55° edizione dell’Autodramma della gente di Monticchiello che torna a popolare Piazza della Commenda fino al prossimo 15 agosto dopo l’esperienza itinerante del 2020 con Isole d’istanti (qui la recensione di Gufetto). Sul palco allestito per l’occasione in questo piccolo spazio racchiuso tra la medievale chiesa di San Leonardo e le inconfondibili abitazioni in pietra, sono tornati a riunirsi gli abitanti del borgo con qualche gradita nuova entrata (e, a dire il vero, qualche rilevante assenza) che apre la via a future edizioni anche dopo la scomparsa del suo storico cofondatore e regista Andrea Cresti, cui si rende doveroso omaggio in apertura di spettacolo.
Contenuti
Autodramma: tra passato e futuro
Storie del passato che riaffiorano nella mente con lo sguardo rivolto al futuro, spesso incerto e pieno di insidie. L’inconfondibile inflessione dialettale della Val d’Orcia, meravigliosa terra di confine. La coralità della gente del borgo e sullo sfondo l’intima piazza del paese, riprodotta sul palco con il pozzo a margine. Nessuno degli ingredienti fondamentali dell’Autodramma manca in questo nuovo Inneschi, testo come sempre scritto e interpretato dai compaesani, con la collaborazione di Manfredi Rutelli e Giampiero Giglioni. A contorno un ammonimento introduttivo allo spettatore perché “il copione potrebbe subire variazioni anche importanti dal momento della stampa alla messa in scena”. Proprio qui ritroviamo lo spirito di quel teatro popolare che ci rassicura, che ci riporta ad una dimensione comunitaria necessaria oggi più che mai.
Inneschi: una bomba tra generazioni
In questa nuova drammaturgia ad innescare, è proprio il caso di dirlo, i fatti è un ordigno inesploso sganciato da non sappiamo chi, i tedeschi occupanti o gli Alleati redentori, ancor più che liberatori, sul quale è costruita la casa della famiglia di Cosimo, mezzadro con una moglie, una madre e due figli. Mentre la coppia di sposi è preoccupata in attesa degli artificieri e si prepara per l’imminente trasferimento coatto, un brutto ricordo che sembrava oramai morto e sepolto affiora dai gangli della memoria della madre di Cosimo, Lidia, e le impedisce di restare lì, in quella casa che adesso torna a tormentarla. A complicare il quadro locale lo scenario internazionale: la pandemia ancora in corso, che allontana i turisti dal borgo con i b&b vuoti, ed i cambiamenti climatici che ci costringeranno a rinunce e cambi di stile di vita in un prossimo futuro, sempre comunque incerto. Pertanto la bomba non innesca solamente il meccanismo del ricordo ma anche uno scontro generazionale in cui, riuniti nella piazza su convocazione del Sindaco, le nuove generazioni, quelle dello smart working e dei Fridays for future, si confrontano con la storica mezzadria per la quale non esiste virtualità ma solo fatica e concretezza della terra.
Autodramma: lo spirito comunitario
Però ancora una volta lo spirito di Comunità non si lascerà lacerare o ferire perché la gente del borgo, di oggi e di ieri, ancora condivide la fierezza e la lucidità di distinguere ciò che profuma di futuro ma puzza di affarismo. Come in Isole d’istanti (edizione 2020) il borgo rischiava di essere preda di speculatori immobiliari senza scrupoli, stavolta è un sedicente nuovo compaesano italo-americano (causalmente interpretato dallo stesso attore) a fiutare un potenziale affare riassunto nella formula b&b, borgo e bomba, nuova singolare attrazione turistica per la sua presunta rarità. Ma quella che suona come un’opportunità, anche agli occhi del Sindaco bramoso di visitatori e del loro denaro, è invece ricordo tanto doloroso che la dignità dei compaesani non consente di affezionarcisi, come fosse una delle torri della cinta muraria o il museo del teatro popolare tradizionale. Nella lotta contro le insidie del mondo, lo Spirito solidale del borgo ancora una volta vince e da quello scontro generazionale innescato dalla bomba scaturisce come sempre la forza di affrontare i problemi perché discuterne, come ben sanno i mezzadri, non aiuta a risolverli.
Inneschi per affrontare il futuro
In questo nuovo Autodramma non c’è, forse più che nelle recenti edizioni, rifiuto del futuro e della globalizzazione ed emerge netta la volontà di affrontarla, cogliendone quelle opportunità che non appaiano tali solo per l’altisonanza dei loro nomi o per il fatto di nascondersi dietro una presunta accezione di biologicità. Per questo gli abitanti di Monticchiello non smettono di guardare avanti con gli occhi della loro natura, quella che, nonostante tutto, continua a scandire i ritmi della vita del paese. Fanno pertanto metaforicamente ingresso sulla scena le api, vittime loro malgrado dello stravolgimento climatico ma anche presunti segugi capaci di individuare le polveri esplosive e di svuotare il nocivo contenuto degli ordigni, neutralizzandoli. Maestre di vita, insomma, cui serve rivolgere lo sguardo per aiutarci a trovare tutte le altre potenziali bombe che ogni giorno rischiamo di calpestare. Dobbiamo imparare ad ascoltare il grido del pianeta come l’abbaiare insistente di un cane randagio che chiede solamente di essere ascoltato e di essere curato, che richiede attenzioni prima di rivolgersi incattivito contro di noi, rischio plausibile. Anche in questo caso vince infine la forza della drammaturgia, dell’originalità del testo teatrale incarnata dal figlio di Cosimo, un Cristo profano riecheggiante il Lazzaretti dell’Amiata e in grado di recepire quel grido e di disinnescare finalmente quell’ordigno inesploso che ancora albergava nella mente di nonna Lidia.
Autodramma: sperimentazione antropologica
Con alcuni chiari riferimenti a passate edizioni, pur senza incorrere nell’autoreferenzialità, l’artigianalità è quest’anno parzialmente mascherata nella scenografia dove la struttura di sostegno è nascosta come in una più leziosa commedia brillante in vernacolo. Meno dinamici gli effetti di luci e musiche in un testo che nel complesso ha rinunciato ad una potenza metaforica talvolta preponderante negli anni scorsi ma comunque ben equilibrata e proporzionata. Un cambiamento che potrebbe tracciare un nuovo percorso per le future edizioni. Pur non essendo mancate anche alcune smagliature, a volte più evidenti nei ritmi, sappiamo che anche questo ingrediente contribuisce significativamente alla messa in scena, come una spezia capace di esaltare il sapore di un teatro che è sperimentazione antropologica e sociologica, espressione culturale massima di quella viscerale necessità di drammaturgia e di rottura della causalità che l’Autodramma ancora conserva intatta da 54 anni. Patrimonio dell’umanità al di là di una mera certificazione internazionale.
INNESCHI
Autodramma della gente di Monticchiello
55° edizione
foto Emiliano Migliorucci
Borgo di Monticchiello (SI), venerdì 6 agosto 2021