IL PRINCIPIO DI ARCHIMEDE @ Teatro di Rifredi. Il pubblico immerso nel dramma del sospetto

Angelo Savelli mette in scena IL PRINCIPIO DI ARCHIMEDE ultima produzione Pupi e Fresedde che ci fa conoscere il catalano Josep Maria Miró, nella scia avviata da tempo dal Teatro di Rifredi di scoperta della drammaturgia contemporanea, come nel caso di Alpenstock di Remi De Vos (di cui vi abbiamo parlato l’anno scorso su Gufetto). Dopo lo spettacolo abbiamo intervistato un particolare gruppo di spettatori: gli educatori scout del Cngei Firenze.

Il principio di Archimede è una legge della fisica per la quale un corpo resta a galla, sospeso sulla superficie dell’acqua, non affonda, è magicamente leggero, accarezza l’onda, come su un letto. La paura invece è pesante, appuntita, stride con forza sull’acqua, la trafigge dolorosamente, affonda e porta con sè tutto nel buio dell’anima.

Tra la leggerezza che galleggia e il piombo che trascina a fondo, si snoda la vicenda in poche ore nello spogliatoio di una piscina: quattro personaggi sono immersi nel panico reciproco del sospetto di un possibile caso di pedofilia, la paura sconvolge fino al paradosso, condanna senza appello, in una psicosi collettiva dei genitori alimentata a colpi di messaggi, sui temibili gruppi facebook e what’sapp di mamme.

Il pubblico entra direttamente nella scena, allestita con grande cura dei dettagli: chi conosce le piscine ne riconosce le corde bianche e rosse, la panche, le docce umide, gli armadietti, gli spalti in ferro che si affacciano sulla vasca, che accolgono gli spettatori anch’essi immersi nell’acqua torbida che si respira. Anche le luci simulano i freddi neon bianchi e sulle pareti i vetri opachi da cui i genitori guardano i figli che si allenano nel gruppo dei cavallucci di mare o dei delfini.

La scenografia, allestita sul palco del Teatro di Rifredi, ci permette di sentirci dentro la storia, spettatori e di volta in volta anche noi stessi protagonisti, identificati nei panni scomodi dei personaggi, nelle loro emozioni, nelle loro paure. Nessuna musica addolcisce la narrazione, ad aumentare la verità e la spietatezza della rappresentazione.

Gli attori recitano a pochi metri dal pubblico, con grande verità e generosità emotiva che coinvolge, Giulio Maria Corso, Monica Bauco, Riccardo Naldini, Samuele Picchi. Colpisce l’interpretazione spontanea, piena di sfumature passando dalla leggerezza dello scherzo da spogliatoio, dalla confidenza a mezza voce, all’angoscia, alla paura di ciò che sta fuori, alla rabbia scaricata con forza. Tutti colpevoli e innocenti nello stesso momento, ciechi per l’impossibilità di sapere la verità, feriti profondamente, incastrati nel vortice della paura, nella caccia alle streghe.

La regia di Angelo Savelli oltre all’originale allestimento scenico, ha lavorato con gli attori per non dare nessuna certezza sull’accaduto, tratteggiando luci ed ombre di ciascun personaggio: nella vicenda la verità o falsità dell’evento scatenante è del tutto ininfluente, di fronte alla portata delle conseguenze parossistiche a cui arriva il solo sospetto.

Tutta la vicenda è presentata zigzagando nel tempo, andando avanti e indietro, riavvolgendo il nastro come un videoregistratore che ci mostra un’informazione in più ad ogni visione, aggiungendo particolari sui caratteri dei personaggi e sui loro punti di vista. Interessante la ripetizione dei punti di contatto di zig zag temporale che ci offre inquadrature diverse della stessa azione.

Tra il pubblico ad un gruppo di spettatori particolari, circa trenta educatori dell’associazione scout laica di Firenze, che hanno scelto di vedere questo spettacolo per riflettere sul proprio ruolo e sul rapporto con i bambini, che i genitori affidano loro ogni settimana, abbiamo fatto alcune domande per capire il loro punto di vista speciale su questo spettacolo:

Com’è nata l’idea di invitare a teatro i vostri educatori?

Elisa (responsabile educativa): ho visto lo spettacolo a Rifredi e mi sono sentita molto coinvolta rendendomi conto di quanto sia sottile il limite tra un gesto affettuoso e uno invece mal interpretabile o equivoco con i ragazzi e i bambini con cui in tanti anni di scout ho avuto a che fare. Mi è sembrato giusto coinvolgere gli educatori della nostra associazione, proponendo un momento di formazione diverso dal solito: li abbiamo invitati così a vedere IL PRINCIPIO DI ARCHIMEDE al Teatro di Rifredi. Il teatro è un’occasione intelligente e piacevole per porsi tante domande e avviare delle riflessioni su interrogativi che ci vedono coinvolti nel ruolo di educatori a contatto con l’infanzia e con le famiglie.

Quali temi avete sentito vicini alla vostra realtà?

Pietro: La storia proposta e il modo in cui è messa in scena ci hanno fatto riflettere sulla relazione educativa che si instaura con i bambini: questa coinvolge necessariamente anche la sfera fisica di vicinanza e affetto, perchè il corpo è la parte principale dell’espressione delle emozioni, da cui non si può prescindere. L’educazione passa attraverso la relazione emotiva. Mi sono chiesto quante volte il mio comportamento poteva essere fraiteso se guardato fuori dal contesto e ne ho avuto paura.

Giulio: Mi sono identificato con la fatica che facciamo per curare il complesso e delicato rapporto con le famiglie, sui potenziali rischi di fraintendimento e quanto questo sia aumentato con l’uso dei social. Questa storia è vicino alla nostra quotidianità, pur non avendo mai avuto casi simili per fortuna: siamo un’associazione educativa, che attraverso attività di gioco con i bambini e i ragazzi contribuisce all’educazione dei cittadini di domani, insieme alle famiglie, alla scuola, allo sport. Quando si parla di figli adesso c’è molta apprensione, paura e pressione, perciò è importante accostarsi a questo tema con un occhio critico e attento.

Cosa vi ha colpito?

Matilde: La velocità con cui da un dubbio si può passare alla violenza, alimentata dalla voglia di vendetta, anche in occasioni meno gravi, ma ugualmente laceranti per chi le vive: bambini, educatori, genitori. Si può evitare solo attraverso il dialogo e il confronto, che nella storia raccontata mancano per l’evolversi vorace della vicenda.

Elisa: La capacità di questo spettacolo è di farti identificare con le ragioni di tutti i personaggi: nell’istruttore Jordi contro cui tutti si scagliano, senza chiedere, condannato da un giudizio carico di preconcetti, accostando per esempio la presunta omosessualità del protagonista alla pedofilia. Ci si identifica nell’amico Hector, leale ma pavido, che nel mettere insieme piccoli segnali, dubita sempre di più della correttezza del compagno; nel ruolo della direttrice, Anna, interessante mediatrice tra genitori e educatori, in bilico tra attacco e difesa, conquistando la fiducia degli uni e indagando nella vita privata degli altri. Ma anche negli spaventati genitori, di cui abbiamo capito il tormento in preda alla rabbia e all’angoscia per i figli, fino alla cieca e irrazionale violenza.

Consigliereste questo spettacolo?

Certamente lo consiglieremo a genitori, educatori, insegnanti, a tutti, perchè uno spettacolo capace di coinvolgere e far riflettere sui comportamenti propri e degli altri.

Info:

IL PRINCIPIO DI ARCHIMEDE
di Josep Maria Miró
traduzione e regia Angelo Savelli
con Giulio Maria Corso, Monica Bauco, Riccardo Naldini, Samuele Picchi
scene Federico Biancalani
luci Alfredo Piras
foto Pino Le Pera
Produzione Pupi e Fresedde

Teatro di Rifredi
25 febbraio 2018

Prima nazionale

Intervista agli educatori dell’associazione scout laica CNGEI Firenze: Elisa, Eleonora, Serena, Alessandra, Simona, Carlotta, Sara, Lorenzo, Pietro, Giacomo, Sara, Muriel, Giulio, Federico, Giulia, Iacopo, Matilde S., Matilde C., Beppe, Lorenzo BR, Anna, Matilde, Lorenzo F, Lorenzo N, Giulia C, Matilde T, Andrea

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