LA NATURA DELLE COSE @ Teatro della Pergola. Virgilio Sieni tra letizia e orrore

Virgilio Sieni a dieci anni dal debutto riallestisce LA NATURA DELLE COSE dal poema filosofico-enciclopedico di Lucrezio “De rerum natura” in scena al Teatro della Pergola per l’edizione 2019 del Festival Fabbrica Europa XXVI produzione Teatro Metastasio e Compagnia Virgilio Sieni.

Niente di più urgente. Continuare a indagare l’anima e cercare ciò che anima, per riconoscersi fuori dalla meccanica alienante di questi tempi. Niente di più attuale e lungimirante che muoversi verso la fonte. Nella poesia fisica palpita l’origine, di cui questa coreografia è memoria vivissima e partitura in atto. Coraggiosamente, e con la sua geniale originalità, Virgilio Sieni riporta al centro il soffio primigenio. La natura si è sedimentata nel corpo. L’embrione, l’animale, la verticalità sono alfabeto dell’evoluzione ed etimologia dell’anima, inscritta in ossa, articolazioni e respiro. Animale, embrione, verticalità. Condizioni interiori, stati e strati di esistenza. Nella natura di ogni cosa il trasformarsi costante della postura. E in ogni cosa il seme. “Nulla si crea dal nulla” e “nulla torna al nulla, ma alla materia” che danza sfumature ed estremi, intrecci e disgregazioni. Dentro l’atomismo lucreziano, riprodotto mirabilmente in un’alternanza di composizioni e scomposizioni del corpo di danza, si annida il segreto a cui arrendersi. Lo svolgersi incantante di quest’opera ci dona le cadenze di un risveglio che scopre letizia sposata ad orrore, in un’atmosfera profonda e lieve, di forte impatto estetico, con apparizioni e colori totali alla David Lynch.
Da dove viene la spinta a questa vita animata e inesorabile? Questo interrogarsi procede con meraviglia, omaggiando ciò che sfugge a controllo e comprensione, tanto che la presenza più forte è una sospensione estatica, felicemente realizzata grazie a una sapiente alchimia onirica di luci, musica, movimenti volatili e voce. In scena un corpo transito, un nucleo in grazia d’instabilità, scopre sé, lo spazio e il cedimento al vuoto. La creatura calamitante è una figura metamorfica e generativa che allude a Venere. Una venere infante, marionetta, donna e cervo.

Le forze necessarie, amanti, avverse, con cui dialoga ed esprime l’accadere sono interpretate dai danzatori. Figure che la servono, l’accompagnano in questa iniziazione all’amore. E la sostengono dolcemente, con cura, brama, sopraffazione, la fanno volteggiare, la strattonano e la depongono e così via, come atomi che le girano intorno e si staccano improvvisamente. Questo differenziato avvincersi a lei rende ancor più atteso ed essenziale l’atto solitario delle sue trasformazioni. Le sequenze tracciano un’appartenenza altra, ma non divina, celebrando sottilmente il mistero di nascita e morte. Un mistero che resta una risorsa infinita di creazione. L’anima è lacerabile dalla meraviglia sgomenta dell’aperto. Pensiamo all’ottava elegia di Rilke e alla natura che è inesorabile, incessante offerta. I danzatori, bravissimi, si offrono con una precisione e una flessuosità straordinaria. È di una mobilità e plasticità espressiva indimenticabile.
La voce off di questo progetto è quella ruvida e sincera di Nada Malanima, la drammatugia è stata curata dal filosofo Giorgio Agamben. Il capolavoro di Lucrezio – a cui l’opera si ispira – custodisce la granatura di un sacro consonante alla visione e alla ricerca di Virgilio Sieni. “Il movimento nasce dal cuore, poi si diffonde alle membra”

Lo spettacolo inizia a sipario chiuso, quando si alza il fumo in platea, come una nebbia inaugurale che si arrampica sul rettangolo della visione e ci accompagna a dissipare la morsa dei contorni. Quasi un invito a vedere lo spettacolo ad occhi inermi. Un tremor di musica apre un’alba senza tempo. La scena una scatola nera contornata da un giro di luci bianche, le quinte veli trasparenti. Corpi sospesi, in rarefazione. Un quintetto di danzatori in stato di volo prenatale. La figura femminile è alzata da morbide onde, sostenuta dalle braccia di quattro figure maschili che la sollevano e la dondolano tra alto e basso. E la creatura dorme, senza peso, tutta scavata d’aria. “Nulla può crearsi dal nulla perché le cose hanno bisogno di un seme”. Lenti e tenui i movimenti dei suoni e dei corpi. Avvolta, accudita, plana e s’invola, graduale l’assaggio della terra, e sempre in sospensione. Stiamo godendo di uno dei passaggi più coinvolgenti. “In mezzo al fondo della delizia sgorga qualcosa di amaro”. La danza si fa più contrastata, la compattezza, urtando il vuoto, si lacera e il movimento libera nuove composizioni, disegnando le traiettorie complesse e improvvise dell’incertezza. In queste sequenze più rapide e tese la creatura si rivela marionetta e come tale tiene le braccia, le forze la trascinano, rapendola in direzioni diverse. Di altro genere di rapimento la scena in cui la marionetta ripete il mare con i gesti riconoscibili di un nuoto stilizzato. Lasciata sola, per la prima volta con i piedi a terra, danza forte le sconnessioni, il dissesto “improvvisamente mi afferra una divina letizia e, insieme, l’orrore”. Dal blu emerge una grande mano, incombe minacciosa, stringe i veli, ma si arrende. Si apre, si rovescia e diventa un relitto che sfuma sul fondo.

In tutta l’opera vibra un percorso di preziosa crescita e bellezza. Infante, marionetta-adolescente, donna anziana e cervo. La linearità del tempo è solo una parvenza, Sieni mette a fuoco la compresenza di queste condizioni e la possibilità continua di scivolare dall’una all’altra. Le due ultime metamorfosi raggiungono l’apice del perturbante incanto. La donna anziana è avvolta in un luccicante abito rosso, stenta un equilibrio. La sua sensualità è dolente. La musica ipnotica e liquida è la metrica di questa discesa. Un uomo la contiene, la scuote. L’eros ha la sua rappresentazione tragica. “Celebrare un sacrificio o un duello mortale”. Il piacere spossessa “finchè le membra si sciolgono affrante”. Entrano anche gli altri tre danzatori. Tutti la rialzano, la tengono, la sostengono ma la forza, l’unica forza che vince è cadere discendere stremare ancora e ancora. Poi la donna si tende in piedi, si volge rapita dal furore di questa piaga invisibile. L’intensità di questo passaggio è pazzesca, l’accanimento con cui i movimenti si ripetono è un estremo inaspettato, metaforico e viscerale. Estenuante la dismisura di questo struggimento per il morire. Il finale attonito, scava e lascia il segno. Un cervo titubante nella penombra, procede lento, e anche il cervo si mette a terra. Si offre, attende, contempla. “C’è tuttavia nel petto qualcosa che resiste”. Rosso intensissimo, insopportabilmente vivo. Ci cadiamo sommersi. Sentiamo i suoni dell’animale che abbiamo dentro. Lo strusciare cieco sul palco di mani zampe del cervo che si dibatte immobile. È il nostro cuore?

Info:
Fabbrica Europa 2019LA NATURA DELLE COSE
Compagnia Virgilio Sieni

regia, coreografia, scene Virgilio Sieni
collaborazione alla drammaturgia e traduzioni Giorgio Agamben
musica originale Francesco Giomi
voce Nada Malanima
con Jari Boldrini, Ramona Caia, Nicola Cisternino, Maurizio Giunti, Andrea Palumbo
costumi Geraldine Tayar
luci Mattia Bagnoli
strutture gonfiabili Fly In Balloons s.r.l.
maschere animali Chiara Occhini
prosthesis e consulenza meccanismi, automazioni Giovanna Amoroso e Istvan Zimmermann-Plastikart
si ringrazia Tempo Reale Firenze
produzione Teatro Metastasio Stabile della Toscana, Compagnia Virgilio Sieni
collaborazione alla produzione Torinodanza, CANGO Cantieri Goldonetta Firenze
Compagnia sostenuta da Ministero dei beni e delle attività culturali, Regione Toscana, Comune di Firenze – Assessorato alla Cultura, Comune di Siena – Assessorato alla Cultura

Teatro della Pergola
nuovo allestimento
31 maggio 2019

LA NATURA DELLE COSE di Virgilio Sieni from Compagnia Virgilio Sieni on Vimeo.

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