Il Dramma non si ferma, recita lo slogan prescelto dalla Fondazione Dramma Popolare di San Miniato che, in tempi post Covid, mette in scena la LXXIV Festa del Teatro nella Piazza del Duomo incredibilmente suggestiva, anche con ogni limitazione, anche con il pubblico distanziato, anche con le mascherine. Anzi: il legame forte fra teatro e pubblico in tempo di crisi si percepisce più che mai. Questo teatro, questi testi, sono un foro nell’anima. Benché si tratti quasi sempre di monologhisti, affiancati talvolta dalla musica dal vivo, e talvolta da qualche video, la loro forza rappresentativa è indiscutibile. Dimostrano con vivace chiarezza quanto il teatro sia proprio, da sempre, il lavoro intorno alla ferita, la spaccatura da cui penetra la luce.
Contenuti
Albania casa mia, Aleksandros Memetaj
Aleksandros Memetaj ha portato in scena l’8 luglio Albania casa mia, per la regia di Giampiero Rappa, squadernando subito uno dei grandi temi di questo festival: la differenza. La propria, quella che ognuno coltiva in sé, che ci abita, e che ci rende diversi ai nostri occhi (la padronanza bilingue, ad esempio, che stimola la fierezza del protagonista da bambino), ma che, naturalmente, diventa stemma di diversità agli occhi altrui, e ci marchia: diversi. Lontani. Non integrabili. Il testo, drammaturgicamente interessante, si apre nel ricordo e nella rievocazione dell’infanzia del protagonista, albanese trapiantato in Veneto e naturalmente mai considerato alla pari, ma pre-giudicato, respinto, tenuto ai margini, per concludersi, all’indietro, nell’evocazione della migrazione da Valona dei genitori di Aleksandros. Un lavoro a cerchio, che conosce un finale di acme tragica, esaltato dall’alto stile dell’attore, dalle sue indiscutibili capacità, una fisicità altera e impositiva, una malleabile capacità di variazione, un’indiscutibile, accattivante tastiera che coinvolge, e commuove, la platea.
Storia della colonna infame, Stefano Braschi
Il 10 luglio, in prima assoluta, La storia della Colonna Infame di Alessandro Manzoni approda in scena per la lettura di Stefano Braschi (Elsinor, Centro di Produzione Teatrale). La fedeltà a un testo micidiale per illuministica chiarezza e per acume polemico e profonda caritas umana spicca nella lettura sobria, vibrante, misurata, e appunto infinitamente tragica, dell’attore, che si ritrae e rinuncia ad ogni insistenza mimica, ad ogni ghirigoro, ad ogni barocchismo per lasciar splendere il paradosso di un castello di voci infondate che diventano reali e portano a un realissimo, duplice strazio, alla tortura e alla morte di innocenti appesi al gancio del supplizio. L’interpretazione di Braschi rifugge addirittura dalla teatralizzazione di quanto di eminentemente teatrale c’è nella struttura dell’interrogatorio, e lascia splendere, iterare il nonsenso della ripetizione vana: ve l’ho detta la verità, ripete mille volte la vittima, Gian Giacomo Mora, ai giudici che gli praticano la tortura della corda e gli slogano spalle e braccia, ve l’ho detta…E dopo il ritornello autistico della crudeltà, ecco la gemma di un testo che siamo grati sia stato proposto: “la ragione sfida alle volte la forza con una specie di coraggio disperato, come per farle sentire che, a qualunque segno arrivi, non arriverà mai a diventar ragione”. Luminoso, illuminante commento.
L’abisso, Davide Enia
Del resto, si racconta dalla parte dei vinti. Degli sconfitti, dei perdenti. Solo loro sembrano essere le parole degne di essere dette, quelle sfuggite al silenzio, quelle lontane dalla banalità e dalla retorica. Acme di questa ricerca si dimostra, ovviamente, L’Abisso di Davide Enia, solo in scena con le musiche di Giulio Barocchieri, sue compagne di dizione e di danza in uno spettacolo magistrale. L’epicità di questo testo sta proprio nella scelta di parte. Nel non raccontare gli esuli, le difficoltà, la lotta, ma nel raccontare il dolore di ricevere l’altro, di sentirlo noi stessi nella morte, di inventare o riscoprire riti eterni per accoglierlo, di scoprirci noi stessi diversi nella parentela col diverso. Di tracciare i nostri viaggi, in risposta al grande viaggio: del resto, commenta Enia nella folgore finale, “con la traversata di Europa sul toro siamo nati: da un viaggio per mare”.
La vita salva, Silvia Frasson
Da un tuffo, ne La Vita Salva di Silvia Frasson (prima assoluta anche questa, Tedavì98 in collaborazione con il Festival Montagne Racconta) , in scena il 17 luglio, conseguono vita e morte. Un cuore cambia il proprio portatore, qualcuno viene portato via nella morte, qualcuno, inaspettatamente, torna alla vita. Anche qui l’attrice è sola in scena, ma la sua corsa a perdifiato la porta a sfiorare la mano di molteplici personaggi, tutti estranei l’uno all’altro e però misteriosamente collegati, tutti presenti quella notte nella tana del Bianconiglio della sala operatoria, e della vita. Cambiano mondi, modi di vivere e di dire, prospettive (l’impagabile umorismo della chat di incontri, boccata di aria fresca nella cupezza della tragedia), l’attrice incalza con passione e talento, la storia si snoda, rimandata in echi da un personaggio all’altro, sorretta dai puntelli architettonici delle frasi ripetute (la stessa tecnica di Memetaj e di Enia: ganci perché il pubblico possa aggrapparsi, mantenendo la sua posizione nella scalata acrobatica del testo, e ganci per l’attore, che deve concludere la scalata mantenendo il fiato), del respiro, dell’affanno, del silenzio.
Un festival di grande dignità, e di grande coerenza. Una lode al grande valore della parola che, per citare Luzi, vola alta, in queste notti estive, rielaborando, medicando il dolore. Ogni dolore: anche e soprattutto quello che non è ancora stato nominato, troppo recente per esserlo stato, che però trova, in questa occasione, un vero balsamo, e una vera pacificazione. Forse, l’unica possibile.
LXXIV DRAMMA POPOLARE
Piazza Duomo, San Miniato, Pisa
8 – 17 luglio 2020
ALBANIA CASA MIA
di e con Aleksandros Memetaj
regia Giampiero Rappa
LA STORIA DELLA COLONNA INFAME
di Alessandro Manzoni
lettura scenica Stefano Braschi
riduzione drammaturgica Stefano Braschi, Nicolò Valandro
L’ABISSO
tratto da Appunti per un naufragio
di e con Davide Enia
musiche composte ed eseguite da Giulio Baroccheri
LA VITA SALVA
di e con Silvia Frasson
PRIMA ASSOLUTA