Silvio Orlando porta in scena al Teatro Puccini di Firenze LA VITA DAVANTI A SÉ, adattamento teatrale dell’omonimo racconto di Romain Gary pubblicato nel 1975. Lo spettacolo narra la storia di Momò, un bambino arabo allevato in una casa di accoglienza per figli di prostitute. Un racconto dolce-amaro che invita all’amore ed alla compassione.
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LA STORIA DI MOMÒ

Silvio Orlando, con questo adattamento teatrale del romanzo di Romain Gary del 1975, riesce a trasportare magistralmente il suo pubblico nel clima multiculturale di Belleville, il quartiere parigino dove si svolge l’intera vicenda. È una storia triste quella di Mohammed, detto Momò, bambino arabo di dieci anni abbandonato dalla famiglia, mai conosciuta, presso la casa di accoglienza di Madame Rosa, un’anziana e malandata signora ebrea che si occupa dei figli di prostitute in cambio di un assegno mensile. L’attore riesce ad interpretare da solo con estrema maestria tutti i personaggi di questo dramma intriso di compassione e di speranza, a cui però riesce a dare anche astutamente una vena comica a mezzo di battute incisive e necessarie per smorzare la serietà della trama. Inevitabilmente ci fa affezionare così a questo piccolo orfano dagli abiti poveri e mosso dal solo desiderio di compagnia oltre che di rintracciare la madre, in mancanza della quale si trova a dirottare il suo amore sulla vecchia Madame Rosa, restandole accanto fino alla fine. Per tutta la durata del racconto il sentimento prevalente è un’infinita tenerezza nell’udire le molteplici vicissitudini di questo bimbo, così affamato di attenzioni da portarlo a combinare svariate monellerie in giro per il quartiere. Gli occhi grandi e profondi di Momò riusciranno alla fine a trovare la tanto desiderata serenità grazie alla nuova famiglia che deciderà di adottarlo e che sarà capace di dare al bambino tutto il calore di cui ha bisogno.

LE SCELTE SCENOGRAFICHE NE LA VITA DAVANTI A SÉ
Il monologo di Silvio Orlando è sapientemente arricchito dalle scenografie e dalla musica dell’Ensemble dell’Orchestra Terra Madre che ne sostengono a pieno la recitazione, mantenendo alto il ritmo allo spettacolo. Recitazione, musica e scenografia agiscono all’unisono per creare un’opera unica. Silvio Orlando, illuminato da luci calde e dirette, inizia a dar voce al piccolo Momò e nel susseguirsi del racconto viene proprio come accompagnato dalle scenografie e dalle musiche dal vivo. Queste ultime godono sempre di un momento tutto loro quando vengono suonate, grazie alle luci blu che ne mettono ancor più in risalto l’ importanza. Il bambino e Madame Rosa vivono insieme al sesto piano di un palazzo un po’ sgangherato, rappresentato in scena da una pila di vecchi casottini che si illuminano uno dopo l’altro, come una scala, per simboleggiare l’assenza di ascensore nell’edificio. L’arredamento della casa è povero, con qualche piccola sedia e tavolino qua e là, un lettino a misura di bimbo ed una vecchia poltrona coperta da un telo dove l’attore diventa all’occorrenza Madame Rosa. Sul palco, ad accompagnare i due protagonisti anche un ombrello rotto con attaccata sopra una palla di cartapesta per ricreare l’ amico immaginario, Arthur, l’unico che sembra riempire la frustrante solitudine del bambino. Allo stesso modo più avanti nella narrazione, musiche circensi e svariati fili di lampadine illuminate pendenti lungo la pila dei casottini ci trasportano nella realtà di uno dei tanti giorni in cui Momò se ne andava al Circo per vedere i clown, dove il piccolo farà il primo incontro con la sua futura madre adottiva. Dovrà però prima passare attraverso un’ulteriore prova: un giorno si presenta infatti a casa un uomo che reclama il figlio lasciato lì 12 anni fa. E’ stato lontano perché rinchiuso in un ospedale psichiatrico e confessa al bambino di avere ucciso lui la madre. Madame Rosa fa di tutto per proteggere il bimbo e tenerlo con sé, purtroppo, però, muore poco dopo in casa, con Momò al capezzale, come da suo desiderio. A chiudere la rappresentazione una candela, la speranza che per il bambino non è ancora svanita per cui riuscirà ad essere adottato da quella famosa ragazza del Circo.
SILVIO ORLANDO NE LA VITA DAVANTI A SÉ
La simpatia e la bravura di Silvio Orlando si riconoscono fin da dietro il sipario, quando l’attore, a tende chiuse, annuncia l’inizio dello spettacolo ed invita il pubblico ad adottare le consuete norme di comportamento in teatro per poter godere appieno della visione. Ineccepibile, come sempre, la sua recitazione che lo vuole in questo caso unico attore protagonista, un vero e proprio “one-man show” che cavalca lo spettacolo dando un’unica voce a tutti i personaggi della storia. Un monologo-dialogo a più voci in cui si susseguono in scena Momò, Madame Rosa, il Dottor Catz, il padre. L’effetto di questa riduzione teatrale è efficace e d’impatto col pubblico, completamente rapito dalla maestria attoriale che raggiunge l’apice con la frase conclusiva del racconto pronunciata con sguardo fisso su ogni spettatore: bisogna voler bene.

LA MUSICA CO-PROTAGONISTA DELLO SPETTACOLO
Silvio Orlando è accompagnato sul palco solamente dai quattro musicisti dell’Ensemble dell’Orchestra Terra Madre che ricreano alla perfezione l’atmosfera multiculturale di Belleville a suon di fisarmonica, sassofono, chitarra e kora. Per ogni episodio di vita narrato da Momò c’è uno specifico accompagnamento sonoro ed i musicisti, illuminati da luci blu dirette, si fanno co-protagonisti dello spettacolo, assumendo quindi un altrettanto fondamentale ruolo per la sua piena riuscita. Alla fine, ci regalano anche uno splendido bis che il pubblico segue entusiasta. Proprio grazie a questo riuscito abbinamento di prosa e musica, lo spettacolo risulta estremamente piacevole, leggero ed addirittura anche ironico nonostante il tema della storia sia di toccante drammaticità. È a tutti gli effetti un invito all’accoglienza, all’inclusione e alla convivenza pacifica di religioni, culture e ideologie tra loro differenti, temi importantissimi al giorno d’oggi e cari al nostro paese.
Visto il 9 novembre 2022
LA VITA DAVANTI A SÉ
dal testo “La vie devant a soi” di Romain Gary (Emile Ajar)
riduzione e regia Silvio Orlando
con Ensemble dell’Orchestra Terra Madre