Passaggio al Teatro Quarticciolo, per IL NULLAFACENTE: con la regia di Roberto Bacci; Michele Santeramo scrive e interpreta un’ipérbole che fa riflettere: la rivoluzione intrinseca all’immobilità; il “non fare” che rispetta i bisogni, quelli veri, quelli che non sono indotti dai desideri. Lo avevamo già visto al Teatro Studio Mila Pieralli di Scandicci, con Alice Capozza della redazione di Gufetto Firenze.
Il nullafacente è un uomo che ha deciso di andare controcorrente. In un mondo dove tutto è misurato in base alla prestazione, alla dedizione al lavoro, al successo o all’insuccesso che ne deriva, all’efficienza e alla velocità delle azioni, soprattutto quelle formali e imposte da una morale precostituita, lui ha deciso di stare. E stare fermo. Non partecipare a quella centrifuga di ipotetica libertà. Non lavora, non cucina, non passeggia, né fa sport, non assiste nemmeno la moglie malata terminale. Tutto il tempo libero che ne deriva gli serve per sottolineare che la sua ricchezza è una cosa di cui riesce finalmente ad essere incontrastato proprietario: il tempo, il suo tempo. Il guru a cui rivolge le sue riflessioni e che è simbolo della vita immobile, ma rigogliosa, è il suo bonsai.
Il nullafacente (Michele Santeramo) interagisce con il mondo esterno perché sollecitato: il Fratello della moglie (Francesco Puleo) non si capacita di tanta immobilità di fronte alle necessità e ai doveri della vita e lo contesta in continuazione, così come il Medico di lei (Tazio Torrini) che cerca di spronare la donna a curarsi per combattere la malattia e il proprietario della casa dove i due coniugi sono in affitto (Michele Cipriani), che disperatamente cerca di ottenere i soldi delle mensilità arretrate. Rappresentano gli affetti, la salute, il denaro, tutte cose che il sistema in cui viviamo ci costringe a preservare e ottenere attraverso il sacrificio, la dedizione cieca, la fatica. Tutte cose anti felicità. E allora “Il nullafacente” di Santeramo esaspera la ribellione agli stimoli indotti. Vive di inerzia, si, ma padrone del suo tempo, che è la ricchezza più grande: «Il tempo non è né tanto né poco. E tutto quello che ho.»
In una scenografia perfetta di nero e mobìlio di legno caldo e nudo, e cromie di costumi marroni, ambra e tortora, la “fotografia” di questa rappresentazione appare così calda e familiare che si rimane catturati dalla storia, anche se si stenta a collocare in una realtà possibile il comportamento paradossale del protagonista. Poi, piano piano, si apre una considerazione intima, una domanda che ci fa smarrire: e se il nullafacente fosse nel giusto? Se lui fosse la risposta a quel costante tormento interiore, che ci fa credere che ci manchi sempre qualcosa? E se fossimo veramente illusi di essere liberi nella nostra prigionia di impegni?
Un comportamento come quello scritto e interpretato da uno stimolante (o provocatorio?) Santeramo è considerato depressogeno dalla nostra società, con accezione negativa, naturalmente. Ma la riflessione che ne deriva è che in realtà lui con quel modo di vivere “non ha padroni”; vive con pochissimo e può decidere del suo tempo senza condizionamenti.
Allora in una società dove ci forzano ad “avere successo” per ottenere delle cose che non servono alla nostra felicità e contemporaneamente ci chiedono la decrescita perché responsabili del deperimento della terra, la visione di Michele Santeramo non è follia, è un’alternativa da considerare e declinare con il buon senso della fattibilità. Ricordandoci sempre che la felicità sta nel libero pensiero, quello creativo che riesce ad inventarsi un modo di vivere alternativo a quello che incatena la nostra anima.
Info:
Il Nullafacente
di Michele Santeramo
con Vittorio Conticelli, Silvia Pasello, Francesco Puleo, Michele Santeramo, Tazio Torrini
musiche Ares Tavolazzi | luci Valeria Foti, Stefano Franzoni | assistente alla regia Silvia Tufano | assistente ai costumi Benedetta Orsoli | allestimento Sergio Zagaglia, Leonardo Bonechi | immagine Cristina Gardumi | foto di scena Guido Mencari
regia e spazio scenico Roberto Bacci
produzione Fondazione Teatro della Toscana