Il 23 gennaio, al Teatro Comunale Laura Betti di Casalecchio di Reno è andato in scena LA SCORTECATA, l’ultimo spettacolo di Emma Dante, pluripremiata drammaturga e regista Palermitana, fondatrice della Compagnia Sud Costa Occidentale con il quale ha vinto il premio Scenario 2001 per il progetto “mPalermu” e il premio UBU 2002 come novità italiana, aprendo una lunga serie di successi non ancora terminati.
Lo spettacolo ha debuttato con grande successo al Teatro Caio Melisso Spazio Carla Fendi di Spoleto in occasione del 60’ Festival dei due Mondi, interpretato da Salvatore D’Onofrio e Carmine Marignola, una produzione di Teatro Biondo di Palermo/festival di Spoleto 60.
Liberamente tratto da “Lu cunto del li cunti” una raccolta di 50 favole popolari di Giambattista Basile, letterato e scrittore napoletano del seicento, LA SCORTECATA, ovvero “ lo trattenimento decemo de la iornata primma del Pentamerone ”, tratta la storia di Rusinella e Carulina, due anziane donne che abitano in un “vascio” del castello del Re di Roccaforte. Acceso dall’immaginazione il re si innamora di una di loro e le vecchie decidono di ingannarlo mostrandogli, dopo otto giorni, solo un dito ben curato e ringiovanito per l’occasione, attraverso la serratura di una porta. Il re, preso dal desiderio, si accorda con una di loro per una notte d’intensa passione a patto che sia completamente al buio; ma dopo aver consumato l’atto e smascherato l’inganno getta l’anziana donna dal balcone delle sue stanze. La fortuna vuole che la donna si salvi restando impigliata per i capelli ad un albero al cospetto di una fata a cui chiede di tornare giovane. Il re, affacciatosi al balcone, la vede e se innamora perdutamente, ma la favola non terminerà col classico “ e vissero felici e contenti ”. Il sogno svanisce e la vecchietta, riacquistato l’aspetto reale, chiederà all’altra di essere scorticata dalla sua vecchia pelle tentando invano di ritornare nel fiore della gioventù.
Scena vuota, due seggiulelle di legno, al centro un castello fiabesco in miniatura. Il palcoscenico è completamente invaso dal nero dando risalto a quei pochi oggetti scenici. Si spengono le luci ed improvvisamente appaiono due vecchiette sedute, vivacemente interpretate dagli attori maschili come nella più classica tradizione settecentesca, intente a levigarsi il dito con frenetici gesti simili all’uso di uno spazzolino da denti.
L’aria che si respira in sala è fiabesca e leggera come la musica che intonano gli attori armeggiando goffamente il testo, prettamente in dialetto napoletano, spezzata di tanto in tanto dalle risate del pubblico. Si alternano sogni e litigi, nonostante si percepisca che l’una non può fare a meno dell’altra. Tutte gli episodi vengono filtrati dall’interpretazione degli attori che si scambiano continuamente i personaggi di Rusinella, Carulina e il re accompagnati dalla perfetta orchestrazione delle luci che danno tono e piena efficienza alle scene.
D’Onofrio e Marignola sono perfetti nella resa attoriale: la loro voce balla sulle note napoletane a tal punto che, nonostante il difficile approccio alla lingua per chi non conosce il dialetto, portano gradualmente lo spettatore alla comprensione del testo brillantemente eseguito. A volte danno l’impressione di risentire la stessa musicalità della Gatta Cenerentola (altro successo napoletano), spettacolo in musica scritto e diretto da Roberto De Simone, tratto dallo stesso testo di Basile ed interpretato dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare.
I loro corpi sono come architetture sceniche, impossessati dalla vecchiaia psicologica e fisica dei personaggi. Le articolazioni si piegano mostrando una certa durezza nei legamenti ,ma vengo anche audacemente utilizzate nei movimenti con quella giusta dose di ironia appartenente allo stile delle maschere della Commedia dell’Arte e soprattutto al personaggio di Pulcinella.
Nel kommos (momento culminante) dello spettacolo, grazie a dei costumi nascosti in un baule degno dei più grandi prestigiatori, magicamente la vecchietta si trasforma in una bella “guagliuncella” e cade nelle braccia del re sulle le note di Reginella cantata da Massimo Ranieri. Ma il sogno appena coronato non esita a svanire all’istante, ritorna in sé appesantita dalla vecchiaia, in quella triste realtà tormentata dal tempo; l’unica cosa da fare è farsi scorticare la vecchia pellaccia per ritornare finalmente giovane.
Lo spettacolo si chiude con una delle due che impugna un coltello pronta, a malincuore, a realizzare il desiderio dell’altra.
Emma Dante stessa ci dice che “la favola è dedicata a coloro che riescono ad invecchiare senza diventare adulti “, ma ci fa anche notare che spesso abbiamo il maledetto vizio di voler apparire belli e giovani a tutti i costi: è vero a volte siamo disposti a tutto pur di essere accettati, anche a vendere a poco prezzo la nostra pellaccia.
Info:
liberamente tratto da Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile
testo e regia Emma Dante
con Salvatore D’Onofrio e Carmine Maringola
produzione Festival di Spoleto 60, Teatro Biondo di Palermo
in collaborazione con Atto Unico / Compagnia Sud Costa Occidentale