Al Fabbrichino ha debuttato l’ultima convincente produzione del Teatro Metastasio di Prato, LA CERIMONIA di Oscar De Summa, drammaturgo e regista, si dimostra acuto e capace di fondere sarcasmo e dramma, reduce dal successo della Trilogia della provincia, con cui si è aggiudicato il Premio Rete Critica e il Premio Hystrio Anct nel 2016. In scena fino al 9 aprile.
Con questo spettacolo De Summa continua una proficua produzione artistica di grande valore, riesce a tenere il pubblico incollato e incantato, sia con una scrittura densa di riferimenti culturali e ricca di rimandi al vissuto personale di ciascuno, sia con una prova d’attore e regista carismatico e magnetico, capace di stare con naturalezza all’interno della trama narrativa, ma anche di volare alto nelle riflessioni proprie del poeta e del filosofo.
LA CERIMONIA è un incontro molto intenso tra la messinscena rappresentativa dell’ordinaria follia dell’uomo, e dall’altra un potente invito alla vita, a sporcarsi le mani, a scendere nel corpo, per trovarne il senso ultimo, attraverso straniamenti degli attori rispetto allo sviluppo drammaturgico della storia, parole proiettate in video, particolarmente poetiche ed evocative, e la musica, con un ruolo da protagonista, carica dell’emozione e dell’atmosfera che invade la scena e gli spettatori, una colonna sonora affettiva che spazia dall’elettronica al rock, dalla classica al pop, una freccia scagliata al cuore di chi è cresciuto negli anni ’90. Ci siamo alzati dalla poltrona storditi a fine rappresentazione, invasi nell’animo da tanta potenza, con ancora la testa impegnata a capire qualche frase rimasta sospesa nell’aria, con nel cuore le note di un brano musicale che ci ha trafitto, perché chiudendo gli occhi abbiamo ricordato noi su quella musica. Eppure il racconto è proposto con la massima naturalezza e noncuranza quotidiana dalla protagonista adolescente Edi, la bravissima giovane attrice Marina Occhionero, come la storia di una giornata normale della sua famiglia. Edi è una ragazza normale, con una vita normale. Ma proprio questa ordinarietà ne amplifica la portata drammatica, richiama la vita di tutti noi, le nostre esperienze di folle normalità nel passato e nel presente. Anche i momenti esasperati fino alla pura comicità hanno un sarcasmo doloroso alla base, di angoscia che accompagna lo spettatore nella riflessione sul vuoto che lo divora dentro.
Edi si presenta al pubblico e, con un conto alla rovescia 5-4-3-2-1-via, inizia il suo proposito della preparazione del menù della cena di fine millenio, forse proprio il 31 dicembre 1999. Una data particolare, una svolta carica delle superstizioni da fine del mondo, trasformate dal medioevo all’era digitale nell’incubo del millennium bug, ma che non avevano niente di diverso dalle credenze popolari dei contadini di mille anni prima. La famiglia di Edi è composta dalla madre Gio, Vanessa Korn, il padre Laio, Marco Manfredi, e lo zio Tire, interpretato dallo stesso Oscar De Summa, tutti capaci di una magnetica forza espressiva. I nomi dei protagonisti ci rimandano inequivocabilmente al mito classico, fonte di ispirazione, Edipo, Giocasta, Laio, e Tiresia, in particolare quest’ultimo è una trasposizione fedele del saggio indovino del mito, colui che detiene la verità e la dispensa a piccole dosi a chi nel dramma della vita sta nuotando come cieco, un grillo parlante talvolta osservatore intelligente della vicende altrui, talvolta giocatore pungente nella relazione coi personaggi, tutti insicuri, presi da se stessi, irrisolti, tormentati dalla propria tempesta emotiva.
LA CERIMONIA è uno spettacolo su quanto sia difficile crescere, diventare grandi, responsabili di sé, nel rito di passaggio all’età adulta, passando attraverso le paure, i traumi, la pienezza delle sensazioni, in bilico tra realtà e isolamento, tra passione vitale e apatia inerte, tra bulimia e anoressia, in lotta per trovare la propria identità, incapace di rispondere alla domanda cosa vuoi veramente? una domanda il cui senso è perso nel nuovo modello di telefonino: “io dentro non ho niente”, risponde Edi allo zio Tire quando la provoca e la incita a cavalcare la tigre, quando la scuote perché riesca a colorare il grigiore della sua adolescenza: “ma nessun telefono nuovo, per quanto sofisticato, potrà prendere il posto dello sguardo del padre”.
E infatti, il dolore della crescita è ancora più forte nei genitori, cresciuti, ma non adulti, incapaci di prendersi cura di qualcun altro, di essere responsabili per un figlio: “fare il genitore è un’improvvisazione costante sul filo dell’imprevisto, con la consapevolezza che sbaglierai comunque”, dice il padre di Edi; nella presa di coscienza del proprio fallimento, della propria inadeguata impotenza al ruolo di genitore, la madra Gio confessa lacerata che “ogni sua lacrima chiede ma dove eri tutto questo tempo?” dove hai voltato il tuo sguardo fuori dal mondo di tua figlia? Lo spettacolo parla a quei non-più-giovani ragazzi, cresciuti sulle note degli Skunk Anansie, dei Radiohead, dei Green Day, o con le chitarre dei Metallica, dei Massive Attack, cullati da Moby, Manu Chau, Portishead, Tori Amos, incapaci oggi di essere padri e madri, di assumere il ruolo di guida sicura che naviga nella verità, perché ancora presi dalla propria ricerca, sovvertendo così le regole, in una società sfilacciata che ha sostituito con il consumismo l’assenza inaccettabile del ruolo di genitore.
Tire-sia e l’autore De Summa, hanno il ruolo ingrato di portare alla luce, anche con sarcasmo e ironia, l’assenza di verità, l’incapacità di condividere la felicità, e con il bicchiere alzato per il brindisi alla vita, “butta parole tra gli uomini come ossi ai cani, per vederli sbranare”, e i personaggi cadono in questo tranello efficace, si aprono, si confidano, tutti. La brava bambina bionda racconta come la sua vita non combaci affatto con l’immagine di ragazzina ben educata, e come le sue esperienze di adolescente siano poco per bene; il padre confessa i propri tradimenti e il bisogno di una nuova identità lontana e diversa da quella che si è costruito; la madre riversa il proprio desiderio ellenico di liberarsi dall’incastro della vita, come una eterna Medea, incerta se andarsene o uccidere tutti; Edi elettrizzata dallo zio, realizza il sogno di giocare al bersaglio, e le sagome sono proprio i suoi genitori. Ma nonostante tutto, nella totale normalità dei loro drammi questi personaggi possono scherzare, ridere, possono far ridere il pubblico, possono cantate e ballare insieme su Je ne t’aime plus o le sdolcinate parole di Something stupid, arguti momenti di comicità nel paradosso del dramma.
Ogni personaggio si trova al limite della vita, sul ciglio del burrone prima del precipizio, e improvvisamente si accorge del proprio vuoto: da bambino sognava un futuro con il sorriso senza vergogna, invece, dopo quarant’anni anni, sente nelle rughe del volto il disegno della propria rassegnazione. C’è davvero tanto dentro LA CERIMONIA, un mondo di riflessioni personali e generali, che vanno oltre la storia raccontata, oltre Edipo: ci sono il tempo, l’età, i ruoli, le generazioni, l’identità, e molto altro. Con queste parole De Summa presenta questo spettacolo, il primo di una nuova trilogia che vuole indagare il mito nella società contemporanea: Intercetto la mia anima / Schierandomi esattamente al centro / Della mia età. Aspettiamo i prossimi.
Info:
LA CERIMONIA
di Oscar De Summa
regia OSCAR DE SUMMA
con Oscar De Summa, Vanessa Korn, Marco Manfredi, Marina Occhionero
scene e costumi Lorenzo Banci
luci Roberto Innocenti
produzione Teatro Metastasio di Prato
PRIMA ASSOLUTA
Teatro Fabbrichino di Prato
24 marzo/9 aprile 2017 | feriali ore 20.45, sabato ore 19.30, domenica ore 16.30 (lunedì 27 marzo e lunedì 3 aprile riposo) | Fabbricone_Sala 2 (Fabbrichino)