LA BASTARDA DI ISTANBUL @ Sala Umberto: un romanzo divenuto spettacolo

“Il passato continua nel presente, il passato non finisce mai” : 31 Ottobre 2018, Teatro Sala Umberto. Arriva a gran richiesta la prima de “La bastarda di Istanbul”, un racconto di una famiglia multietnica, di donne e verità storiche che come ponti collegano ed abbracciano due continenti opposti ma anche due popoli vicini, divisi da un passato che ha lasciato segreti e ferite. La avevamo recensita anche a Firenze nel suo passaggio al Teatro di Rifredi.

Per chi ha amato il romanzo di Elif Shafak, ormai di fama mondiale, questo spettacolo è stato un vero e proprio inno alla scrittura per immagini, un unguento speziato, intrecciato a immagini vivide e colorate e a vivaci musiche orientaleggianti: il regista Angelo Savelli ha saputo sostenere le aspettative del pubblico mettendo in scena tutte le più importanti questioni proposte dalla scrittrice turca senza rinunciare a una generica gradevolezza estetica e di contorno, scegliendo astutamente di diluire il carico complessivo con una giusta dose di comicità e musiche d’atmosfera. 

Le tematiche di forte impatto sociale, come quella del genocidio degli armeni, sono assunte come il presupposto simbolico dei legami e delle opposizioni familiari, in modo che l’essenza della verità storica e delle proprie origini personali si intrecciano in un’unica realtà in cui ricercare le nostre radici.

Un evento storico rappresenta il ruolo imprescindibile della memoria, da sempre punto fermo nella grande problematica delle responsabilità e delle conseguenze: ciò che è sopravvissuto non è mai una pagina bianca e spesso ci chiediamo, quasi implorando una chiave interpretativa del male e delle ingiustizie, quanta parte del nostro modo d’essere sia rintracciabile negli avvenimenti che hanno preceduto la nostra esistenza e quanto sia invece legato alla posizione che scegliamo di prendere rispetto ai singoli eventi della vita.

Tutto questo è stato portato in scena tenendo fede al testo e senza tagli contenutistici arbitrari.

Tuttavia, alcune scelte registiche, pur nell’elegante rispetto del romanzo, risultano discutibili: i racconti dei protagonisti, che narrano di se stessi quasi sempre in terza persona, portano il pubblico a provare un sincero desiderio di dialoghi, esigui rispetto alla mole di “storie nelle storie” contenute nella messinscena. I personaggi risultano a tratti statici, le scene poco credibili, alcuni passaggi sono facili, quasi banalizzati e spesso si percepisce l’assenza di verità nel raccontare la ricchezza di una cultura come quella turca (e armena): nonostante gli sforzi del regista le sfumature si perdono. Tanto, troppo da raccontare in poco tempo se non a scapito del ritmo, della fluidità delle storie e della verità dei personaggi.  

Le scelte scenografiche di Giuseppe Ragazzini risultano, invece, più interessanti. Il pannello sullo sfondo e i due laterali (a destra e a sinistra della scena) a comparsa dalla prima quinta sui quali vengono proiettate immagini con illustrazioni-video, restituiscono in alcuni momenti dettagli di ricordi, emozioni o luoghi: tocchi originali, che impreziosiscono la scena, caratterizzata da pochi elementi, e che in altri momenti acquisiscono un respiro tecnico demodè. La musica di sottofondo a tratti copre le voci basse, soprattutto nelle scene iniziali ed è quasi assente l’utilizzo di giochi di luci.

Meritevole di una sottolineatura la grande espressività di Valentina Chico e Riccardo Naldini, volti di un’interpretazione impeccabile, piena di energia nonché di una grande complicità nell’affrontare il colpo di scena più crudo e rilevante dell’intero spettacolo: mentre altri passaggi hanno lasciato spazio a diverse distrazioni nel mantere viva l’attenzione del pubblico, in quei pochi minuti tutti i presenti hanno smesso di respirare, traghettati corpo e spirito in una complessità psicologica difficilissima da incarnare, eppure rimessa sul palco con maestria.
Inoltre, Riccardo Naldini non può essere non considerato un attore davvero capace, soprattutto a fronte di un’immotivata ridicolizzazione del suo personaggio, in verità unico portatore del ruolo del maschile (spettro ingombrante e assenza incolmabile) all’interno di un universo interamente femminile; egli è stato vittima di un padre violento, di ingiustizie subite e repressioni non verbalizzate che avrebbero conferito sicuramente una comprensione più approfondita della deriva della sua storia. Tutti elementi che, al contrario, nella rappresentazione teatrale vengono schiacciati e sfruttati per strappare una risata facile durante le primissime scene.  

Attesissima dal pubblico e accolta con un fragoroso applauso a scena aperta l’attrice turca Serra Yilmaz: la sua recitazione monumentale e monotona, scandita da non pochi errori, ci ha lasciati con diverse perplessità.  Frizzante e ben caratterizzata, invece, l’interpretazione Monica Bauco, brillante nel suo duplice ruolo.

L’ultima battuta dello spettacolo, da noi rivista, risuona come una sintesi ben chiara: “Sai cosa mi sono ricordata? Ho comprato questo servizio vent’anni fa. [] Non avrei mai creduto che sarebbero durati così tanto. Temevo ci saremmo rotti subito, ma immagino siamo sopravvissuti per ascoltare le loro storie. Dopotutto, ne hanno il diritto!”.

Info:
Pupi e Fresedde – Teatro di Rifredi
presentano
SERRA YILMAZ
LA BASTARDA DI ISTANBUL 
con VALENTINA CHICO, RICCARDO NALDINI, MONICA BAUCO
MARCELLA ERMINI, FIORELLA SCIARRETTA, DILETTA OCULISTI, ELISA VITIELLO
video-scenografie di Giuseppe Ragazzini
costumi Serena Sarti – luci Alfredo Piras – elementi scenici Tuttascena
riduzione e regia di ANGELO SAVELLI

I diritti d’autore di Elif Shafak sono gestiti dall’agenzia Curtis Brown
Ph: E.Gallina

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