LA SPOSA PRIGIONIERA @Teatro Studio Uno: la gabbia del Sistema

LA SPOSA PRIGIONIERA, scritto e diretto da Gianni Spezzano e interpretato dagli under 25 della scuola napoletana Nest Napoli Est Teatro, chiude la trilogia su Napoli, aperta dai precedenti Bambolina e Donna di cuori. Nell’accogliente e intimo Teatro Studio Uno, la serata è doppia.

Dal 28 febbraio al 3 marzo, la Sala teatro ospita BERNARDA da noi già recensita,  la Sala Specchi, LA SPOSA PRIGIONIERA. Il pubblico si divide e il teatro vive.Le luci, nella Sala Specchi, sono soffuse, il palco non è mai completamente illuminato, né prima, né durante, né al termine dello spettacolo. Volutamente e coerentemente con la storia narrata, il pubblico e gli attori sono tenuti in un’atmosfera di semi-oscurità.
La scenografia, a cura di Vincenzo Leone, è essenziale: sei casse e un grande telo nero vengono spostati sul palco con maestria, trasformati sul momento e connotati di volta in volta di nuovi valori, di nuove funzioni, parallelamente al progredire della narrazione. Le casse che producono musica e vita diventano un letto di morte, una croce, un lutto. 
Il telo crea cambiamento se utilizzato da un barbiere che intende “dare una rinfrescata”, ma può cristallizzare la realtà coprendo e nascondendo, restituendo sagome inumane al posto delle persone. Gli attori stessi sono persone comuni, all’occorrenza sagome di se stessi, e indossano felpe con codice a barra, sono loro dei codice a barra, merce in vendita in un supermercato di rione o di piazza. È alta la loro fisicità, come animali in gabbia si agitano e si divincolano non riuscendo mai a liberarsi, mai a fuggire: non si può fuggire da se stessi. Quando le sbarre sono interne, la casa-mobile di ciascuno di noi si fa carcere, si fa ergastolo a vita.  

Ne LA SPOSA PRIGIONIERA tutto cammina verso la stessa direzione, tutto si incastra, come in un gioco del Tetris che non finisce mai. Le luci, la scenografia, i movimenti degli attori, così come la scrittura, ci riportano in un mondo illusorio, in un mondo-videogioco dove, una volta scelta una direzione, non si può più tornare indietro, dove non sono ammessi errori o seconde possibilità. È questo il mondo del “Sistema”, il mondo dei clan, delle “bande di bisonti”, una realtà virtuale nella quale non si dispone di doppie-vite, di bonus o di premi speciali. Dove non si può mettere pausa e cambiare canale, per tornare e provare a vincere quando ci si sente più pronti. I sette personaggi dell’opera vivono in una trappola a cielo aperto, che li risucchia tutti, ora dopo ora, uno dopo l’altro, al di là dei diversi caratteri, pensieri, sensibilità o ambizioni personali. In questo e solo in questo, nel Sistema, si è tutti uguali. Lo sa Marianna quando dice: “Sono tutti colpevoli, siamo tutti colpevoli”. Colpevoli di aver fatto una scelta azzardata, colpevoli di nascita, di sangue, colpevoli di essere nati nel posto sbagliato. Comunque: colpevoli.
Isabella ha sposato Fabio per amore e ha atteso che uscisse di galera per cinque anni, senza mai uscire di casa, come una sposa prigioniera. Isabella è una metafora di una galera molto più grande, dalla quale non si può uscire se non pagando con la propria vita. Non ci sono per lei, o per i suoi compagni, sbarre da segare, ma solo mostri da ingoiare, fino a non farci più caso, fino ad abituarcisi: “Adesso devo restare”.

L’opera è circolare: non ha un inizio, non ha una fine, non dà possibilità di uscita. Va avanti e poi, torna indietro come un boomerang.
All’amarezza della storia narrata, tutta raccontata per immagini e per sensazioni rispondendo, alle volte, alle leggi della biomeccanica di Mejerchol’d, fa da contraltare la giovane età dei ragazzi in scena, il cui impegno e la cui comprensione dei fatti rappresentati, restituita da una visibile emozione, dona speranza. 
“Dal degrado di una scuola abbandonata, come una fenice, nasce il Nest Napoli est teatro”, si legge sulla pagina del Nest Napoli Est Teatro, scuola a cui appartengono i giovani attori che hanno dato vita all’ambizioso spettacolo: Emilia francesconi, Francesco Porro, Armando De Giulio, Nunzia Pace, Lisa Imperatore, Raffaella Nocerino e Cristel Checca.
Una volontà di riqualificazione, un progetto degno di nota che si innalza con forza e coraggio, su macerie di cui, è bene sottolinearlo, non si è sempre e univocamente responsabili. La dignità e la delicatezza con cui viene raccontata questa storia comune dai contorni amari riflette la volontà di un riscatto mai sopito.
Lo fa senza mostrare pistole e allo stesso tempo senza risparmiare nessuno. 
La lingua, in quest’opera, è l’arma più tagliente e, a ben pensarci, l’unica in grado di lasciare ferite che facciano riflettere e non solo inorridire. 

LA SPOSA PRIGIONIERA

28 FEBBRAIO – 3 MARZO

scritto e diretto da Gianni Spezzano

con Armando De Giulio, Emilia Francescone, Lisa Imperatore, Raffaella Nocerino, Nunzia Pace, Emanuele Pelosi, Francesco Porro, Vincenzo Sacchettino, Giulia Iole Visaggi

PH: Salvatore Pastore

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