Dal 5 aprile al Teatro Argot, è andato in scena LA TEMPESTA, spettacolo che colpisce fin dalla prima scena, anche se il coinvolgimento e lo stupore dello spettatore crescono fino all’ultima parola e gesto rappresentati. Colpiscono diversi elementi di questa sapiente messa in scena, primo fra tutti la bravura degli interpreti: potremmo parlare di competenza attoriale veicolata da passione e da amore per la misura.
Luigi Diberti emoziona nelle vesti di Prospero, rendendo i versi di Shakespeare le parole più spontanee che si siano ascoltate. E’ una perizia, un talento, una grande esperienza che l’attore armonizza in un ensemble di alta qualità. Non assistiamo, come spesso capita, ad un’espressione artista che nell’esercizio di stile trova il mero compiacimento di sè, ma colpisce di questa rappresentazione la sintonia degli attori nella loro comune creazione, come se l’uno accrescesse il ruolo dell’altro, in un’opera di cui il pubblico si sente il destinatario finale.
Ogni personaggio si percepisce come il prodotto di un accurato lavoro sulla voce e sul corpo: come Calibano, interpretato da Alessandro Carbonara, che inquieta per la sua credibile mostruosità o Miranda, al contrario, che si apprezza per la sua fresca ingenuità; ma ad essere comici esilaranti sono Matteo Quinzi e Antonio Randazzo, che giocano sull’orlo dell’eccesso senza mai sconfinare nel prototipo di buffone.
Lo spazio scenico ridotto, in termini oggettivi, viene scomposto in diversi piani: in verticale e in profondità, e articolato in scene distinte in cui gli attori si muovono dinamicamente. Certo le luci, di Giuseppe Filipponio, contribuiscono a creare affreschi discontinui con quadri paralleli. A rendere ancora più naturale questa rappresentazione de La Tempesta, sono i costumi moderni, anche se bizzarri ed allusivi; mentre le musiche rock si inseriscono in un gioco di contrasto con la musicalità armoniosa di parole e dialoghi.
L’adattamento del testo recupera le parti salienti per ricostruire la trama, ma anche le celebri frasi di questo dramma, ritenute ambigue, perché sembrano celare l’arguta presenza di Shakespeare che vuole congedarsi dalle scene riconciliandosi con la società. Se il drammaturgo qui vuole lasciare a suoi contemporanei, ed eventualmente ai posteri, quello che potrebbe definirsi il suo messaggio conclusivo di una lunga e complessa carriera, questo potrebbe essere letto nelle parole: Perdono, Misericordia, Assoluzione. Perchè semplicemente “Perdonare oggi è più nobile che vendicarsi”.
Siamo dunque grati a Maurizio Panici per avercelo ricordato, attraverso un fare teatro che per essere mantenuto vivo non può distaccarsi dalla ricerca di nuovi significati, rinnovati linguaggi scenici e una forte, percepibile passione.
Info:
La tempesta al Teatro Argot dal 5 Aprile di William Shakespeare
Adattamento e regia di Maurizio Panici
Aiuto regia Maria Stella Taccone
Con Luigi Diberti, Selene Gandini, Alessandro Carbonara, Veronica Franzosi, Matteo Quinzi, Antonio Randazzo, e Andrea Standardi
Musiche di Giovanni Giandomenico
Scenografia Francesco Ghisu
Costumi Anna Coluccia
Leight designer Giuseppe Filipponio