INTERCITY @ Altrove Teatro Studio: tra sogno e briosa surrealtà 

Veloce e spiritoso, dai tratti briosi tanto british quanto surreali e connotato da una marcata originalità nella messa in scena: così è il vivacissimo spettacolo INTERCITY, che riempie il Teatro Spazio Altrove in una altrettanto surreale serata di fine ottobre, dominata dall’attesa del Paese per il Decreto della Presidenza del Consiglio che sospenderà temporaneamente alcune attività e le attività teatrali e cinematografiche purtroppo, fino al prossimo 24 novembre, in risposta alla crescente emergenza pandemica da COVID-19.

Lo spettacolo convince, seppure abbia interpreti giovani dalla diversa capacità interpretativa, tutti però concentrati nel dare il meglio in quella che potrebbe essere l’ultima sera idi una Stagione chiamata MAI PIù SENZA (monito amabile, invero) in cui si mette in scena un sogno british in cinque "stazioni".
O forse no, non sarà l'ultima sera, non per il Teatro tutto.
Ma andiamo con ordine.

Lo Spazio Altrove: dove fermenta un "off" in erba e promettente

Tutto comincia dallo Spazio, intendiamo lo Spazio Altrove Teatro, diretto con grinta e coraggio da Ottavia Bianchi e Giorgio Latini, che ci accoglie in zona Prati, in una traversa fra le tante dei lunghi vialoni di una Roma vuota, per via del coprifuoco imposto per ora dalla Regione Lazio a partire dalle 24.  
Eppure, c’è voglia di teatro.
Arrivati all’indirizzo, troviamo una ripida discesa che un tempo portava ad un garage e che ora, per fortuna ci accompagna in un nuovo spazio culturale che resiste, che esiste e respira nonostante gli affanni di una Pandemia che non lascia fiato, che il fiato lo spezza.
Ai lati desto e sinistro una surreale opera di street art a tema animalesco riempie beffarda i muri e, una volta discesi, in uno spazio diviso in tre ambienti distinti, eccola lì che fermenta quella cultura off giovane e coraggiosa.
Quella cultura che Gufetto annusa, che Gufetto segue da sempre.
Quella cultura che va protetta, difesa, incoraggiata, non lasciata morire perché lasciar morire il Teatro e i suoi operatori è lasciar morire la nostra parte immaginifica e salvifica, a tratti surreale e illogica, quasi disturbante, ma necessaria.

INTERCITY e la surrealtà del teatro britannico in un viaggio itinerante in giro per il Teatro Studio Altrove

Ed è sempre la surrealtà a colorare questo INTERCITIY che vede giovani interpreti alle prese con un mash-up di estratti di opere teatrali desunte dalla cultura anglosassone e anglo-americana: cinque tappe che rievocano Kenneth Branagh, Edward Albee, Jean Michel Ribes, Neil Simon, grandi interpreti di un teatro non troppo rappresentato ben scelto dalla Bianch, e due monologhi brillanti scritti dalla Bianchi, che ci colpiscono più di tutti.
Ciò che ci cattura non sono tanto le scene rappresentate, ma la modalità esecutiva: il pubblico si sposta -surrealmente oseremmo dire- da una stanza all’altra delle tre di cui è composto questo spazio accompagnato dalle maschere, incrociando attori, smarrendo talvolta il senso di realtà e fantasia, confondendosi fra realtà e attorialità, e lasciandosi confondere dai dialoghi e dai monologhi inscenati che non sono ovviamente legati fra loro, appartenendo ad opere diverse, ma che a quella confusione onirica contribuiscono nella loro semplicità esecutiva.

E tutti hanno un unico comun denominatore: il Teatro e la sua esecuzione, che torna nei gesti, nelle attese, nei giudizi, nelle intenzioni realizzative o critiche dei vari protagonisti delle scene.

 

INTERCITY: fra paradosso e sogno

La dimensione paradossale di alcune drammaturgie contribuiscono alla dimensione onirica dominante (si racconta di improbabili messeinscene di Amleto in montagne abbandonate, mariti che scopano capre, coniugi in conflitto sulle performance attoriali di una parente, coppie che dovrebbero di più andare “a piedi nudi sul parco” per ritrovarsi).
E il percorso itinerante del pubblico diventa al contempo un espediente semplice ma geniale nella sua “sicurezza” anti-covid e nella sua funzionalità teatrale di meta-viaggio nelle drammaturgie anglofone (un plauso alla regia di Bianchi e Latini) e permette al contempo la fruizione contemporanea delle varie scene da parte di altri gruppi di spettatori impegnati nelle sale adiacenti, ampliando il numero degli accessi in un clima di grande sicurezza.
Minimo il disturbo tra una sala e l’altra, piacevole il giro che ci permette di scoprire la polifunzionalità di questi tre spazi di cui è fatto l’Altrove: una sala piuttosto grande, due sale prove ampie, sedute comode, luce non invadente. Ottima l'organizzazione delle misure anti-covid.
Dialoghi o monologhi leggeri e scherzosi riempiono l'aria, fuori resta la realtà, l'irrealtà beffarda è ben resa, assecondata, evidenziata dalla mimica di alcune interpreti, dall'espressività, dal portamento.

INTERCITY: il Teatro in un lungo purgatorio in attesa di tornare a sognare

I richiami alle opere del passato -eseguiti da un cast giovane dalla diversa capacità interpretativa ma all’altezza dei testi, frizzante nonostante il peso emotivo delle incognite sulla sorte del settore- sono centrali in questo viaggio all’interno del teatro e di un certo teatro britannico non sempre rappresentato.
Ma un plauso va ai due momenti di drammaturgia originale introdotti dalla Bianchi e dalle soluzioni registiche della stessa Bianchi e di Latini .
La figura della “Maschera” del “Purgatorio” personaggio buffo e decadente, originale e cruciale che ci accompagna poco prima nell’ultima sala, mascher a fra le più riuscite, abituata ad accompagnare gli spettatori e a mangiare caramelle a teatro per superare provocatoriamente le lungaggini di spettacoli ritenuti insopportabili, è un po’ il simbolo della beffardaggine del Destino dei nostri tempi: allora quel teatro era un peso inutile, insopportabile, eliminabile.
Ora ci manca terribilmente. Ci manca e ci mancherà sia nella sua essenza tradizionale che “off”.
E nelle parole successive della Bianchi in scena sul finale, attrice in attesa di sapere che fine farà questo settore, in pigiama e coperta da “post-quarantena” spunta quella considerazione azzeccata sul Teatro come luogo dei Sogni -quelli che abbiamo visto rappresentati fino a poco prima- e che ci mancherà ancora. Terribilmente, invece.

 

Così la domanda posta diventa sempre più urgente: “quando torneremo a vedere le (inutili!) cose dei poveri folli che cantano storie?”
Noi speriamo davvero molto molto presto.

Per il bene di tutti, ma proprio tutti, operatori, spettatori, critici, tutti, che dei sogni abbiamo un disperato, quanto surreale bisogno e perchè "MAI PIù SENZA" sia non solo il titolo di una Stagione sfortunata nella cadenza temporale, ma anche la speranza per un migliore futuro libero dalle epidemie e pieno di Teatro.

 

INTERCITY
Teatro Itinerante in 5 stazioni

Con Ottavia Bianchi, Ludovica Bove, Simone Chiacchiararelli, Patrizia Ciabatta, Giorgio Latini, Giulia Nervi,

Paolo Orlandelli, Martina Paiano, Francesco Pietrella, Giulia Santilli.

Regia Ottavia Bianchi e Giorgio Latini

ORARI

Sabato 24 Ottobre ore 17:00, 17:30, 18:00, 18:30, 19:00, 19:30, 20:00, 20:30, 21:00

BIGLIETTI (prenotazione obbligatoria)

Biglietto unico 3€

ALTROVE TEATRO STUDIO

Via Giorgio Scalìa, 53

ipensieridellaltrove@gmail.com

MP 351 8700413

www.altroveteatrostudio.it

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