Una chicca per grandi e bambini avvinti nell’ammirare con stupore le marionette della Compagnia Carlo Colla & Figli (un tesoro prezioso ereditato da un passato glorioso di cui godere e da tramandare) che dopo sessant’anni di assenza riporta fino al 17 settembre 2017 nel mitico Teatro Gerolamo in Piazza Beccaria – teatro storico della Compagnia fino al 1957 riaperto lo scorso ottobre dopo un accurato restauro – ‘La vecchia Dorotea’ (originariamente ‘La giocatrice del lotto’), una piccola e preziosa opera d’arte, anzi un classico del patrimonio drammaturgico proprio del teatro marionettistico italiano e milanese.
La commedia ispirata a un fatto di cronaca realmente accaduto nella Milano dell’Ottocento mostra come il teatro delle marionette nel passato abbia una funzione non solo di divertimento, ma anche di informazione su eventi di cronaca, politica… nei piccoli e grandi centri anche per il fatto che il basso livello di alfabetizzazione non consente di informarsi attraverso la lettura.
Proprio accanto al Teatro Gerolamo in Piazza Beccaria si trova all’epoca il Verziere (dal latino viridarium, orto, giardino, da viridia, verza che a Milano altro non è che il cavolo), luogo in cui si tiene il mercato della frutta e verdura (l’antenato del mercato dell’Ortofrutta) – come ben mostrano le accurate e fascinosissime scenografie dello spettacolo – che negli ultimi tre secoli ha cambiato ubicazione cinque volte. Intorno gravita un quartiere popolare con case di ringhiera, caffè frequentati da ligera, giovani sbandati i quali campano di truffe che vanno a buon segno quando incontrano persone ingenue, deboli, credulone e chiacchierone.
La nostra protagonista Dorotea ha il debole del gioco del lotto nel quale ha sperperato parecchio denaro per cui si è impegnata con promessa formale a non giocare mai più chiamando in causa nientemeno che il diavolo… ma le promesse dei giocatori sono come le bugie, hanno le gambe corte… soprattutto se la tentazione viene da un sogno premonitore… che se diventa realtà rischia di farla cadere nelle grinfie di un ligera il cui compare a sua volta sta ordendo un inganno più sottile nei confronti di una giovane e onesta fanciulla.
Deus ex machina della situazione è Gerolamo – maschera piemontese, figlia della Commedia dell’Arte pregoldoniana, comparsa a Milano a fine ‘700 grazie al marionettista piemontese Giuseppe Fiando e successivamente esaltata dalla Carlo Colla & Figli – che scalzato il collega Meneghino diviene a tal punto popolare tra i Milanesi che il Teatro delle marionette di Piazza Beccaria nato come Teatro Fiando assume il suo nome. Singolare personaggio dalla livrea rosso scura di taglio settecentesco profilata di rosso chiaro con cravatta bianca annodata, Gerolamo si fa amare per essere onesto, corretto, astuto e per la lingua piemontese che ricorda ai milanesi una terra libera e indipendente e rappresenta il trionfo dell’onesto buon senso capace di sciogliere i nodi più contorti della cattiva indole dell’uomo.
All’epoca i Milanesi sono molto amanti delle marionette per cui esistono numerosi teatri (pubblici e privati di aristocratici e ricchi borghesi) delle marionette, genere prediletto da tutte le classi sociali tanto che in un quadro di Angelo Inganni con Piazza Duomo sul lato della Loggia dei Mercanti si vede la plancia – come sono chiamate allora le locandine illustrate degli spettacoli marionettistici – di uno spettacolo del Teatro Fiando detto Gerolamo.
Un lavoro di grande fascino che rapisce e sa convincere sul clima dell’epoca che in fondo non è poi così diverso da quello odierno con scenette esilaranti come quella dell’intervento della forza pubblica con tre gendarmi di stampo austro-ungarico che sembrano la traduzione in scena della celebre poesia Sant’Ambrogio, in cui con sagace ironia e infiammato animo risorgimentale il poeta toscano Giuseppe Giusti (1809-1850) irride il rigore dell’invasore, o l’anticipazione delle odierne ironiche barzellette su alcuni rami delle forze dell’Ordine.