Al teatro India è in scena, fino all’11 novembre, LA SCORTECATA da "Lo cunto de li cunti", raccolta di cinque fiabe in dialetto napoletano che Giambattista Basile recupera dalla tradizione orale partenopea nel 1634. Emma Dante ne cura la regia e il riadattamento del testo. Uno spettacolo più volte recensito dalla redazione di Gufetto (*)
Emma Dante ci propone, tra le storie della raccolta "Lo cunto de li cunti", forse quella che oggi avrebbe più da dirci, da insegnarci, perché l’ intento delle fiabe questo resta. Le fiabe ci conducono in un luogo e in un tempo indefiniti, per dirci qualcosa di ben definito sull‘essere umano, la sua natura e le sue inesorabili stoltezze; e se un tempo i miti davano vita a personaggi che si armavano, eroicamente soli e determinati, a sconfiggere la morte, la scortecata ci presenta due vecchie che hanno l‘intento di dare battaglia alla senilità, perché forse, si lascia intendere, rappresenta un affronto ancora peggiore della morte, tanto da essere invocata da una delle due sorelle, che la preferisce all’offesa degli inesorabili segni del tempo sul suo corpo. A rendere il tema, drammatico in sé, esilarante, sono i motivi della commedia dell‘arte: il dialetto, con le sue coloriture ed espressioni metaforiche e volgari, diventa a tratti un gramlot, sempre comprensibile, anche per i non partenopei; gli uomini travestiti da donne, che sì, era l‘usanza del tempo, ma è anche il modo per dare eco al lazzo, oltre ad indicarci che la vecchiaia ci rende tutti più simili, riducendo le differenze; anche i personaggi stereotipati, riconoscibili dalla postura o dal simbolo di prestigio -come la corona del re- ci riporta ad un canovaccio della Commedia dell’Arte.
Le due donne vogliono far innamorare di sé il re, che sceglierà, tra le due, colei che gli offrirà, alla vista e al tatto, il mignolo più affusolato e dalla pelle più levigata. Altra anticipazione sui tempi, di questa fiaba così preveggente: come se la singola parte del corpo, le labbra, gli occhi, il seno… potesse restituire l‘apparire della giovinezza; spesso al contrario è proprio il dettaglio incoerente, estraneo al resto, ad offrire allo sguardo la mostruosità, nel senso di ciò che non è né familiare né naturale. Pertanto le due anziane signore sono intente tutto il tempo a succhiarsi il mignolo, atto che si protrae per un tempo prolungato e ad una ritmicità compulsiva, necessari ad alludere al piacere della masturbazione.
Lungimirante la fiaba lo è anche per quanto riguarda gli effetti di un tale ripiegamento su se stessi che produce un edonismo estremo, vuoto di senso perché sconnesso dalla relazione con l‘ altro e con il mondo: il paese è solo un plastico in miniatura, lontano, vuoto senza richiami né legami, la vita delle sorelle si svolge solo nel chiuso della loro casa, ed ognuna delle due vive nel limitato spazio del proprio corpo e nell’illimitato orizzonte del proprio desiderio. Le due sorelle hanno un secolo d‘ età ciascuna, e si lascia intendere che tutta la vita abbiano vissuto insieme, che non saranno mai in grado di separarsi, ma la loro competizione e la loro cieca ossessione, le rende reciprocamente odiose e aggressive.
La scena è ridotta ad alcuni elementi essenziali: due piccole sedie in legno, il citato paese in miniatura, poiché accessori femminili, una porta mobile, una panca sullo sfondo; mentre le luci creano una costante atmosfera crepuscolare.
Una scelta scenica che esalta la capacita evocativa dell’ attore. Gli attori, Salvatore D’Onofrio e Carmine Maringola, creano la scena. Le loro interpretazioni coinvolgono pienamente il corpo, la voce, atteggiamenti e movimenti, in un dinamismo senza sosta; gli attori, con l’uso della porta, definiscono ciò che è fuori e ciò che è dentro, il vero e il falso, la verità e la menzogna, quel che si è e quel che si vorrebbe essere. È una recitazione, come spesso avviene nelle messe in scena di Emma Dante, che coinvolge lo spettatore per il suo dispendio curato e articolato di energia; sono attori giullari; lo Zanni della Commedia dell’arte, atletico ed acrobata nel mostrare le sue debolezze fisiche: è l’ossimoro che spesso troviamo a teatro quando ci troviamo ad assistere all’interpretazione di attori preparati nel loro mestiere.
I brani musicali introducono spiazzanti elementi anacronistici, di contrasto tra la scena rappresentata e le immagini e il sentire che la musica evoca. È uno spettacolo che va visto, per trarne piacere e insegnamento.
Visto il 2 novembre 2018
LA SCORTECATA – archivio recensioni di Gufetto:
LA SCORTECATA @ Teatro di Rifredi. La favola cruda della bellezza – Michele d'Ambrosio e Sandra Balsimelli – Gufetto 28/3/2018;
LA SCORTECATA @ Teatro Comunale Laura Betti: Quanto siamo disposti a pagare pur di essere accettati? – Maurizio Dall'Acqua – Gufetto 25/1/2018;
Info:
Dal 30 ottobre all’11 novembre al Teatro India
LA SCORTECATA
liberamente tratto da Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile
testo e regia Emma Dante
con Salvatore D’Onofrio, Carmine Maringola
elementi scenici e costumi Emma Dante – luci Cristian Zucaro
Produzione Festival di Spoleto 60, Teatro Biondo di Palermo
in collaborazione con Atto Unico, Compagnia Sud Costa Occidentale