Siamo alla prima della commedia forse più visionaria del Bardo: LA TEMPESTA, in scena fino al 1 dicembre al Teatro Eliseo. Qui l'autore inglese immagina un'isola confusa tra fantasia e realtà. C'è in arrivo una Tempesta, che intanto tuona da lontano ma per il momento restituisce solo qualche goccia che si infila dentro quel buco di corpi e spiriti con la stessa cadenza del tempo. E' un eco insopportabile che tiene uniti i personaggi. «Sembra che l'inferno si sia vuotato perché tutti i diavoli sono qui.», così dice il mago (Eros Pagni), ma egli tra quegli spiriti si sente al sicuro perché nati dalla sua stessa fantasia. L'isola che non c'è diviene luogo sicuro dove rintanare e allevarle la sua latente agorafobia.
E qui ci viene in mente il male che ha riguardato l'uomo più sensibile, l'intellettuale che rifugge dalla strade maleodoranti della realtà sino a trovare rifugio nell'olezzo del luogo scelto o edificato con la forza del pensiero. La questione ci ricorda Manzoni: affetto (pochi lo sanno) dallo stesso disturbo. In ogni caso non si tratta di un luogo di pace: tutt'altro visto che il mago può dominare i suoi personaggi che tuttavia sono demoni, sono spiriti inquieti oltre il concetto di brutto e bello. Lo spettatore assiste ad una giostra in movimento ben orchestrata da Luca De Fusco, che veste i protagonisti della pièce con abiti o costumi d'ogni epoca ovvero l'incarnazione delle citazioni della cultura nota all'intellettuale e mago.
I suoi personaggi non hanno un aspetto amichevole ma sono avversari che lui sente il bisogno di comandare per mero spirito di sopravvivenza. C'è paura della morte nel mago poiché essa tutto afferra e la terra, come una sordida complice, tutto ingoia: vorace di vita fresca. E intanto continua a girare la giostra sulla quale ormai siamo saliti anche noi della platea; e proprio dalle poltrone si sceglie e tifa per un personaggio o per un altro: tutti comunque dotati di sensi (anche se divini) e di contro il mago, unico essere umano, fermo, lento tanto da farci sorgere il dubbio che quei sensi li abbia perduti.
Come può dunque accadere? L'uomo non ha sensi e lo spirito sì? E' la contraddizione provocatoria di Shakespeare che permea l'intero pensiero della “Tempesta”. Ed ancora: si arriva a dormire così tanto da partorire una perfetta sintassi a sincrono col respiro, ma anche può accadere di essere tanto svegli da dormire… Si è così ancorati alla realtà da perdere la bellezza e lasciarla svanire. Allora ci si ricorda che l'isola o la vita di tutti (questa ci sembra la metafora) è lambita dal mare e dalle onde, e queste sappiano persino parlare. Qualcuno non ci crede, ma non ha provato ad ascoltare e continua a preferire la veglia che mortifica il sogno e la fantasia. «Siamo fatti della stessa materia dei sogni», così dice il mago verso la fine. Inutile vivere a metà o meglio rendere l'esistenza “inutile”. Deleterio. I sogni sono veri…
Possiamo tutti essere visionari: edificare cattedrali con la fantasia delle mani; ma tutto rischia di sprofondare nel mare del quotidiano se ci arrendiamo e voltiamo le spalle alla bellezza e all'amore. L'uomo deve imparare a perdonare: questo è il mistero più grande. Più grande della stessa vendetta.
C'è una scenografia meravigliosa che muta davanti gli occhi increduli dello spettatore grazie a perfette proiezioni che formano e deformano la biblioteca occidentale del mago e intellettuale agorafobico. Ci sono stelle che puntinano il disegno immaginario dello spettatore seduto in platea. C'è una pedana che spinge i personaggi ipnotizzati e immobili, talvolta essi stessi in movimento. Ci sono costumi d'ogni epoca, mischiati volutamente dal regista a testimoniare tangibilmente la cultura racchiusa nei volumi sparsi o raccolti nei ripiani del sapere.
Ottima compagnia di attori. Tutti precisi, intonati al personaggio. Grandioso Eros Pagni, testimone di un grande Teatro che resiste contro le incurie del tempo e trastulli moderni. Ci piace poco la caratterizzazione di Gaia Aprea. Lei è senza dubbio una brava attrice, ma stanca all'udito quella voce forzata e costretta a interpretare un uomo canuto. Ma è solo un fastidio soggettivo di chi vi scrive. La scelta è plausibile se solo si pensa che durante il periodo del Teatro elisabettiano alle attrici era fatto divieto di calcare le scene e che qualche volta qualche donna ha interpretato ruoli maschili senza mai svelare la propria identità. Ci pare acerba come attrice Silvia Biancalana seppure nel ruolo dell'acerba Ariel.
Commedia da vedere.
La Tempesta
di William Shakespeare
Traduzione Gianni Garrera
Adattamento e regia Luca De Fusco
con
Eros Pagni
Gaia Aprea
Alessandro Balletta, Silvia Biancalana, Paolo Cresta, Gennaro Di Biase,
Gianluca Musiu, Alessandra Pacifico Griffini, Alfonso Postiglione,
Carlo Sciaccaluga, Francesco Scolaro, Paolo Serra, Enzo Turrin
Scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
Disegno luci Gigi Saccomandi
Musiche originali Ran Bagno
Installazioni video Alessandro Papa
Movimenti coreografici Emio Greco e Pieter C. Scholten
Adattamento vocale Ciro Cascino
Produzione TEATRO STABILE DI NAPOLI – TEATRO NAZIONALE
TEATRO NAZIONALE DI GENOVA
FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL – NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA