Approda al Teatro Argentina l’8 e il 9 Novembre LA MALADIE DE LA MORT, liberamente tratto dal racconto di Marguerite Duras in un adattamento Alice Birch. Lo struggente ed esplicito brano della controversa scrittrice francese proposto in questo spettacolo alternativo e altamente erotico
Il sipario del teatro Argentina è aperto mentre il pubblico prende posto in una platea che si riempie in pochissimo tempo. È luogo dischiuso, offre agli spettatori i preparativi per lo spettacolo. I due attori, come su un set cinematografico, sembra ripassino le battute all’ultimo minuto. Gli operatori controllano le telecamere e gli altri strumenti. Fanno zoomate sulla scenografia. Un via vai di tecnici si muove frenetico accompagnato dal chiacchiericcio degli spettatori che riempie la storica sala romana degli echi di centinaia di voci. Già è palpabile la presenza di Marguerite Duras, con la sua opera visionaria sull’osservazione dell’altro, sulla nudità e sulla scabrosità che ci apprestiamo a vedere. In sala cala il silenzio con l’abbassarsi delle luci. Un ciack simbolico che dà il via alle riprese ed allo spettacolo…
Liberamente tratto dall’omonimo racconto di Marguerite Duras, LA MALADIE DE LA MORT narra le vicende di un uomo e di una donna che si incontrano nella stanza d’albergo di Lui. Fra i due c’è un contratto: Lui la pagherà perché venga ogni notte a patto che lei sia remissiva e disposta a fare tutto ciò che l’uomo desidera. Che cos’è la malattia della morte? È l’inconciliabilità fra i sessi, la drammatica diversità che li allontana irreversibilmente. Su questo perno stabile e radicato fra l’Uomo e la Donna ruota l’intera breve vicenda. Le notti di sesso, la sottomissione di Lei caratterizzano questa strana coppia di amanti. Lei si concede a totale disposizione dell’Uomo, enfatizzando il patetico tentativo di Lui di comprendere il corpo femminile, la donna in genere, l’amore e il piacere. L’Uomo ricerca nella totale passività della ragazza, nella sicurezza del contratto basato sullo scambio del corpo e del danaro, la rivelazione. Sarà Lei a riconoscere in Lui la malattia mortale, la malattia della morte, quella sua grottesca incapacità di amare, trincerato nella propria solitudine. Ogni amplesso è mera meccanicità, finalizzato al godimento, distaccato e non rappresentativo del sentimento.
La regista, Katie Mitchell, propone uno spettacolo off con tutti i crismi, miscelando contemporaneamente teatro e cinema, strizzando l’occhio al reality show per appagare il voyeurismo televisivo contemporaneo. Tre modalità diverse di rappresentazione in un progetto visivo molteplice nel quale lo spettatore vede sul palcoscenico gli attori e i tecnici all’opera e contemporaneamente segue la vicenda epurata dalla macchinosità delle riprese su uno schermo che proietta all’istante le inquadrature in bianco e nero (sottotitolate in italiano). Sì, perché il testo è rigorosamente nella lingua originale: in francese. L’operazione è un set di primordine dove ogni movimento della macchina da presa è stato studiato da tutto il cast, sia tecnico che artistico, dove l’eterogeneità assoluta dei mezzi attraverso i quali viene raccontata la storia è un’opportunità stilistica nella quale bisogna sapersi destreggiare. Un meccanismo perfetto senza un inciampo, né una sbavatura. Quello a cui si è assistito al Teatro Argentina è stata una messinscena purissima di grande levatura. Katie Mitchell non si limita alla sola trama, ma vi inserisce una storia che si muove simultanea a quella a cui si assiste.
Scene ripetute, a cui viene aggiunta puntualmente una sequenza in più. Uno svelare pezzo dopo pezzo una sottotrama asimmetrica che ha una vita propria in cui una bambina rientra a casa e trova il padre morto impiccato. Questi universi paralleli si evolvono nella trama caldeggiando gli occhi ad abbandonare il palcoscenico e a seguire lo schermo. Un escamotage perfetto questo, come quello di inserire immagini in esterno, per distrarre lo spettatore dai momenti di cambio scena e dai preparativi per la sequenza successiva. Far parlare il teatro attraverso il linguaggio cinematografico è di forte ispirazione durassiana, in quanto il racconto stesso ha una nota di fondo della grande autrice francese che si presta ad una ipotetica narrazione per immagini. Di fatto, la produzione della Duras non è nuova alle contaminazioni del cinema e del teatro nella letteratura. Spingendosi oltre, la regista inglese non lesina inquadrature su ogni parte anatomica dei protagonisti, genitali compresi. Non nega la pornografia o la brutalità del sesso e non per un pruriginoso bisogno di censurare, né uno smanioso desiderio di scandalizzare. La nudità è al servizio del testo quanto della messinscena.
Gli attori fanno dono di un formidabile teatro straniero al pubblico nostrano. Laetitia Dosch (La Battaglia di Solferino e Montparnasse femminile singolare) è una vera comédienne francese che sa cogliere lo spirito durassiano del personaggio della ragazza, esibendo al pubblico il corpo nudo con lo stesso distacco e remissione intrisi nelle frasi del racconto. Grandi applausi anche per Nick Fletcher, attore anglosassone che recita in un perfetto francese, dando quadridimensionalità al personaggio dell’Uomo disposto a pagare per comprendere l’amore. In questa pièce c’è anche Jasmine Trinca, voce narrante, l’Io integrato di Marguerite Duras che, chiusa in una cabina insonorizzata ai margini del palco, entra in scena con voce morbida e sussurrata dando vita, in italiano, alle frasi del racconto originale. La voce narrante si inserisce nei dialoghi fra i due protagonisti, nei silenzi, aggiungendo una nota letteraria al tutto. Una tecnica già usata sul grande schermo proprio per un’altra (e forse la più famosa) opera della controversa autrice francese: L’Amant di Jean Jacque Annaud.
Un teatro sperimentale e sperimentato, un sorso di purissima scuola teatrale inglese e di letteratura francese dalla quale molto si può imparare per far crescere il nostro circuito “off”, dove il knowhow tecnico si presta all’esigenza di fare del teatro un luogo di intrattenimento moderno, contemporaneo, osando trasportare la modernità della tecnologia dentro il cuore pulsante della tradizione.
LA MALADIE DE LA MORT
liberamente tratto dal racconto di Marguerite Duras
regia Katie Mitchell
adattamento Alice Birch
con Laetitia Dosch (La donna), Nick Fletcher (L’uomo), Jasmine Trinca (Narratrice)
realizzazione video Grant Gee – scene e costumi Alex Eales – musiche Paul Clark – suono Donato Wharton
video Ingi Bekk – luci Anthony Doran
Produzione C.I.C.T. – Théâtre des Bouffes du Nord
coproduttori associati Les Théâtres de la Ville de Luxembourg, Théâtre de la Ville-Paris, Le Théâtre de Liège
coproduzione MC2:Grenoble, Edinburgh International Festival, Barbican/London, Stadsschouwburg Amsterdam,
Teatro di Roma-Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale, Emilia Romagna Teatro Fondazione,
Teatro Metastasio di Prato, TANDEM scène nationale in collaborazione con Mayhem grazie alla Comédie-Française
Spettacolo programmato in collaborazione con la Francia in Scena, stagione artistica dell’Institut français Italia / Ambasciata di Francia in Italia
Spettacolo in lingua italiana e francese con soprattitoli in italiano
Consigliato ai maggiori di 18 anni