Dal 5 al 15 Dicembre 2019 in scena al Teatro Vittoria di Testaccio un nuovo esperimento del progetto GRAPHIC NOVEL THEATRE, che porta sul palco alcuni delle opere più celebrate della letteratura disegnata, con un occhio all'importanza dei temi trattati.
Kobane Calling di Zerocalcare è senza dubbio uno dei lavori più significativi del giovane autore romano, oltre a rappresentare un punto di riferimento per chi si interessi della causa di kurdi, dell'esperimento politico da loro messo in pratica in una terra occupata e divisa, il Rojava. La graphic novel racconta i viaggi compiuti dallo stesso autore in Kurdistan, al confine fra Turchia, Siria e Iraq con le Staffette romane per Kobane, fra le staffette che si occupano di portare medicinali in Rojava e, al contempo, aumentare la coscienza sull'esperienza democratica e di autogoverno kurdo.
Un tema complesso, dunque, che Zerocalcare ha avuto il pregio di trattare con notevole potenza divulgativa, ma portando nel testo la sua componente emotiva e il consueto sguardo ironico, in un equilibrio ormai consolidato fra situazioni esilaranti e riflessioni in cui immedesimarsi.
La messa in scena di Teatri d'Imbarco, adattata dall'originale da Nicola Zabagli, anche regista e curatore del progetto Graphic Novel Theatre, traspone in maniera pressoché pedissequa le vignetta sulla scena. Questa è ridotta all'essenziale proprio perché i fondali riproducono di volta in volta mediante proiezione i disegni di Zerocalcare, mentre sul palco gli attori recitano le stesse battute – e gag – originali. La narrazione è dunque fluida perché lo è per primo il materiale di partenza e va dato merito alla Compagnia di essere riuscita a riprodurre fedelmente sul palco anche le sequenze più complesse, come quelle oniriche, immaginarie, in cui intervengono personaggi di fantasia o della cultura pop, che sono uno dei marchi di fabbrica dell'autore. Di questi è interessante la semplice ma efficace resa scenica, come nel caso dell'Armadillo, o del Mammut simbolo di Rebibbia.
La messa in scena è separata tematicamente in due parti.
Proprio la differenza fra queste, coincidenti con due diversi viaggi del protagonista al confine Turco-Siriano, rappresenta un difetto dello spettacolo. L'ironia dell'autore, lungi da banalizzare temi e vicende, ha invece il pregio di predisporre alla comprensione e all'empatia, veicolando così i concetti in modo più efficace. Mentre questo avviene nella prima parte, nella seconda, dove si approfondiscono le singole storie di curdi conosciuti dal protagonista, ciò era più difficile e si è forse più prudentemente scelto di non rischiare, ove nell'opera originale non si ha invece una discontinuità marcata. Senza un cambio di registro definito, il ritmo della narrazione semplicemente rallenta, complice forse anche una recitazione leggermente più stentorea da parte degli attori – impegnati a rendere un accento mediorientale, forse non così necessario ai fini della narrazione – il ritmo diviene meno fluido e le vicende che più possono stimolare l'immedesimazione dello spettatore perdono un pò della potenza del racconto originario.
Sicuramente un adattamento di difficile realizzazione, ma lo spettacolo risponde al suo scopo: laddove un best seller come Kobane Calling non necessitava di un adattamento teatrale per raggiungere una platea più ampia, l'operazione di Graphic Novel Theatre e di Zabagli ha il merito di dare carne e voce alla vicenda di un popolo che dovrebbe riguardarci tutti, ma soprattutto di riportare in maniera necessaria il nostro sguardo in una zona del mondo dove, purtroppo, i riflettori del mondo occidentale si sono spenti ancora una volta.