IL SOGNO DI IPAZIA di Massimo Vincenzi, andato in scena a teatro Le Laudi di Firenze con la regia di Carlo Emilio Lerici è uno squarcio sulla vita e sui ricordi di Ipazia, una donna coraggiosa, detta comunemente la ”filosofa” di Alessandria.
a cura di Michele D’Ambrosio
In scena, Francesca Bianco, voce fuori campo di Stefano Molinari con le musiche di Francesco Verdinelli.
Ipazia, nata nella seconda metà del IV secolo ad Alessandria, fu matematica, astronoma e filosofa, a capo della scuola di Alessandria di cui assistette alla distruzione tra iol 391 ed il 392 DC. Rappresentante della filosofia neo-platonica,fu uccisa da una folla di cristiani in tumulto e per questa ritenuta la prima martire della libertà di Pensiero(Augusto Agabiti, 1914).
Lo spettacolo dal forte sapore metaforico, si svolge in forma di monologo, intervallato solo dalle voci fuori campo di Teodosio e Cirillo: ricorrente torna la figura del padre, suo maestro di vita e di larghe vedute, ma pur sempre un uomo, come non non manca di ricordare la stessa Ipazia a se stessa, citando le parole della nutrice.
Sul palco solo diversi leggii recanti altrettanti libri, uno per uno tratti in salvo da Ipazia, figura candida anche nell’abbigliamento. Ad ogni editto, ad ogni nuova legge ed anatema di imperatori e vescovi, la filosofa toglie con cura un volume, posizionandolo davanti al suo pubblico che sembra essere per lei la propria classe o quel che ne rimane.
Sullo sfondo, dietro i leggii, sono proiettate immagini che riproducono la notte, poi il giorno e ancora la notte che fa paura con la sua oscurità e con il rumore di passi che incalzano contro la Biblioteca; tutto ciò, tuttavia, non può e non deve fare paura, come ci esorta la filosofa, perché ci rimane lo Studio per scacciare demoni e brutti pensieri. Come può, infatti, il Dio dei cristiani odiare lo Studio? Con quale ardore possono gli dei pagani desiderare l’ignoranza per gli umani?
Dio è cultura! Ragione e fede possono convivere, non sono in antitesi e Ipazia si e ci chiede disperatamente perché, oggi più che mai, sono così in contrapposizione! Dio non può desiderare che bruci la biblioteca di Alessandria, la sua città. Perplessità e quesiti che la filosofa pone in primis a se stessa e poi al pubblico, trovando un’unica strada per uscirne: affermare che “la Scuola ci salverà”. La salvezza è all’interno di essa, nelle sue aule, pervasa dalll’odore di libri che nessun Dio odia…
Ma ecco, di nuovo l’incalzare della notte dietro di lei e i suoi libri tratti in salvo…rumore di passi…gli allievi sono ormai chiusi nelle loro case e pieni di paure: Ragione e Fede sono ormai in aperto conflitto e la Cultura non tiene più come collante.. fiamme e ferro aspettano Ipazia, ormai straziata. Con il corpo a brandelli e con, ormai, solo una voce roca Ipazia ci lancia il messaggio più bello: “Il pensiero non brucia e non brucerà mai”.