universali: un invito al coraggio, un invito a lottare contro la solitudine e l'autoritarismo dei "Padroni" cui ci confina spesso questo mondo (chi abbandonato in una casa desolata, chi in una Giara troppo stretta).
Ci resta di questa Pirandelliana 2016 una rappresentazione sospesa tra sogno (quello di Enrico IV) e realtà (quella de L’ALTRO FIGLIO) ..e nel mezzo il Teatro che, come Pirandello afferma, “Ci vuole…per dare coerenza ai sogni”.
Info:
PIRANDELLIANA 2016 – XX Edizione
dal 7 luglio a 7 agosto 2016
ENRICO IV
(in scena il martedì, il giovedì, il sabato)
L’ALTRO FIGLIO – LA GIARA
(in scena il mercoledì, il venerdì, la domenica)
di Luigi Pirandello
con
Marcello Amici, Sara Berni, Giacomo Bottoni, Andrea Carpiceci, Lorenzo D’Agata, Mario De Amicis, Lucilla Di Pasquale, Alessandra Ferro, Valeria Iacampo, Salvatore Iermano, Valerio Ludovici, Katia Maglione, Giulia Paoletti, Anna Varlese, Marco Vincenzetti
Regia: Marcello Amici
Ingresso € 15,00 – ridotto € 13,00
Inizio spettacoli ore 21.15 – apertura botteghino ore 20 – Lunedì riposo
Informazioni e prenotazioni: 06.6620982 (10 – 13/16 – 20)
www.labottegadellemaschere.it
info@labottegadellemaschere.it
Comunicazione: Valeria Buffoni