Tra i vicoli più remoti del vecchio quartiere oltre il fiume: a Trastevere, Giovanna Lombardi mette in scena la sua ultima intuizione, scrivendola e interpretandola. LA CASA DEL PADRE è diretta da Francesca Fiorentino. In scena al Teatro Stanze Segrete fino al 10 marzo
Il sipario è stato abolito. Non c’è. Inutile separè tra vero e verosimile. Il Teatro si apre da subito allo spettatore come una cornice pittoresca, abbondante di elementi sensazionali. In quel quadro realistico e vivo, la regista ha incastonato la protagonista: il suo sguardo è rivolto verso l’alto a cercare altre risposte, comprese quelle che tarderanno ad arrivare o non arriveranno mai. Una scala maestosa (così ci appare) si insinua bianca e limpida tra palco e soffitto, tra terra e cielo. E’ luogo icona dove l’energia scorre: sale e scende come ci dice l’abile Lombardi. E’ un flusso. L’attrice si muove flemmatica e poi energica, e sprofonda plastica sino alla platea. Possiamo toccare con gli occhi e con le mani il suo pensiero, tanto è vicina. Il suo costume di scena lascia intravedere persino la sua anima, ma è solo un’illusione di trasparenze. Un gioco di specchi. Luci. La scenografia replica la sua immagine più volte. Amplifica. Riverbera. Si suggerisce al pubblico quella doppiezza che è in tutti i benpensanti, anzi i pensanti. Chi giudica e non vuole essere giudicato.
In questo gioco di pulsioni e tutela dell’io, il luogo simbolo è la “casa”. Alcova dove custodire e alimentare sogni e manie. Illusioni ben riparate dalle disillusioni che riguardano il mondo esterno, che sta lì ad un palmo di naso ma fuori. La casa ha mura ciclopiche dove a nessuno è dato entrare ed uscire senza il consenso della donna: regina di quel regno d’oro. Regina di quella prigione pulita. Lei decide tutto: quando pulire, se pulire, quando cucinare, se cucinare. Quando vivere, se vivere. Sovrano indiscusso di quel regno infinito racchiuso tra mura domestiche. Fuori l’abisso che impaurisce e alimenta la curiosità per l’esoterismo. Tra teschi e lupi o lupe sul proscenio e stagliati sul fondo come ombre severe: il personaggio adotta gli Arcani, e dunque accoglie il segreto recondito, l’occulto.
C’è una mutazione. La donna diventa cartomante involontaria e figura amorfa, è tutto o meglio tutti: è uomo, è donna. E’ archetipo. Origine. Si elimina l’imitazione come concetto moderno nel quale la morale collettiva modaiuola è scivolata indolente. Conscia. Mescola le carte. Presenterà alla platea, ormai avvolta nella storia, le carte maggiori di quei tarocchi che sono già mistero: il Bagatto o l’Alchimista, la Papessa, il Matto, La temperanza. Si svela con un abile gioco di voci fuori campo, il pensiero degli Arcani. Si frantumano gli schemi. Le separazioni chirurgiche. Si mette in discussione l’individualità. Non c’è femminilità e mascolinità. Una donna può essere attiva e l’uomo ricettivo, dunque la madre (dentro questa teoria nuova) può essere incerta ed il padre certo. Gli stereotipi cadono. La fretta di questo nuovo mondo è bandita: la lentezza è anelito di felicità. Il gioco di ali sincronizzato del redivivo. La borghesia assonnata perde le certezze e gli appigli di sempre. La pietra miliare sul ciglio. Si istiga il pensiero. Si discute sulle verità universali. Nulla è più attendibile. Certo. L’ordine non c’è più. E’ il caos sano che agogna il pensiero e conclusioni anch’esse destinate alla caducità. Tutto diviene precario: mondo ed esseri viventi, ma è l’unico modo per capire e non passare per questa esistenza silenziosi, senza significato. Si affida il concetto alla fiaba e all’ingenuità del bambino che crede e accoglie in sé, nel gioco e filastrocche, il Divino e la sua profezia.
La Lombardi si muove leggera dentro un quadro di elementi. E’ ella stessa elemento. Offre una perfomance intensa e potente. Interpreta con la voce e con il corpo. Incarna gli arcani: ognuno meritatamente. Con misura. E’ elegante. E’ goffa. Non ha paura di mostrare pregi e difetti, bellezza e bruttezza. Si concede al pubblico. Nuda. Interpreta col corpo quel bisogno di fecondità che la natura ha istillato nell’essere umano. La posizione è a tratti quella della puerpera ad un passo dal presentare al mondo ormai impaziente la nuova vita ed il credulo.
Le musiche (montate da Costantino Pacifico) sono giuste ed enfatizzano, potenziano la voce di Vittorio Stagni attore di razza che qui presta la voce (incisa presso lo studio AreaVox) agli Arcani e impreziosisce la pièce e chiarifica certi passaggi proprio quando il mazzo viene mescolato. Le luci di Matteo e Sabrina Fasanella contribuiscono a creare un’enfasi misurata che ammalia e rapisce il pubblico ed offrono le tante facce del personaggio.
LA CASA DEL PADRE è un fiume di parole, concetti, condensate in 40 minuti di spettacolo. Bisognerebbe assistere a due repliche per assorbirne tutti i contenuti. Il pubblico viene messo a dura prova ma alla fine esce dal Teatro con alcune risposte, ma soprattutto con le domande, tante, che ogni essere può o deve porsi per capire o tentare di capire l’origine, l’archetipo, e la direzione. Il lungo applauso conferma l’apprezzamento della platea. Parlando con la Lombardi, in un incontro chiarificatore dopo l’esibizione, ci racconta come il suo “rubinetto dell’ispirazione” si apre all’improvviso e dal quel piccolo pertugio esce un fiume di parole che dapprima intrappola in fogli sparsi e poi in un copione. Ma mentre parliamo il suo sguardo scappa, e abbiamo la sensazione netta che in quell’istante le stanno arrivando nuove intuizioni che forse avrebbe voluto mettere nel testo o metterà… Da lei possiamo aspettarci di tutto!
Spettacolo da vedere in scena fino al 10 marzo.
Info:
TEATRO STANZE SEGRETE
5 | 10 marzo 2019
LA CASA DEL PADRE
Scritto ed interpretato da Giovanna Lombardi
regia Francesca Fiorentino
voce narrante Vittorio Stagni
voce coscienza Francesca Fiorentino